L’omocisteina è un aminoacido che da alcuni anni è costantemente sotto i riflettori della ricerca medica perché a un suo eccesso nel nostro organismo sembrano correlabili molte patologie che interessano il sistema cardiocircolatorio e non solo (vedasi quanto riportato nel paragrafo successivo che tratta dell’iperomocisteinemia). Secondo alcuni autori tale aminoacido sarebbe un fattore di rischio indipendente poiché “da solo è in grado di aumentare l’incidenza di malattie cardiovascolari indipendentemente dalla presenza di altri fattori predisponenti”.
In realtà, anche con l’omocisteina, si commette lo stesso errore che per anni è stato portato avanti con il colesterolo: il fattore di rischio “omocisteina” può essere indipendente solo per individui in cui l’innalzamento dei livelli ematici di tale sostanza è genetico, ma per molti soggetti dipende da altri importanti fattori di rischio come il fumo (ecco un altro buon motivo per smettere di fumare) o la cattiva alimentazione.
Appaiono pertanto ottimistiche le speranze di notevoli successi in campo di protezione cardiovascolare solo controllando l’omocisteina, ma in assenza di un buon stile di vita.
Omocisteina alta?
Il termine iperomocisteinemia indica una presenza eccessiva di omocisteina a livello ematico (popolarmente si parla di “omocisteina alta”). L’iperomocisteinemia è considerato un importante e indipendente fattore di rischio per gli incidenti cardiovascolari (aterosclerosi, infarto del miocardio), cerebrovascolari (ictus cerebrale) e periferico-vascolari (trombosi arteriose e venose).
Si stima che i soggetti affetti da iperomocisteinemia abbiano il doppio di probabilità di incorrere in incidenti vascolari rispetto a coloro che hanno valori entro i range di normalità.
La stragrande maggioranza dei laboratori considera normali i seguenti valori:
- maschi: <13 μmol/l
- femmine: 10.1 μmol/l
- bambini <14 anni: 11.3 μmol/l.
Diversi anni fa (per l’esattezza nel 2005) fu proposta una suddivisione dei valori plasmatici che non tiene conto né del sesso né dell’età dei soggetti; in base a questa suddivisione i valori vengono distinti in tre classi:
- valori nella norma: <13 μmol/l
- valori moderatamente elevati: da 13 a 60 μmol/l
- valori severamente elevati: >60 μmol/l.
Si ritiene che l’omocisteinemia dipenda da vari fattori. Vediamo i principali.
Fattori che la diminuiscono – Sicuramente l’attività fisica aerobica e una dieta con un giusto apporto di folati.
Fattori che l’aumentano – Sicuramente il sesso (vedasi i valori soprariportati), l’invecchiamento, l’aumento delle masse muscolari, il fumo, l’eccessiva assunzione di caffeina e un regime alimentare caratterizzato da un basso apporto di folati.
Sul regime dietetico è opportuno spendere qualche parola; se è vero che una dieta ricca di vegetali apporta la giusta dose di folati, i vegani che non si nutrono di carne predisponendosi a un deficit di vitamina B12 hanno in genere livelli mediamente più alti di omocisteinemia.
La stragrande maggioranza dei soggetti affetti da iperomocisteinemia segue cioè un regime alimentare che non garantisce il corretto apporto di vitamine del gruppo B (tutte, non solo l’acido folico).
Oltre che da un errato stile alimentare e da uno stile di vita non appropriato, l’iperomocisteinemia è dovuta a deficit congeniti di quegli enzimi che sono coinvolti nelle vie metaboliche dell’omocisteina. Una delle patologie legate a uno di questi enzimi è l’omocistinuria, malattia metabolica causata dal deficit dell’enzima cistationina-β-sintetasi.
Un elevato livello di omocisteinemia può essere causato inoltre dalla mutazione genetica del gene che produce l’enzima metilenetetraidrofolato-reduttasi. Esistono inoltre anomalie congenite rarissime come i deficit di cobalamina-reduttasi, di metionina-reduttasi, di gamma-cistationinasi ecc. che possono essere causa di iperomocisteinemia.
Di norma, in questi casi, l’iperomocisteinemia si trasmette con modalità autosomica recessiva; nel caso in cui, per esempio, in una coppia entrambi i genitori sono portatori sani di una di queste mutazioni genetiche, a ogni gravidanza si hanno le seguenti possibilità: 25% di rischio di generare un figlio affetto da iperomocisteinemia, il 50% di probabilità di avere un figlio portatore sano e il 25% di probabilità di generare un figlio sano non portatore della mutazione.
Si deve inoltre notare che elevati livelli di omocisteina vengono spesso riscontrati nei soggetti affetti da patologie quali l’artrite reumatoide, l’ipotiroidismo, il lupus eritematoso sistemico e la psoriasi e in quelli che vengono sottoposti a trattamenti farmacologici a base di carbamazepina, fenitoina, isoniazide e metotrexate.
Elevati livelli di omocisteina plasmatica vengono spesso rilevati anche in soggetti affetti da insufficienza renale cronica, nelle donne affette da preeclampsia (più nota come gestosi, è una seria sindrome clinica che può fare la sua comparsa durante la seconda metà della gravidanza) e in quelle in cui si è verificato un distacco prematuro di placenta o un aborto spontaneo. Alcuni studi, inoltre, mostrano che in circa un quinto delle madri di figli nati con difetti del tubo neurale (il problema più comune è la spina bifida) si registra un alto livello di omocisteina plasmatica.
Infine, l’iperomocisteinemia viene considerata un forte fattore di rischio per fratture dovute a osteoporosi.
Se alcuni dei fattori sopracitati non possono essere modificati, ve ne sono altri che, essendo relazionati allo stile di vita, possono (e devono) essere corretti. Suggeriamo a questo proposito un’attenta lettura del nostro articolo Buon stile di vita.
La diagnosi di iperomocisteinemia si pone con esami di laboratorio e può essere raffinata con l’esecuzione di test mirati alla ricerca delle mutazioni nei geni coinvolti nel metabolismo dell’omocisteina.
Omocisteina e danni vascolari
Attualmente non esistono dati certi che spieghino i meccanismi attraverso i quali l’omocisteina provoca un danno a livello vascolare. Si suppone che, a lungo termine, elevati valori plasmatici di omocisteina provochino gravi danni a livello endoteliale fino al punto di causare la trombosi. Alcuni autori ritengono inoltre che l’omocisteina sia responsabile della riduzione dell’azione dilatante legata all’ossido nitrico endoteliale dal momento che essa ne antagonizza la sintesi e la funzione; si ritiene anche che l’omocisteina, provocando la formazione dell’anione superossido, precursore del radicale citotossico perossinitrito, aggravi lo stress ossidativo.
Un’altra ipotesi prende in considerazione il fatto che l’omocisteina favorisce il proliferare delle cellule muscolari lisce con conseguente aumento dell’adesione a livello dell’endotelio e aumento di deposito di colesterolo LDL (il cosiddetto colesterolo cattivo).
Omocisteina alta e supplementazione vitaminica
Alcuni autori affermano che l’iperomocisteinemia sia una delle poche (se non l’unica) condizioni trombofiliche trattabili con un’adeguata supplementazione vitaminica. Come si è accennato in precedenza, sono diverse le vitamine del gruppo B che sono coinvolte dei processi metabolici relativi all’omocisteina. Si ritiene pertanto che un corretto apporto vitaminico quotidiano di dette vitamine sia in grado di diminuire i livelli plasmatici di omocisteina. Alcuni studi hanno osservato una forte riduzione dei livelli plasmatici dell’aminoacido in questione a seguito di assunzione di acido folico: con un’integrazione giornaliera di 0,2 mg la riduzione è di circa il 60%, se la dose raddoppia la riduzione sale a circa il 90%; il massimo beneficio in termini di riduzione è stato osservato con un apporto di acido folico pari a 0,8 mg.
Per ulteriori approfondimenti si consiglia di consultare l’articolo Acido folico e Dieta per l’omocisteina alta.
Omocisteina: le vie metaboliche
L’omocisteina deriva dalla metabolizzazione della metionina; quest’ultima è un aminoacido essenziale che contiene gruppi sulfurici e che deriva dalle proteine che vengono assunte dal nostro organismo con l’alimentazione. La metionina è presente in diversi alimenti proteici quali, per esempio, la carne, i latticini, i legumi e le uova.
Le principali vie metaboliche dell’omocisteina che ne mantengono i livelli intracellulari entro un determinato range sono due:
- via della rimetilazione
- via della transulfurazione.
Nel primo caso l’omocisteina viene convertita a metionina attraverso l’utilizzo di tre enzimi: la metionina-sintetasi, la metilenetetraidrofolato-reduttasi e la betaina-sintetasi. Questo processo metabolico entra in funzione quando si hanno basse concentrazioni di omocisteina e di metionina.
Nel secondo caso l’enzima utilizzato è l’enzima cistationina-β-sintetasi e il risultato finale della degradazione è l’aminoacido cisteina. La via della transulfurazione invece entra in funzione nel momento in cui le concentrazioni di omocisteina e di metionina aumentano (per esempio nel periodo post-prandiale).
In entrambe le vie vengono coinvolte alcune vitamine del gruppo B: la vitamina B9 (acido folico), la β-ina (trimetilglicina), la vitamina B12 (cianocobalamina), la vitamina B6 (piridossina) e la vitamina B2 (riboflavina).
Quando le vie metaboliche raggiungono la saturazione, l’omocisteina intracellulare entra in circolo e si ha un innalzamento dei livelli plasmatici di questo aminoacido; a questo punto l’omocisteina può legarsi alle proteine plasmatiche oppure essere eliminata per via renale.
Un funzionamento corretto degli enzimi coinvolti nelle vie metaboliche dell’omocisteina è fondamentale affinché i livelli plasmatici di questo aminoacido restino nella norma.
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