L’epiluminescenza (anche dermoscopia o dermatoscopia) è una tecnica diagnostica non invasiva di secondo livello il cui scopo principale è quello di diagnosticare precocemente sia il melanoma – la forma di tumore cutaneo più temibile- sia tutte le lesioni melanocitarie (ricordiamo che i melanociti sono cellule presenti nell’epidermide deputate alla melanogenesi, il processo biochimico che porta alla formazione della melanina) pigmentate e no.
È stato un dermatologo tedesco, Johann Saphier, il primo a introdurre il termine “dermatoscopia”; nel 1951, il dermatologo statunitense Leon Goldman introduce il termine “dermoscopy” ed è soprattutto da allora che inizia lo studio sistematico delle lesioni pigmentarie della cute tramite la metodica a epiluminescenza.
L’epiluminescenza si avvale di uno strumento ottico noto come dermatoscopio, grazie al quale il dermatologo, sfruttando i raggi luminosi di una sorgente, è in grado di analizzare sia la struttura morfologica della lesione cutanea sia le sue strutture interne. I dermatologi hanno a disposizione due tipologie di strumento:
- il dermatoscopio manuale (dotato di una lente di ingrandimento da 10x a 20x e di una piccola lampada che permette di illuminare la superficie cutanea oggetto di analisi);
- il dermatoscopio digitale (dotato di una telecamera a elevata risoluzione e di un programma software che consente non soltanto la visualizzazione su un monitor delle superfici esaminate, ma anche l’elaborazione delle immagini e la loro archiviazione, cosa che permetterà un confronto a distanza di tempo).
Epiluminescenza: quali lesioni riconosce?
Come detto, l’epiluminescenza ha come scopo primario la diagnosi precoce del melanoma, ma i progressi effettuati negli ultimi anni hanno consentito di estendere la portata di questa tecnica diagnostica che risulta di notevole efficacia nel riconoscimento di neoplasie cutanee non melanocitarie quali il basalioma e la malattia di Bowen (uno stadio precoce, non invasivo, di carcinoma spinocellulare, il secondo tipo di tumore della pelle più comune dopo il basalioma) nonché altre affezioni cutanee quali l’acantoma a cellule chiare (una formazione a carattere benigno poco comune che tende a localizzarsi agli arti inferiori in soggetti in età adulta), la cheratosi attinica, la cheratosi seborroica e il dermatofibroma (noto anche come istiocitoma fibroso, si tratta di un tumore benigno localizzato a livello del derma). L’epiluminescenza è utilizzabile anche nell’ambito della ricerca dell’acaro della scabbia.
Come si svolge l’esame
Il dermatologo applica sulla lesione cutanea oggetto di analisi una goccia di olio da immersione, alcol, acqua o gel ecografico. Questa manovra è resa necessaria dal fatto che, senza tale applicazione, lo strato superficiale della pelle rifletterebbe la luce emessa dallo strumento ottico rendendo di fatto impossibile una visione corretta delle strutture pigmentarie epidermiche nonché della giunzione dermoepidermica e del derma superficiale. Tali sostanze invece eliminano il riflesso consentendo la corretta applicazione della metodica.
Una volta applicata la sostanza anti-riflesso, lo specialista appoggia il dermatoscopio sulla superficie cutanea da analizzare e, mettendo l’occhio sull’oculare, inizia il suo esame che sarà molto più accurato della semplice osservazione clinica.
L’accuratezza diagnostica dell’epiluminescenza, unita alla sua non invasività, alla sua praticità e alla relativa economicità hanno reso questa tecnica la metodica principale per il riconoscimento non invasivo di numerose lesioni cutanee, maligne e no.
I nuovi mezzi diagnostici a disposizione dei dermatologi consentono uno studio delle lesioni molto accurato e, oltre alla possibilità di monitorare, tramite l’archiviazione delle immagini, l’evoluzione della lesione nel tempo, è possibile avere un’idea abbastanza accurata del rischio di un’evoluzione maligna di alcune lesioni.
Uno dei grandi vantaggi dell’epiluminescenza è di evitare interventi chirurgici inutili; infatti, molte lesioni cutanee che risultano di dubbia interpretazione alla sola osservazione clinica, risultano poi, una volta eseguita la dermatoscopia, di natura benigna; non è quindi necessario ricorrere al prelievo bioptico.
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