Il termine monociti identifica una delle varie tipologie di leucociti (globuli bianchi); sul referto dell’esame emocromocitometrico (emocromo), nella sezione relativa alla formula leucocitaria, sono indicati con la sigla MON% (che sta per percentuale di monociti). Rispetto agli altri globuli bianchi sono caratterizzati da maggiori dimensioni (il loro diametro va dai 12 ai18 µm).
Sono diverse le funzioni di queste cellule, fra quelle principali c’è la fagocitosi, termine con il quale si definisce la capacità di alcune cellule di ingerire (fagocitare) altre cellule, detriti cellulari, batteri, virus ecc., capacità posseduta anche da altri tipi di globuli bianchi come, per esempio, i granulociti neutrofili e i granulociti eosinofili.
La produzione dei monociti avviene, attraverso varie fasi, nel midollo osseo, da qui entrano nel circolo sanguigno, dove rimangono per un tempo piuttosto limitato (poche ore) per dirigersi verso quei tessuti dell’organismo dove è richiesta la loro azione; è in questi tessuti che i monociti iniziano un processo di differenziazione che li trasformerà in macrofagi.
Oltre all’azione di fagocitosi, sia monociti che macrofagi stimolano le altre cellule del sistema immunitario. Monociti, macrofagi e neutrofili fanno parte della categoria delle cellule fagocitarie, altrimenti dette fagociti.
Nel nostro organismo esistono macrofagi ad alta specializzazione presenti nei diversi tessuti:
- istiociti (presenti nel tessuto cutaneo)
- osteoclasti (presenti nelle ossa)
- microglia (presenti nel cervello)
- cellule reticolo-endoteliali (presenti nella milza)
- cellule di Kupffer (presenti nel fegato).
Le funzioni di monociti e macrofagi
Le funzioni dei monociti e dei macrofagi sono numerose; in particolare fagocitano e uccidono numerosi microrganismi patogeni (batteri, virus ecc.), fagocitano e rimuovono le cellule morte e i detriti cellulari, agiscono in collaborazione coi linfociti T helper per la promozione della risposta immunitaria dell’organismo, sintetizzano varie proteine (fra cui quelle del complemento e della coagulazione del sangue, la transferrina, l’interferone ecc.).
Valori normali
I valori di riferimento variano normalmente fra il 2 e il 7% dei leucociti; va però precisato che si tratta di un riferimento di massima e le indicazioni in tal senso sono leggermente diverse fra un laboratorio e l’altro (le differenze sono dovute essenzialmente ai diversi macchinari usati, ai differenti reagenti utilizzati ecc.); si deve quindi fare sempre riferimento ai valori normali riportati nel referto consegnato dalla struttura sanitaria presso la quale si è effettuato il prelievo di sangue.
Ricordiamo che non esiste uno specifico test per i monociti, i valori di questo parametro, infatti, fanno parte della formula leucocitaria riportata nel referto dell’esame emocromocitometrico (emocromo), effettuabile tramite il prelievo di un piccolo campione di sangue dalla vena di un braccio (preferibilmente da effettuarsi al mattino in condizioni di digiuno).
Il conteggio e l’analisi della morfologia dei monociti viene utilizzato nella diagnosi di varie patologie che possono coinvolgere questa tipologia di globuli bianchi, influenzandone sia la loro produzione che la loro sopravvivenza; conteggio e analisi sono utili anche nel monitoraggio della progressione di alcune particolari malattie e per la valutazione dell’efficacia o no delle terapie che sono state intraprese al riguardo.
Talvolta l’analisi dei monociti viene impiegata per la valutazione del rischio di complicazioni dopo un infarto del miocardio.
Vale la pena precisare che piccoli scostamenti dall’intervallo di normalità possono non avere alcuna rilevanza clinica, se tutti gli altri parametri rientrano nella norma; scostamenti maggiori in presenza di altri valori anomali possono richiedere, salvo diverso parere medico, ulteriori approfondimenti.
Monociti alti – Cause
Come abbiamo accennato nella prima parte dell’articolo, i monociti non rimangono molto tempo in circolo (8 ore circa), ragion per cui la loro presenza nel sangue è relativamente bassa; maggiori tempi di permanenza nei tessuti sono invece quelli dei macrofagi (prodotto della differenziazione dei monociti avvenuta a livello tissutale); questi elementi, infatti, possono sopravvivere mesi o anni.
Quando si verifica un innalzamento patologico dei monociti nel circolo sanguigno siamo di fronte a una condizione nota come monocitosi (o, più popolarmente, monociti alti).
Le condizioni patologiche che possono essere causa di monociti alti sono particolarmente numerose; in particolare ricordiamo:
- anemia emolitica
- avvelenamento da tetracloroetano
- collagenopatie (artrite reumatoide, lupus eritematoso sistemico, miosite, poliarterite nodosa ecc.)
- enterite regionale
- leucemia monocitica cronica
- linfomi
- malattia di Gaucher
- malattia di Hand-Schuller-Christian (una forma di istiocitosi)
- malattie dell’apparato digerente (enterite segmentaria, sprue, rettocolite ulcerosa ecc.)
- morbo di Hodgkin
- neoplasie maligne
- neutropenia (riduzione patologica dei livelli ematici di granulociti neutrofili)
- sarcoidosi
- splenectomia (asportazione della milza)
- sprue tropicale (sindrome caratterizzata da malassorbimento e anemia megaloblastica)
- stato pre-leucemico
- tubercolosi e altre malattie infettive (brucellosi, endocardite batterica, malaria, mononucleosi infettiva, sifilide, tifo ecc.)
Monociti bassi – Cause
Un abbassamento eccessivo della concentrazione dei monociti (monocitopenia o, più comunemente, monociti bassi) è un’evenienza poco comune, anche se pur sempre possibile e riconosce le seguenti cause:
- aplasia midollare
- endotossinemia (presenza di endotossine nel sangue rilasciate microrganismi patogeni)
- età avanzata
- infezioni acute
- irradiazione (radioterapia)
- leucemie acute
- stress acuti
- trattamenti chemioterapici (a effetto mielotossico).
Interpretazione dei risultati
Come abbiamo visto dai due paragrafi precedenti, le cause di monocitosi (monociti alti) e monocitopenia (monociti bassi) sono particolarmente numerose e nulla si può dire basandosi solo sulle concentrazioni ematiche di questi globuli bianchi; l’interpretazione dei risultati di un esame emocromocitometrico è piuttosto complessa e di competenza strettamente medica; sono infatti molti i fattori che devono essere tenuti in considerazione.
Lievi scostamenti dall’intervallo di normalità di uno o più parametri ematici possono o non avere alcuna rilevanza clinica oppure essere dovute a banali disturbi autolimitantesi. Non ci si deve quindi mai allarmare troppo nel notare un valore che si trova al di fuori dal range di normalità, sia in basso che in alto. Ovviamente non va trascurato, ma la diagnosi spetta al medico curante; sarà questi a decidere se è il caso o no di procedere con ulteriori approfondimenti diagnostici.
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