La tiroide è una ghiandola follicolare riccamente vascolarizzata che si caratterizza per la presenza di due componenti endocrine, una costituita dai tireociti (o cellule follicolari) e una da cellule C (o cellule parafollicolari); i tireociti, che costituiscono la quasi totalità del tessuto della tiroide, secernono i cosiddetti ormoni tiroidei, ovvero la triiodotironina (T3), e la tetraiodotironina (T4 o tiroxina); le cellule C (dal termine inglese clear, chiaro, in riferimento alla loro scarsa colorabilità al microscopio ottico rispetto ai tireociti) sono deputate invece alla produzione di un ormone denominato calcitonina.
La tiroide, organo impari e mediano dal colore rosso-bruno e di consistenza molle, è situata nella regione anteriore del collo; si trova a contatto con i primi anelli cartilaginei della trachea e, conseguentemente, ne segue i movimenti (durante la deglutizione, per esempio, essa si sposta verso l’alto).
La tiroide è costituita da due lobi piriformi, il destro e il sinistro, riuniti da una parte trasversale denominata istmo. In un certo numero di casi (variabile dal 30 al 50% circa), dall’istmo si diparte un’appendice dalla forma conica nota come piramide di Lalouette o appendice del Morgagni; tale appendice ha forma e dimensioni variabili, il suo sviluppo può essere più o meno accentuato ed essa può arrivare fino all’osso ioide.
Lo sviluppo tiroideo varia a seconda di sesso, età e zona geografica. Alla nascita, la tiroide pesa circa 2 g; nel soggetto adulto il peso è praticamente decuplicato, anche se le variazioni possono essere notevoli tra un soggetto e l’altro. La sua lunghezza si aggira sui 7 cm; ha un’altezza di circa 3 cm in corrispondenza dei lobi e uno spessore che varia da 0,5 a 2 cm passando dall’istmo ai lobi.
Come detto in apertura, la tiroide è un organo ricchissimo di vasi sanguigni e la sua portata sanguigna è quantificabile in circa 5 litri di sangue all’ora. Il sangue arterioso giunge alla tiroide attraverso le cosiddette arterie tiroidee superiori (che sono rami delle carotidi esterne) e le arterie tiroidee inferiori (che sono rami delle succlavie, le principali arterie del torace superiore).
La tiroide, la parte terminale dei suoi vasi sanguigni principali e le ghiandole paratiroidi sono racchiuse in una capsula di tessuto connettivo detta capsula esterna; viene invece detta capsula propria quella che avvolge il tessuto ghiandolare. L’innervazione dell’organo tiroideo è deputata al sistema nervoso autonomo che opera controllando l’entità dell’afflusso di sangue alla tiroide.
Gli ormoni tiroidei
L’elaborazione degli ormoni secreti dalla tiroide viene controllata da un ormone noto come ormone tireostimolante (anche TSH, acronimo dei termini inglesi Thyroid Stimulating Hormone), una glicoproteina che viene prodotta dalle cellule basofile (cellule tireotrope) dell’adenoipofisi.
I meccanismi in cui tale ormone è coinvolto saranno meglio compresi dopo una breve spiegazione del funzionamento dell’organo tiroideo; inizieremo parlando degli ormoni tiroidei, ovvero il T4 e il T3; il primo è il principale ormone prodotto dalla tiroide, mentre la parte circolante dell’altro ormone, il T3, deriva per la maggior parte (circa l’80%) dalla trasformazione del T4; tale trasformazione avviene soprattutto a livello del fegato.
La produzione ormonale da parte della tiroide viene regolata attraverso un meccanismo definito asse ipotalamo-ipofisi-tiroideo. I neuroni che si trovano nell’ipotalamo producono un ormone chiamato TRH (acronimo dei termini inglesi Thyrotropin Releasing Hormone, ovvero ormone di rilascio della tireotropina) oppure TRF (acronimo dei termini inglesi Thyrotropin Releasing Factor, fattore di rilascio della tireotropina).
Il TRH arriva all’ipofisi e stimola la produzione del TSH che, attraverso il flusso sanguigno, giunge alla tiroide dove stimola la produzione degli ormoni tiroidei.
L’asse ipotalamo-ipofisi-tiroideo è un meccanismo autoregolantesi che serve a mantenere la funzione tiroidea entro determinati limiti fisiologici in base alle esigenze dell’organismo.
La produzione dell’ormone tireostimolante viene, di fatto, regolata da due meccanismi che operano in modo opposto; il TRH agisce stimolandone la secrezione e la sintesi, mentre il T3 e il T4 ne inibiscono il meccanismo di secrezione antagonizzando l’azione del TRH; è per questo motivo che si parla di meccanismo di feedback negativo da parte degli ormoni tiroidei; nel caso in cui la produzione ormonale tiroidea si riduca, il TSH agisce stimolandone la produzione; se, al contrario, si ha un eccesso di ormoni tiroidei circolanti, l’ipofisi termina la sua funzione di stimolazione della tiroide. È nel momento in cui questi meccanismi vengono ad alterarsi che possono verificarsi problemi di ipertiroidismo o ipotiroidismo; l’ipertiroidismo è una condizione patologica caratterizzata da un rialzo del livello degli ormoni tiroidei circolanti, mentre l’ipotiroidismo è una condizione morbosa derivante da una diminuita funzionalità tiroidea.
La tiroide è in grado di accumulare una quantità di ormoni di riserva che supera di 15-30 volte il fabbisogno quotidiano dell’organismo.
Gli ormoni tiroidei svolgono funzioni di notevole importanza a livello di metabolismo; agiscono sulla crescita, sullo sviluppo e sulla differenziazione di vari organi del corpo umano. Svolgono inoltre un’azione termogenica, aumentano il consumo di ossigeno, operano sulla sintesi e sui sistemi di degradazione del colesterolo, stimolano la lipolisi e hanno anche significativi effetti cronotropo e inotropo positivo sull’organo cardiaco. A livello dello scheletro agiscono stimolando sia l’osteogenesi che i processi di riassorbimento osseo.
Problemi alla tiroide: le indagini diagnostiche
Sono diverse le indagini diagnostiche che si hanno a disposizione per indagare eventuali problemi a carico della tiroide. Generalmente i primi accertamenti cui viene sottoposto un soggetto in cui si sospetta la presenza di un problema tiroideo sono gli esami del sangue relativi ai dosaggi ormonali e agli anticorpi. Fra i principali esami si ricordano i dosaggi ematici di:
- TSH
- T3
- T4
- FT3
- FT4
- anticorpi anti-perossidasi tiroidea (TPO)
- anticorpi anti-tireoglobulina (TG Ab)
- calcemia.
Gli anticorpi anti-perossidasi tiroidea sono anticorpi di classe IgG diretti contro l’enzima perossidasi tiroidea, il più importante enzima coinvolto nel processo di sintesi degli ormoni tiroidei. Questi corpi sono presenti in moltissime patologie autoimmuni della tiroide (tiroidite di Hashimoto, morbo di Basedow ecc.). Nel caso in cui i valori di questi anticorpi siano particolarmente bassi potremmo trovarci di fronte ad adenomi alla tiroide, anemia perniciosa, gozzo multinodulare, morbo di Addison o diabete mellito insulino-dipendente.
Gli anticorpi anti-tireoglobulina possono essere rilevati in molti casi di soggetti affetti da tiroidite cronica, ipotiroidismo, morbo di Basedow e in una piccola percentuale di soggetti colpiti da altre patologie a carattere autoimmune, in particolar modo l’anemia perniciosa.
La valutazione della calcemia può essere di aiuto nella diagnosi; nel caso i valori di calcio sierico superino i valori normali di riferimento potremmo trovarci di fronte a problemi di iperparatiroidismo o ipertiroidismo, mentre in caso di ipocalcemia è possibile sospettare un problema di ipoparatiroidismo.
Una volta che l’endocrinologo avrà valutato gli esami clinici prescriverà, se lo ritiene opportuno, gli eventuali accertamenti del caso previa valutazione anamnestica e della sintomatologia riferita dal soggetto. I sintomi di un’alterazione della funzione tiroidea sono variegati; fra i più comuni si ricordano anemia, ansia, depressione, dimagramento o aumento ponderale, dolorabilità muscolare, modificazione del timbro vocale, perdita di capelli, irregolarità del ciclo mestruale, tachicardia, insonnia, disfunzioni sessuali ecc.
Fra le varie indagini che possono essere prescritte al fine di indagare in modo approfondito la situazione si ricordano l’ago aspirato tiroideo, la scintigrafia tiroidea, l’ecografia della tiroide, oppure TAC o risonanza magnetica.
In seguito a un intervento chirurgico di asportazione totale della tiroide (tiroidectomia totale) o alla diagnosi di ipotiroidismo è necessario ricorrere alla cosiddetta terapia tiroidea sostitutiva. Si tratta sostanzialmente di una terapia cronica che si basa sulla somministrazione di farmaci a base di ormone tiroideo. Ne esistono di diversi tipi, ma generalmente si utilizzano quelli a base di T4; vediamo perché.
Come già accennato in precedenza, la tiroide produce in particolar modo T4, ormone perlopiù inattivo che viene trasformato in T3 da enzimi noti come desiodasi di tipo 1 e desiodasi di tipo 2 (esiste anche una desiodasi di tipo 3, ma il suo compito è praticamente opposto dal momento che presiede alla degradazione dell’ormone T3 in T2, un prodotto metabolicamente inattivo); questo meccanismo consente un’autoregolazione degli organi periferici che determinano il quantitativo di ormone attivo necessario per il loro normale funzionamento.
I tempi di dimezzamento (emivita) del T4 sono di circa 10 giorni; dopo una o due settimane di assunzione di questo ormone si ottiene un livello ormonale costante nel circolo ematico. I lunghi tempi di dimezzamento del T4 permettono di assumere un’unica dose quotidiana e dosi diverse durante la settimana; per questi motivi, nel caso un giorno ci si dimentichi di assumere il farmaco, non si avranno particolari problemi in quanto in circolo avremo ancora abbastanza ormone. Ovviamente tali dimenticanze devono essere occasionali, se non si vuole correre il rischio di sviluppare la sintomatologia tipica dell’ipotiroidismo.
Al contrario, il T3 ha tempi di dimezzamento particolarmente brevi (poche ore), conseguentemente sono necessarie assunzioni giornaliere ripetute affinché si abbiano livelli ematici sufficienti di questo ormone. È per questo motivo che, a meno di situazioni particolari che sarà lo specialista a dover valutare, generalmente la terapia sostitutiva viene effettuata con T4 e non con T3 o combinazioni di T3 e T4.
I dosaggi dei farmaci devono essere aggiustati tenendo conto di svariati fattori quali la gravità e la durata della patologia, l’eventuale presenza di altre malattie, l’età, il peso, i livelli ematici di TSH ecc. In linea generale, l’inizio della terapia viene effettuato con basse dosi di ormoni che vengono aumentate in modo graduale fin quando non si giunge alla dose di mantenimento.
La terapia ormonale sostitutiva consente al soggetto di condurre una vita perfettamente normale.
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