L’insulina è un ormone proteico che viene secreto dalle cellule beta delle isole di Langerhans (strutture endocrine del pancreas costituite da cinque tipi di cellule: alfa, beta, delta, PP ed epsilon). È stata scoperta nel 1922 da Frederick Grant Banting e da John James Richard Macleod*.
Valori di laboratorio nell’uomo
Prima del prelievo è preferibile digiunare per 12 ore, tenendo presente che la somministrazione di insulina o agenti ipoglicemizzanti 8 ore prima del prelievo può interferire con i risultati del dosaggio.
I valori variano normalmente fra 6 e 30 microU/l.
Insulina alta
Principali patologie, sostanze o condizioni che determinano un aumento dei valori
- Acromegalia
- Alcolismo
- Cirrosi epatica
- Diabete insulino-dipendente tipo 2
- Distrofia miotonica
- Epatiti croniche
- Farmaci (contraccettivi, cortisonici, diuretici ecc.)
- Glucagonoma
- Gravidanza
- Insulinoma
- Ipercorticosurrenalismo
- Ipertiroidismo
- Intolleranze a fruttosio e galattosio
- Obesità
- Pancreatite
- Sindrome di Cushing
Insulina bassa
Principali patologie, sostanze o condizioni che determinano una diminuzione dei valori
- Diabete insulino-dipendente tipo 1
- Diabete insulino-dipendente tipo 2 in fase avanzata
- Malnutrizione
- Pancreasectomia
- Sindrome postalcolica
- Terapia insulinica
Fisiologia
L’insulina è costituita da 51 aminoacidi che formano due catene polipeptidiche (la catena alfa, con 21 aminoacidi, e la catena beta con 30) che sono tenute insieme da due ponti disolfurici.
La produzione è preceduta da quella della pre-proinsulina, molecola costituita da una catena di aminoacidi che viene scissa in insulina e peptide C. L’insulina viene immagazzinata nelle stesse cellule sotto forma di granuli pronta per essere secreta.
La secrezione avviene nel momento in cui c’è un aumento della concentrazione ematica di glucosio (glicemia) al fine di riequilibrare la situazione; nel momento in cui la glicemia si abbassa, si riduce anche la produzione dell’ormone. L’insulina agisce sulle cellule muscolari, sugli adipociti e sugli eritrociti che, assumendo glucosio dal sangue, provocano una diminuzione del livello glicemico. Il picco insulinico è tanto maggiore quanto più alto è il carico glicemico dei carboidrati assunti.
La secrezione dell’ormone è regolata principalmente dalla glicemia, ma anche altre sostanze come aminoacidi, ormoni (glucagone, cortisolo, somatotropina) o farmaci (sulfaniluree) possono stimolarla.
La maggior parte dell’insulina viene degradata nel fegato e nei reni grazie all’enzima glutatione insulina trans idrogenasi e all’enzima proteolitico tissutale specifico denominato insulinasi.
Le funzioni fisiologiche sono numerose; oltre alla riduzione della glicemia (per approfondimenti sui meccanismi che regolano il livello di glicemia si consulti l’articolo specifico), l’insulina entra nel metabolismo proteico, nel metabolismo lipidico, nel metabolismo idrico-salino, nell’attività cellulare e nella produzione di energia.
Insulina e diabete mellito
Come abbiamo visto, una delle azioni più caratteristiche dell’insulina è quella ipoglicemizzante; in condizioni non patologiche, quando si verifica una situazione di iperglicemia (per esempio dopo un abbondante pasto ricco di glicidi), le cellule beta del pancreas secernono l’ormone per riequilibrare la situazione. Ma cosa succede in condizioni di tipo patologico come per esempio in caso di diabete mellito?
Il diabete mellito è una malattia metabolica. Attualmente viene distinto in diabete mellito di tipo 1 e diabete mellito di tipo 2; il tipo 1 è caratterizzato dalla distruzione delle cellule beta del pancreas, mentre il tipo 2 è provocato da insulino-resistenza con possibile insulino-deficienza.
Nel diabete di tipo 1, l’organo pancreatico produce insulina in quantità molto ridotte o addirittura non è in grado di produrla; conseguentemente, chi è affetto da tale patologia deve ricevere iniezioni quotidiane di insulina.
Nel diabete di tipo 2 (la forma più frequente), la produzione di insulina è normale, ma per svariate ragioni, le cellule non sono in grado di utilizzarla efficientemente.
Insulina a scopo terapeutico
Attualmente sono due le forme di insulina utilizzate per scopi terapeutici. Una forma è semi-sintetica e viene ottenuta dall’insulina del maiale tramite una procedura chimica che la rende simile a quella umana. L’altra forma è totalmente sintetica e viene ricavata grazie a un procedimento di ingegneria genetica (tecnica del DNA ricombinante).
Esistono diverse tecniche per la somministrazione a scopo terapeutico (somministrazione tramite siringa, stiloiniettore, microinfusore e iniettore).
Il pancreas artificiale – Il pancreas artificiale è una moderna tipologia di somministrazione dell’insulina. Tramite un sistema di monitoraggio dei livelli glicemici, il pancreas artificiale può liberare automaticamente l’ormone in base ai valori che vengono registrati sul momento.
Insulina e doping
L’insulina non è utilizzata per soli scopi terapeutici, ma anche per fini dopanti; è infatti dotata di notevole azione anabolizzante; l’insulina favorisce l’assorbimento di aminoacidi stimolando la sintesi delle proteine, si oppone al catabolismo muscolare e favorisce il recupero.
Nella stragrande maggioranza dei casi l’insulina viene assunta in associazione a steroidi anabolizzanti o insieme ad altre sostanze che favoriscono comunque l’anabolismo.
L’insulina è una sostanza “apprezzata” sia dagli sportivi di potenza sia da quelli di resistenza; essa infatti, oltre a permettere un rapido ripristino delle riserve di glicogeno, sia a livello epatico sia a livello muscolare, consente di innalzare l’introito di acidi grassi; ciò potrebbe sembrare uno svantaggio, ma in un atleta di resistenza il ripristino delle scorte adipose è comunque una risorsa. per di più non è per niente banale rilevare l’utilizzo di insulina a scopi dopanti.
Nonostante questi “vantaggi”, l’uso di insulina per il miglioramento della performance è da considerarsi del tutto sconsiderato. Un utilizzo scorretto di insulina può avere infatti effetti devastanti, addirittura fatali.
Tra i vari effetti collaterali derivanti da un utilizzo improprio di questo ormone vi sono l’anemia emolitica, disturbi cardiocircolatori, problemi a livello epatico e ritenzione di liquidi; inoltre, la tendenza a utilizzare l’insulina in associazione ad altre sostanze a effetto dopante può contribuire ad aggravare in modo notevole la situazione.

Esistono diverse tecniche per la somministrazione di insulina a scopo terapeutico (tramite siringa, stiloiniettore, microinfusore e iniettore)
La demonizzazione dell’insulina
Alcuni modelli alimentari come la dieta a zona di Sears o il metodo Montignac demonizzano l’azione dell’insulina, senza comprendere che nelle loro riflessioni non stanno considerando un soggetto sano e attivo, ma un sedentario spesso in sovrappeso ecc.).
Analizziamo per esempio il ragionamento di Sears; per farlo, riassumiamo la questione in quattro punti. L’insulina:
- facilita l’ingresso del glucosio nelle cellule muscolari;
- dà il via all’immagazzinamento delle scorte di glicogeno (cioè le scorte di carboidrati) nel fegato e blocca il rilascio di quello presente;
- trasforma il surplus di carboidrati in grasso;
- blocca il consumo dei grassi già presenti.
In base a questo semplice meccanismo Sears ha demonizzato l’insulina insistendo sui punti 3 e 4. In realtà la condanna pronunciata da Sears ha senso solo se esiste un surplus di carboidrati e se l’individuo ha bisogno di “carburante” attinto dal glicogeno o dai grassi (e non dal glucosio circolante). Tradotto in altri termini, se si tratta di un sedentario sovrappeso che assume un surplus di carboidrati il quadro negativo dipinto da Sears è del tutto condivisibile. Non è invece condivisibile se si tratta di uno sportivo che deve reintegrare le scorte di glicogeno ed è a riposo (dopo l’allenamento o la prestazione agonistica).
Ciò che Sears ha dimenticato nel suo modello è che le scorte di glicogeno devono esser ripristinate e che, per farlo, matematicamente non si può stare in zona. Infatti se per ripristinare le scorte di glicogeno si usano carboidrati nella percentuale 40-30-30, saremo costretti ad assumere una dose di proteine che lo stesso Sears ritiene eccessiva. Un atleta di 70 kg che corre per 20 km consuma almeno 1.300 kcal circa, 420 kcal di proteine vogliono dire 105 g di proteine in più! Ma allora, sommandole a quelle basali, ne assume ben oltre le quantità indicate da Sears e da tutti gli esperimenti sul fabbisogno proteico. Né d’altra parte posso usare i grassi per ricostruire le scorte di glicogeno. Purtroppo:
non esiste una via biochimica di trasformazione da grassi a glicogeno.
I grassi producono energia (beta-ossidazione), ma non possono ripristinare le scorte di glicogeno. Questo perché alcune reazioni chimiche del nostro metabolismo sono irreversibili e procedono solo in un senso.
Quindi ricapitolando:
l’insulina e il picco insulinico (attivato da alimenti ad alto indice glicemico come la pasta, lo zucchero o la fetta di pane con il miele) sono utili per ripristinare le scorte di glicogeno, mentre sono dannosi quando l’individuo è già in condizioni di scorte sature.
Ricordiamo che le scorte vengono intaccate non solo dall’attività fisica, ma anche da richieste fisiologiche (sangue e cervello) e da attività quotidiane.
* La storia dell’insulina è alquanto curiosa e aneddotica.
Inizia nel 1921 con l’annuncio di Nicolae Constantin Paulescu, uno scienziato rumeno, che si dice in grado di curare il diabete. Paulescu aveva isolato infatti un ormone antidiabetico (un estratto pancreatico) che aveva denominato pancreina.
Qualche mese più tardi, Frederick Grant Banting ed il biochimico John James Richard Macleod, coadiuvati da Charles H. Best, pubblicano una ricerca sul Journal of Laboratory and Clinical Medicine nella quale descrivono i risultati ottenuti nel trattamento di un cane diabetico. Nella loro ricerca, gli scienziati menzionano il lavoro di Paulescu, affermando addirittura di confermare i risultati che lo scienziato rumeno aveva ottenuto.
L’anno dopo (siamo nel 1923), Banting e Macleod, furono insigniti del premio Nobel per la Fisiologia e la Medicina dando ai due scienziati tutto il merito della scoperta dell’ormone ignorando totalmente il lavoro svolto da Paulescu.
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