Il Pap test è un esame citologico che serve a individuare eventuali alterazioni delle cellule della cervice uterina. Il Pap test deve il suo nome al medico greco che lo ideò nella prima metà del XX secolo: George Nicholas Papanicolaou (1883-1962).
Pap test – Cos’è e a cosa serve
Il Pap test è un test di screening le cui principali finalità sono:
- individuazione di eventuali lesioni citologiche precursori di neoplasie cervicali (le cosiddette pre-cancerosi)
- individuazione di infezioni cervico-vaginali di vario tipo (batteriche, fungine, protozoarie o virali)
- valutazione del clima ormonale.
Il Pap test permette di individuare precocemente di eventuali anomalie citologiche che una semplice visita ginecologica non è in grado di evidenziare e pertanto consente di mettere in atto le misure più adeguate. Si consideri che il tumore al collo dell’utero è una patologia sì grave, ma caratterizzata da uno sviluppo graduale e di relativa lentezza. Possono occorrere molti anni (dai 10 ai 15) prima che una neoplasia si manifesti clinicamente per poi trasformasi nella sua forma più grave. Il sottoporsi a regolari controlli clinici può quindi contribuire efficacemente a tutelare il proprio stato di salute.
Peraltro il Pap test, contrariamente a quanto ancora pensano alcune donne, non è un esame doloroso, ma anzi semplice e indolore, al più, per alcune, può risultare lievemente fastidioso.
Modalità di esecuzione
Le tecniche di esecuzione del Pap test non sono particolarmente complesse; esistono due modalità, Pap test convenzionale e Pap test in fase liquida; la donna che deve sottoporsi all’esame viene fatta distendere sul lettino ginecologico (come avviene nel caso di una normale visita ginecologica) e il ginecologo, con l’aiuto di uno speculum, visiona la zona dove effettuare il prelievo (il collo dell’utero); la modalità convenzionale consiste sostanzialmente in un doppio prelievo; il primo, quello esocervicale, viene effettuato strisciando un’apposita spatola detta spatola di Aire, il secondo, il prelievo endocervicale, viene invece eseguito utilizzando un apposito spazzolino flessibile denominato cytobrush oppure con il tipico tampone (simile, per intendersi, a quello utilizzato per il tampone faringeo). I materiali prelevati vengono in seguito striscati e fissati opportunamente su un vetrino apposito.
Nel Pap test in fase liquida il prelievo cellulare viene effettuato in modo analogo a quello della modalità convenzionale; in seguito le cellule vengono poste in un apposito contenitore con una soluzione di trasporto; la soluzione viene poi centrifugata dopodiché si effettuerà la lettura su vetrino delle cellule. Il Pap test in fase liquida consente una lettura più nitida delle cellule ed è pertanto ritenuto maggiormente preciso del test convenzionale.
Pap test – Limiti
Il Pap test non è un esame che trova indicazione nell’individuazione di tumori a carico dell’endometrio o di altri organi dell’apparato genitale femminile.
Come tutti i test di screening, anche il Pap test presenta dei limiti; la sensibilità del test si aggira sul 60-70% (sono possibili falsi negativi, ovvero test negativi anche se in realtà vi è la presenza di un tumore); la specificità è piuttosto alta (98% circa; ciò significa che soltanto nel 2% circa dei casi, la positività del test non viene confermata dalle indagini successive).
Alcuni errori sono relativi alla fase di prelievo, mentre altri alle fasi di trasporto e conservazione; non mancano infine errori relativi alla fase di lettura.
Allo scopo di ridurre la percentuale di falsi (positivi o negativi che siano) sono stati messi a punto nuovi metodi di prelievo; in diversi laboratori, infatti, non si esegue un doppio prelievo, ma se ne effettua uno solo con un’apposita spatola che ha preso il posto della spatola di Aire e del cytobrush. Anche le modalità di analisi microscopica sono diverse ciò permette una riduzione della percentuale di errori.
Per migliorare la correttezza diagnostica del Pap test è comunque necessaria anche la collaborazione della donna che deve rispettare alcune regole; in primis quella di non avere rapporti sessuali o utilizzare ovuli e lavande interni nei giorni che precedono l’esecuzione del test.
Si ricorda anche che non è possibile eseguire il test nei giorni in cui si verificano i flussi mestruali e nemmeno nei giorni immediatamente precedenti o seguenti gli stessi.
Dall’analisi dei campioni prelevati vengono raccolte varie informazioni, fra le quali le più importanti sono relative all’eventuale presenza di lesioni precancerose o cancerose. Riveste notevole importanza la diagnosi di infezione da Papilloma Virus Umano, un virus di cui esistono molti genotipi; non tutti questi genotipi hanno lo stesso comportamento biologico; alcuni di essi, infatti, sono del tutto innocui o quasi, mentre altri sono responsabili della stragrande maggioranza (circa il 96-97%) di tutti i tumori cervicali nel mondo.

Il Pap test è noto anche come test di Papanicolaou, striscio vaginale, esame citologico cervico-vaginale o citologia cervico-vaginale
Classificazione citologica delle alterazioni delle cellule squamose
La terminologia utilizzata per la classificazione delle alterazioni del Pap test è stata, a partire dagli anni della sua introduzione, decisamente varia.
La classificazione introdotta da Papanicolaou, ormai caduta in disuso, utilizzava 5 classi (o gradi):
- I – Striscio chiaramente benigno
- II – Striscio con minime anomalie cellulari considerate benigne
- III – Striscio con evidenti anomalie cellulari non chiaramente riferibili a neoplasia
- IV – Striscio molto probabilmente riferibile a neoplasia
- V – Striscio francamente maligno.
Per quanto il mondo scientifico fosse inizialmente piuttosto scettico sulla possibilità di effettuare una diagnosi basandosi soltanto sulla morfologia cellulare (il principale problema della classificazione di Papanicolaou è soprattutto il grado III, la cui citologia suggerisce malignità, ma non è concludente), è da tutto ormai accettato che l’introduzione del Pap test abbia consentito una riduzione della mortalità per cancro del collo dell’utero di circa il 75%.
Prospettive future
Il ruolo del Pap test come test di screening sta cambiando. La scoperta che gran parte dei tumori del collo uterino sono dovuti al Papilloma Virus Umano (HPV) e l’introduzione del vaccino per l’HPV (rivolto anche ai genotipi 16 e 18 del virus, quelli che causano circa il 70% dei tumori cervicali) hanno portato allo sviluppo di nuove tecniche diagnostiche biomolecolari, in primis l’HPV DNA test, che potrebbero essere utilizzate come metodica primaria di screening. La questione non è però così semplice; è ancora discusso, infatti, il problema della relativa specificità del test HPV; l’infezione da Papilloma Virus è diffusissima ed è evidenziabile anche in soggetti in cui regredirà senza lasciare alcuna traccia.
In base alle linee guida attuali, facendo riferimento ai due test di screening principali (Pap test e HPV DNA test), possiamo affermare che:
- il test HPV non è indicato come strumento primario di screening nel caso di soggetti di età inferiore ai 30 anni;
- le donne che hanno superato i 30 anni dovrebbero effettuare i due esami (Pap test e HPV test) soltanto nel caso in cui il Pap test risulti positivo;
- nel caso in cui si scelga il Pap test quale strumento di screening, se il test risulta negativo e non vi è a presenza di ulteriori fattori di rischio (storia pregressa di carcinoma della cervice, fumo, promiscuità sessuale ecc.), il test andrebbe effettuato ogni tre anni;
- nel caso in cui si scelga il test HPV quale strumento di screening, se il test risulta negativo (e non sono presenti ulteriori fattori di rischio), il test andrebbe effettuato ogni cinque anni. L’esecuzione dell’HPV test può essere interrotta quando si sono superati i 64 anni di età.
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