La cecità è una condizione caratterizzata dall’assenza del potere visivo; può essere assoluta oppure relativa; è assoluta quando sono totalmente assenti tutti gli elementi che caratterizzano l’atto visivo (senso luminoso, senso cromatico, acuità visiva, percezione spaziale, stereoscopia ecc.), mentre è relativa quando manca almeno uno di tali elementi.
Casi di cecità relativa sono, per esempio, la cecità diurna (nota anche come nictalopia) e quella notturna (anche emeralopia). I soggetti affetti da cecità relativa sono definiti anche ipovedenti.
Un’altra suddivisione importante è quella che distingue la cecità monolaterale (o parziale) da quella bilaterale (o totale); nel primo caso la cecità interessa soltanto un occhio, mentre nel secondo caso il problema è carico di entrambi.
La cecità può essere congenita, può essere causata da gravi patologie dell’apparato visivo oppure essere conseguenza di eventi traumatici.
Si parla infine di cecità sociale per indicare la riduzione visiva che rende inadeguato un soggetto allo svolgimento di determinate attività lavorative; la definizione cambia al variare delle diverse legislazioni; nel nostro Paese si ha cecità sociale quando l’acuità visiva è inferiore a 1/20 ovvero, in termini più pratici, quando il soggetto non è in grado di contare le dita a meno di un metro di distanza; tale condizione non è soltanto legata alla ridotta capacità visiva della persona, ma anche al livello delle sue capacità intellettive.
I numeri e le cause della cecità
I dati più recenti di cui disponiamo relativamente alle dimensioni del fenomeno sono quelli dell’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità); le cifre non sono sicuramente di poco conto; i soggetti affetti da deficit visivi sono infatti 285,3 milioni (i soggetti ipovedenti sono 245,5 milioni, mentre le persone affette da cecità sono 39,8 milioni).
La prima causa di cecità è la cataratta (53%), seguita da glaucoma (9%), degenerazione maculare legata all’età (6%), tracoma (4%), cecità infantile (4%), retinopatia diabetica (2%). Il restante 22% è relativo ad altre patologie oculari.
Per quanto riguarda il nostro Paese, secondo uno studio relativamente recente (Deloitte Access Economics, 2013) vi sono circa 362.000 persone non vedenti e più di un milione di ipovedenti; l’impatto socio-economico è notevole (la spesa sanitaria stimata si aggira sui 2 miliardi di euro). Lo stesso studio riporta anche le cifre relative ai soggetti affetti da cataratta (4.018.527 casi), retinopatia diabetica (419.246 casi), glaucoma (984.223 casi) e degenerazione maculare legata all’età (545.184 casi).
Nei Paesi economicamente più sviluppati è la degenerazione maculare legata all’età (AMD), la prima causa di cecità, seguita dal glaucoma. Nei Paesi economicamente poco sviluppati, invece, le principali cause sono la cataratta e i vizi refrattivi non corretti.
Oltre alle patologie già citate, altre cause sono la trombosi venosa della retina (che può colpire un solo occhio) e il diabete mellito (che colpisce entrambi gli occhi).
Sostanzialmente le cause di cecità possono essere suddivise di due grandi gruppi: patologie e traumi; nel primo gruppo rientrano le malattie che interessano cornea, cristallino, retina (retinopatie) e nervo ottico, mentre nel secondo tutti gli eventi traumatici (corpi estranei che colpiscono l’occhio, forti impatti, raggi del sole non filtrati – cecità fototraumatica – sostanze corrosive ecc.).

I cani guida, noti anche come cani per non vedenti, sono cani impiegati da persone affette da cecità o da persone ipovedenti, e debitamente addestrati per aiutare queste persone a superare gli ostacoli.
La prevenzione
A livello generale, la prevenzione è possibile in molti casi. Numerosissimi casi nel mondo dipendono, infatti, dalle scarse (se non addirittura inesistenti) condizioni igieniche della popolazione.
Il tipico esempio è quello del tracoma, una patologia oculare causata da un microrganismo noto come Chlamydia trachomatis; il tracoma è responsabile del 4% circa dei casi di cecità; tale percentuale potrebbe essere drasticamente ridotta se venissero modificate le condizioni igienico-sanitarie di certe zone e potessero essere applicati i programmi di controllo per questo tipo di patologia oculare che peraltro l’OMS ha predisposto da tempo. Sfortunatamente, invece, il tracoma è una patologia iperendemica in molte zone rurali e povere di Africa, Asia e America Latina (è rara la sua incidenza nei Paesi occidentali).
Per non parlare della cataratta, una patologia di facile risoluzione, ma che in determinate aree rappresenta un’importantissima causa di cecità. La distribuzione di vitamina A, invece, potrebbe prevenire i molti casi di cecità legati alla xeroftalmia.
Altra patologia presente soprattutto nelle zone più povere e responsabile di molti casi di cecità è l’oncocercosi.
Cecità: gli aspetti legali
I riferimenti normativi presenti nella nostra legislazione sono diversi; il più recente è la legge 138/2001 che ha introdotto una nuova classificazione delle disabilità visive; ne consegue la seguente distinzione fra soggetti: ciechi totali, ciechi parziali, ipovedenti gravi, ipovedenti medio-gravi e ipovedenti lievi. La disposizione normativa in questione tiene in considerazione sia l’acutezza che il campo visivi.
In base alla legge 138 (art. 2), sono affetti da cecità totale: a) coloro che sono colpiti da totale mancanza della vista in entrambi gli occhi; b) coloro che hanno la mera percezione dell’ombra e della luce o del moto della mano in entrambi gli occhi o nell’occhio migliore; c) coloro il cui residuo perimetrico binoculare è inferiore al 3%.
L’articolo 3 della suddetta legge definisce come affetti da cecità parziale: a) coloro che hanno un residuo visivo non superiore a 1/20 in entrambi gli occhi o nell’occhio migliore, anche con eventuale correzione; b) coloro il cui residuo perimetrico binoculare è inferiore al 10%.
Il codice Braille
Di norma la mancanza della vista affina gli altri sensi; ciò è una parziale compensazione del senso che è venuto a mancare. Particolarmente sviluppati sono per esempio l’udito e il tatto.
Grazie al notevole sviluppo del tatto, i ciechi sono in grado di imparare con relativa semplicità il Braille, il codice di lettura e scrittura più utilizzato dalle persone affette da cecità. Il codice prende il nome dal suo inventore, Louis Braille, che lo ideò nel 1829.
Di fatto si tratta di un sistema di scrittura che si basa su sei punti in rilievo; grazie a esso si ha la possibilità di rappresentare le lettere dell’alfabeto, le lettere accentate, i numeri, i simboli matematici, la punteggiatura e i segni musicali.
I caratteri del codice Braille si basano su una cella che è formata da sei punti che vengono disposti in due colonne e tre righe.
La numerazione parte dall’1 e arriva al 6, partendo dall’alto nella colonna di sinistra troviamo in punti 1, 2 e 3, mentre nell’altra colonna, sempre partendo dall’alto, vi sono i numeri dal 4 al 6. Le dimensioni della cella sono standard (7×4 mm); tale dimensione è ritenuta ideale in quanto consente sia di percepire l’intera superficie della cella sia, allo stesso tempo, di distinguere senza problemi i singoli punti.
I sei punti consentono di ottenere 64 diverse combinazioni; queste non sono sufficienti a rappresentare tutti i caratteri e, per porre rimedio a questa limitazione, si utilizzano gruppi di carattere Braille per rappresentare quei simboli grafici che non possono corrispondere a un singolo carattere del codice in questione.
Rispetto alla scrittura ordinaria, quella Braille richiede spazi maggiori e si è quindi pensato di introdurre un codice alternativo (detto Braille di grado 2) che prevede l’utilizzo di un solo simbolo per rappresentare determinati gruppi di lettere o, addirittura, intere parole.

I cani guida, noti anche come cani per non vedenti, sono cani impiegati da persone affette da cecità o da persone ipovedenti, e debitamente addestrati per aiutare queste persone a superare gli ostacoli.
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