La coagulazione del sangue (anche emostasi, emocoagulazione o coagulazione ematica) è un fenomeno fisiologico che, attraverso varie fasi, porta alla formazione di un coagulo allo scopo di interrompere o comunque limitare una perdita emorragica proteggendo l’organismo dalla riduzione del volume ematico.
I meccanismi della coagulazione del sangue coinvolgono quattro sistemi principali: il sistema vascolare, le piastrine (o trombociti), il sistema della coagulazione e il sistema fibrinolitico.
Schematicamente, le fasi del processo emostatico sono quattro:
- fase vascolare (detta anche emostasi primaria)
- fase piastrinica
- fase della coagulazione (detta anche emostasi secondaria o fase plasmatica)
- fibrinolisi.
Affinché il processo di coagulazione del sangue avvenga in modo efficiente è fondamentale il perfetto funzionamento di tre componenti che, interagendo fra loro, portino alla riparazione di una lesione vasale e conseguentemente all’arresto dell’emorragia. Queste tre componenti sono: le pareti dei vasi (sia arteriosi che venosi), le piastrine e i fattori della coagulazione.
I fattori della coagulazione sono proteine che circolano nel sangue e che sono quasi tutte di produzione epatica, produzione che richiede la presenza di vitamina K, tant’è che i fattori della coagulazione che ne richiedono la presenza vengono anche detti fattori coagulativi vitamina K-dipendenti (fattore II, VII, IX e X); la vitamina K è altresì coinvolta nell’azione di altre due proteine che interessano il fenomeno della coagulazione ovvero la proteina C e la proteina S.
Un’anomalia a carico di una delle tre componenti sopra citate può portare all’insorgere di un processo patologico (vedasi paragrafo Patologie della coagulazione).
Le varie fasi del processo di coagulazione
Il danneggiamento di un vaso è il fenomeno scatenante il processo emostatico. Le pareti vascolari sono ricche di sostanze che stimolano l’attivazione e l’aggregazione delle piastrine; queste sostanze sono il fattore di von Willebrand (una glicoproteina dal peso molecolare di circa 250 kD), il trombossano A2 e il fattore attivante le piastrine; a seconda dei casi i vasi danneggiati rilasciano anche il cosiddetto fattore tissutale.
Nel corso della fase vascolare i vasi danneggiati tentano di ridurre al minimo la perdita ematica; lo fanno attraverso una vasocostrizione vasale che però non è in grado di assicurare un’emostasi permanente a meno che non ci si trovi di fronte a lesioni capillari. Purtuttavia, anche in caso di lesioni di maggiore entità, il fenomeno vasocostrittivo è di notevole importanza e verrà stimolato anche nel corso delle fasi successive del processo di coagulazione, per esempio durante la fase plasmatica.
La fase piastrinica riveste notevole importanza all’interno del processo di coagulazione del sangue. In modo molto schematico possiamo distinguerne cinque momenti principali: adesione delle prime piastrine alla zona danneggiata; attivazione delle piastrine adese alla superficie danneggiata; rilascio di segnali chimici contenuti nelle piastrine attivate; cascata di attivazione di altre piastrine che viene stimolata dalla fase precedente e infine aggregazione piastrinica; quest’ultimo fenomeno è un processo reversibile perché le piastrine hanno la tendenza a disperdersi e, se non interviene la fase di coagulazione, si ha una ripresa dell’emorragia. La fase piastrinica, quindi, pur essendo molto importante nel processo emostatico, non è sufficiente all’emostasi definitiva.
La fase della coagulazione (o plasmatica) è la fase più importante del processo di coagulazione del sangue. In condizioni normali, essa porta all’arresto permanente della perdita ematica. La fase plasmatica è finalizzata alla trasformazione del fibrinogeno (una glicoproteina presente nel circolo sanguigno) in un coagulo di fibrina, una proteina che, in collaborazione con le piastrine, occlude la zona danneggiata.
A questo punto, fermata l’emorragia e riparato il vaso lesionato, si passa alla fase ultima, quella fibrinolitica. In questa fase si registra l’intervento di un’altra proteina, il plasminogeno, che viene trasformato in plasmina, una proteina che degrada il coagulo di fibrina ripristinando alla fine la situazione precedente alla lesione del vaso (restitutio ad integrum); la fibrinolisi, quindi, pur facendo parte del processo emostatico, è però una componente antiemostatica.

Due sono le vie principali che attivano il processo di coagulazione: la via estrinseca e la via intrinseca, queste due vie convergono poi dando origine alla cosiddetta via comune
La cascata della coagulazione
La fase di coagulazione è, come detto, la fase che riveste maggiore importanza a livello del processo di coagulazione sanguigna. Detta fase si caratterizza per il suo particolare funzionamento, detto “a cascata” (si parla appunto di cascata della coagulazione); di fatto, detto un po’ grossolanamente, viene attivata una determinata proteina, l’attivazione di questa porta a trasformare la forma inattiva di una seconda proteina in attiva; la seconda proteina attivata porta all’attivazione di una terza proteina e così via. La successione di questa cascata di eventi è strettamente specifica: la prima proteina attiva la seconda, ma non può attivare la terza; tutto avviene quindi secondo uno schema ben determinato.
L’attivazione avviene in presenza di molecole dette cofattori; una di queste molecole è il Tissue Factor; quest’ultimo svolge un ruolo importante all’interno della cascata della coagulazione, ovvero l’attivazione del fattore VII che, una volta attivato, attiva il fattore X, quest’ultimo attivato, in presenza di calcio e fattore V attivato, consente la trasformazione del fattore II (noto anche come protrombina) in fattore II attivato (noto anche come trombina); è grazie al fattore II attivato che si verifica la trasformazione da fibrinogeno in fibrina (vedasi paragrafo precedente).
Comunemente si distinguono due vie principali che attivano il processo di coagulazione: la via estrinseca e la via intrinseca, queste due vie convergono poi dando origine alla cosiddetta via comune.
La via estrinseca è la via più rapida dal momento che sono minori i fattori coagulativi che ne prendono parte. Essa viene attivata nel momento in cui una lesione vasale produce la liberazione di fosfolipidi e di un complesso di tipo proteico noto come fattore tissutale (anche tromboplastina tissutale); gli altri fattori attivati sono i fattori plasmatici VII, X e V.
La via intrinseca è così denominata perché i fattori che ne fanno parte sono sempre circolanti a livello ematico. La via intrinseca si attiva generalmente quando il sangue viene a contatto con la matrice extracellulare. La formazione di un coagulo attraverso questa via richiede un periodo di tempo di alcuni minuti; essa inizia con l’attivazione del fattore XII (fattore di Hageman) e comprende, oltre al fattore di Hageman e ai fattori che prendono parte alla via estrinseca, anche i fattori XI, IX e VIII.
La via estrinseca porta alla formazione di un coagulo in un tempo molto breve, quantificabile in pochi secondi.
Inibizione della coagulazione
In condizioni normali il meccanismo di coagulazione viene attivato soltanto a livello locale, ovvero dov’è avvenuto il danno vasale, e per il tempo necessario ad arrestare il flusso emorragico; nelle altre sedi dell’organismo il sangue mantiene la sua normale fluidità. Questo controllo spazio-temporale è necessario affinché non si verifichi una coagulazione eccessiva che potrebbe portare a fenomeni trombotici.
Il controllo della coagulazione è deputato a varie sostanze presenti nel flusso sanguigno: sostanze anticoagulanti (le principali sono la proteina C, la proteina S e l’antitrombina III) e la plasmina (vedasi parte finale del paragrafo Il processo di coagulazione del sangue).
Vale qui la pena ricordare che la normale fluidità sanguigna è il risultato del delicato equilibrio fra la tendenza del sangue alla coagulazione e l’attività dei meccanismi anticoagulanti e fibrinolitici che agiscono in controtendenza.
Patologie della coagulazione
Come già accennato nel primo paragrafo, un’anomalia che interessi o le pareti dei vasi o le piastrine o i fattori della coagulazione può provocare un processo patologico.
Le malattie che possono scaturire da un problema a carico di una delle tre citate componenti possono schematicamente essere riassunte nel modo seguente:
- emorragie (causate da alterazioni congenite oppure acquisiti delle pareti vascolari, da piastrinopatie o da piastrinopenie, da deficit congeniti o acquisiti a carico di uno o più fattori coagulativi oppure da un’eccessiva attività del meccanismo fibrinolitico);
- trombosi (causate da alterazioni delle pareti vasali, da deficit congeniti oppure acquisiti degli inibitori naturali della coagulazione, da un incremento notevole e persistente del numero delle piastrine oppure da un deficit del meccanismo fibrinolitico).
Si tratta quindi di situazioni fra loro opposte perché in alcune situazioni il sangue ha difficoltà a coagulare (il tipico esempio è rappresentato dall’emofilia); in altre, invece, la coagulazione avviene anche quando non dovrebbe (come nel caso delle trombosi).
Quando la capacità coagulativa è ridotta, le manifestazioni principali sono rappresentate da ecchimosi, ematomi, epistassi e, più raramente, ematuria ed emorragie gastrointestinali.
Viceversa, nel caso di formazione di coaguli si possono verificare ostruzioni parziali o totali di vasi sanguigni con tutte le conseguenze del caso (ictus, infarto ecc.).
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