Quello dei farmaci in gravidanza è sicuramente un tema di notevole importanza in ambito medico e da sempre è oggetto di discussioni anche accese.
Del resto non potrebbe essere altrimenti; da una parte c’è l’esigenza di trattare nel migliore dei modi una determinata patologia, dall’altra un’esigenza della salvaguardia della salute del feto. È per questi motivi che l’assunzione di farmaci quando la madre non era ancora a conoscenza dell’avvenuto concepimento (ricordiamo che molte gravidanze non sono programmate) o la necessità di dover assumere cronicamente o comunque per lunghi periodi di tempo un principio attivo (esistono diversi condizioni patologiche che necessitano di un trattamento continuativo) sono spesso motivo di ansia e preoccupazione nelle donne in stato interessante.
La risposta dei medici di base spesso non è sufficiente a tranquillizzare la gestante ed è per questo motivo che nel corso degli anni sono state intraprese campagne di informazione (come quella che di recente è stata promossa dall’AIFA, l’Agenzia Italiana del Farmaco) volte a dissipare i dubbi che molte future mamme si trovano ad affrontare.
Farmaci in gravidanza: sì o no?
Farmaci in gravidanza: sì o no? Non si può rispondere alla domanda del paragrafo con un secco sì o un secco no; l’utilizzo di farmaci in gravidanza richiede un’attenta valutazione da parte del medico curante o del ginecologo; alcuni farmaci possono essere tranquillamente assunti, altri sono da evitare in quanto è alto il rischio teratogeno (è per esempio il caso di warfarin, un farmaco anticoagulante, e di isotretinoina, un farmaco antiacneico), altri che devono comunque essere assunti (e in questo caso va valutata la scelta meno rischiosa) ecc. Ricordiamo che il termine teratogeno indica un agente o un fattore che può provocare anomalie nello sviluppo di un embrione, di un feto o di un neonato.
Può essere utile ipotizzare alcune situazioni tipo fornendo alcune indicazioni di carattere generale, fermo restando il fatto che l’ultima parola spetta sempre al medico curante o allo specialista.
Farmaci in gravidanza: gravidanze insorte senza programmazione
Molte gravidanze (alcune fonti parlano di circa il 40%) insorgono senza essere state programmate dalla coppia; è quindi opportuno, nel caso di donne in età fertile, qualora debba essere intrapresa una terapia farmacologica, effettuare i controlli necessari a verificare se si è in stato interessante; se la gravidanza è confermata, ed è intenzione della donna portarla avanti, stabilire con il medico la strategia più opportuna; a seconda della condizione patologica da trattare, infatti, spesso si hanno a disposizione varie alternative farmacologiche e logica vuole che si opti per quella meno rischiosa per il feto; in alcuni casi vi potrebbe essere addirittura la possibilità di rimandare la terapia.
Farmaci in gravidanza: gravidanze programmate
Le donne che intendono programmare una gravidanza dovrebbero contattare il proprio ginecologo che indicherà le strategie più opportune per minimizzare i rischi, sia per la madre che per il futuro figlio; è per esempio buona norma sottoporsi al rubeo test per verificare se in passato si è contratta o no la rosolia, una patologia esantematica che se contratta nel corso di una gravidanza può comportare problemi di notevole gravità nel nascituro; se il test rivela che la futura madre non ha mai contratto la patologia è consigliabile vaccinarsi (in questo caso si dovranno attendere almeno tre mesi prima di provare a concepire un figlio). Per quanto riguarda in modo più specifico i farmaci, nel caso in cui ci si stia sottoponendo a una determinata terapia farmacologica (vi sono soggetti che, per esempio, devono assumere determinati farmaci vita natural durante a causa di patologie croniche; il tipico caso è rappresentato dai farmaci antiepilettici o da quelli antiasmatici o antidiabetici), lo specialista dovrà valutare se non vi sono controindicazioni particolari alla sospensione oppure se esiste la possibilità di ricorrere ad altri farmaci eventualmente meno rischiosi. Si deve poi ricordare che l’assunzione di determinati farmaci deve essere sospesa alcuni mesi prima se si intende portare avanti una gravidanza (il tipico caso è rappresentato dai retinoidi utilizzati nella terapia dell’acne cistica che possono richiedere sospensioni preventive di notevole durata).

I principi attivi dei farmaci assunti da una donna in gravidanza e in grado di dare malformazioni sono circa 50
Gravidanza in corso e necessità di terapia farmacologica
Nel caso di gravidanza in atto e sopraggiunta necessità di intraprendere una terapia farmacologica, l’ultima parola deve essere quella dello specialista; senz’altro vanno valutati con estrema attenzione tutti quei farmaci di nuova immissione, la cui efficacia è sì provata, ma per i quali non è ancora disponibile una mole di studi sufficiente per dimostrare la loro innocuità nell’assunzione da parte di donne in stato interessante.
Gravidanza e acido folico: un farmaco senza controindicazioni
L’acido folico (altresì noto come vitamina B9 è un farmaco che non solo non è controindicato nelle donne che programmano una gravidanza, ma addirittura è consigliato (è sufficiente un dosaggio di 0,4 mg al giorno); è infatti scientificamente accertato che l’acido folico è una sostanza che favorisce la fertilità, aiuta sia prima sia durante la gravidanza ed è consigliato durante il periodo dell’allattamento.
Peraltro è stata riconosciuta all’acido folico un’importanza fondamentale nella prevenzione di alcune malformazioni neonatali, in particolar modo di quelle relative al tubo neurale come, per esempio, anencefalia, encefalocele e spina bifida. Per approfondire si consulti l’articolo Acido folico.
Nel caso di soggetti affetti da determinate condizioni patologiche (diabete, epilessia, alterato assorbimento gastrointestinale), la dose consigliata è di 5 mg pro die.
Farmaci in gravidanza: i tocolitici
Vale poi la pena ricordare che alcuni farmaci, in determinate situazioni, devono essere obbligatoriamente assunti dalla donna in gravidanza; è il caso dei cosiddetti farmaci tocolitici; si tratta di principi attivi (che in alcuni casi hanno anche altre indicazioni terapeutiche) che agiscono riducendo o bloccando l’attività contrattile uterina. Vengono prescritti nel caso in cui si abbia la necessità di trattare la minaccia di aborto o di parto pretermine; vengono prescritti sia per la terapia di attacco, sia per la terapia di mantenimento.
Farmaci in gravidanza: qual è il periodo più rischioso?
Non tutti i momenti della gravidanza sono egualmente rischiosi relativamente all’assunzione di farmaci. Essenzialmente possiamo distinguere la vita pre-natale in tre periodi; il primo è il periodo pre-embrionale (va dal momento del concepimento fino al 32-esimo giorno dall’ultimo flusso mestruale); nella fase pre-embrionale tutti gli agenti teratogeni hanno un effetto che può essere definito come “tutto o niente” nel senso che o provoca un precoce aborto spontaneo oppure non provoca alcun danno; il secondo periodo è denominato periodo embrionale (va dal 33-esimo al 70-esimo giorno); è questo il lasso di tempo più rischioso perché è in questa fase che gli agenti teratogeni possono indurre malformazioni anche molto serie sui vari organi che si stanno formando; il terzo periodo è noto come periodo fetale (va dal 71-esimo giorno fino al giorno del parto); durante questo periodo di tempo la stragrande maggioranza dei farmaci non causa danni o, al più dà luogo a effetti collaterali transitori.
Condizioni patologiche e farmaci consigliati in gravidanza
Le malattie o i disturbi che possono verificarsi in gravidanza sono numerosissimi, da quelli più lievi a quelli pericolosi per la vita; è ovviamente impossibile elencarle tutti descrivendo la giusta strategica farmacologica; è però possibile ricordare quelli più comuni o comunque di una certa importanza per dare un’idea di quello che generalmente viene consigliato dai medici in queste occasioni, fermo restando che ogni caso fa storia a sé e si deve fare sempre riferimento a una figura specialistica.
Anemia – L’anemia in gravidanza è una condizione piuttosto comune; nelle donne in stato interessante, generalmente, il volume del sangue tende ad aumentare, ma nel contempo si assiste a una riduzione dei livelli di eritrociti ed emoglobina; trascorsi i primi tre mesi poi, si assiste a un aumentato fabbisogno di ferro (l’anemia sideropenica è forse la forma di anemia più comune nelle donne in gravidanza); in questi casi, di norma, vengono consigliati alcuni aggiustamenti dietetici e prescritta un’integrazione di ferro; può essere utile anche un’integrazione con vitamina C, sostanza che favorisce l’assorbimento del ferro. Nel caso di donne affette da anemia megaloblastica, può essere opportuna l’integrazione con acido folico.
Cefalea ed emicrania – La cefalea (o, più comunemente, mal di testa) colpisce frequentemente i soggetti di sesso femminile. Nel caso di donne in stato interessante si tende prescrivere, nel caso di un attacco acuto di cefalea di tipo tensivo, il farmaco più efficace per il soggetto e con i più bassi rischi materno-fetali; per quanto riguarda il dosaggio, è opportuno ricorrere alla dose più bassa che mostra efficacia; possibilmente si cerca di risolvere il problema in monoterapia. L’analgesico di prima scelta nelle donne in gravidanza è il paracetamolo.
Farmaci di seconda scelta (da evitare nel terzo trimestre di gravidanza) sono, seguendo un ordine di minor rischio e massima efficacia: acido acetilsalicilico (la comune aspirina), ibuprofene e indometacina.
Per la profilassi della cefalea di tipo tensivo è preferibile un approccio terapeutico non farmacologico (è necessaria la consulenza di uno specialista); qualora ciò non sia possibile si può ricorrere, previa indicazione medica, alla somministrazione di amitriptilina (un antidepressivo triciclico).
Le indicazioni per l’emicrania sono essenzialmente le stesse; nella profilassi dell’emicrania senza aura, nei primi due trimestri di gravidanza è possibile il ricorso a beta-bloccanti quali il propranololo e il metoprololo a basse dosi.
Diabete gestazionale – Si tratta di una tra le più frequenti complicanze della gravidanza e se non riconosciuto e trattato adeguatamente è associato a un’elevata morbilità materno-fetale.
Le insuline utilizzate in gravidanza per il trattamento del diabete gestazionale sono le stesse che vengono prescritte per la cura del diabete pre-gravidico in gravidanza.
Diarrea acuta – La diarrea acuta è un problema piuttosto comune che riconosce numerose cause che possono essere molto diverse fra loro; nei casi più lievi può essere sufficiente modificare per qualche giorno il regime alimentare (si legga il nostro articolo Dieta per la diarrea); nel caso in cui la diarrea sia associata a febbre può essere opportuno eseguire un esame delle feci allo scopo di verificare la presenza di un’infezione batterica che dovrà essere opportunamente trattata con antibiotici o antiprotozoari; per trattare la fastidiosa sintomatologia vengono generalmente consigliati probiotici, assorbenti intestinali e loperamide (nome commerciale Imodium), un farmaco nel quale non sono stati riscontrati effetti teratogeni.
Febbre – Ogni intervento terapeutico in caso di febbre dovrebbe essere possibilmente messo in atto dopo una diagnosi eziologica (vale a dire che si sono individuate con esattezza le cause); nel caso di febbre da cause non identificate è spesso prescritta una terapia antibiotica empirica. Per ridurre la febbre si ricorre al paracetamolo che è il farmaco di prima scelta nelle donne in stato interessante (deve essere evitata la somministrazione associata a pseudoefedrina, aspirina e altri farmaci antinfiammatori non steroidei). L’aspirina e l’ibuprofene sono antifebbrili che devono essere evitati nel terzo trimestre di gravidanza per i loro effetti sulla circolazione fetale. Per approfondire Tachipirina in gravidanza.
Per quanto concerne gli antibiotici; nel caso il medico ne ritenga opportuna la somministrazione, quelli di prima scelta sono l’amoxicillina e l’ampicillina.
Altri farmaci talvolta utilizzati sono le cefalosporine (attualmente non sono noti particolari effetti negativi, ma la letteratura disponibile non è ancora da ritenersi esaustiva) e i macrolidi.
Vale la pena che la febbre alta (sopra i 38 °C) può dar luogo a contrazioni uterine; in questo caso va valutato il ricorso ai farmaci tocolitici.
Raffreddore – Anche in questo caso il farmaco di prima scelta è il paracetamolo. L’acido acetilsalicilico e l’ibuprofene sono da evitare nel primo trimestre di gravidanza.
In alcuni casi il medico potrà prescrivere antistaminici topici (per esempio azelastina e levocabastina) oppure orali (cetirizina e loratadina).
Talvolta possono essere prescritti decongestionanti topici oppure orali; va però ricordato che l’utilizzo cronico di questa tipologia di farmaci in gravidanza, ad dosi elevate e in somministrazioni ripetute, è decisamente sconsigliato in quanto si tratta di sostanze con possibili effetti vasocostrittori sulla circolazione utero-placentare.
Nausea – Un particolare tipo di nausea è la cosiddetta nausea gravidica. Il disturbo colpisce, generalmente durante i primi tre mesi di gravidanza, una notevole percentuale di donne in attesa (circa l’80%); in alcuni casi la nausea è proprio il primo segno che può far sospettare che la donna è in attesa. La nausea gravidica è molto spesso associata a conati di vomito, meno frequente è l’associazione con vomito vero e proprio.
Nei casi più seri è possibile ricorrere all’aiuto di farmaci quali, per esempio, la doxilamina, il dimenidrinato, la difenidramina, la idrossizina, la ciclizina, tutti farmaci antistatici che hanno dimostrato di essere efficaci nel ridurre la nausea gravidica senza che siano stati rilevati significativi effetti teratogeni.
Stitichezza – Nel caso di stipsi, qualora il medico ritenga appropriato un approccio di tipo farmacologico, si può ricorrere (tenendo in debito conto il rapporto minor rischio-massima efficacia) a: lassativi formanti massa (psillio, agar, metilcellulosa, carbossicellulosa), lassativi osmotici (per esempio il lattulosio) e i derivati antrachinonici (per esempio aloe, rabarbaro e senna).
Si deve tenere ben presente che gli effetti stimolanti dei lassativi possono provocare la comparsa di contrazioni uterine.
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