Nella sezione Aritmetica abbiamo definito il radicale (radice) di un numero (intero, razionale ecc.). In algebra, i radicali possono essere parti di espressioni algebriche e quindi è importante comprendere come si gestiscono le operazioni che li contengono. Ricordiamo che si definisce radice ennesima di un numero a quel numero b che elevato a potenza n dà a; l’indice del radicale è n mentre a è il radicando. Per maggiore chiarezza gli esempi che faremo sono per lo più numerici, ma in algebra il radicando può essere letterale come nell’espressione del tipo
3√a+3√a2.
Equivalenza – Due radicali si dicono equivalenti se, moltiplicando o dividendo sia l’indice di radice che l’esponente del radicando per uno stesso numero, si trasformano l’uno nell’altro. Così 4√252 è equivalente a 2√25 perché si passa dal primo al secondo dividendo indice ed esponente per 2.
Somma e differenza – Si può solo sommare (sottrarre) termini con radicali uguali (con procedimento simile a quello della somma di monomi). Per cui
3 3√8 + 4 3√4+ 5 3√8 fa 8 3√8+ 4 3√4.
Prodotto – Se i radicandi hanno lo stesso indice, si moltiplicano fra loro i coefficienti e fra loro i radicandi mentre l’indice resta invariato:
3 3√7 . 5 3√9=15 3√63.
Se gli indici sono diversi, occorre prima trasformarli nello stesso indice utilizzando il minimo comune multiplo degli indici. Per esempio, 3√13 e 4√18, poiché 3 e 4 hanno come minimo comune multiplo 12, diventano 12√134 e 12√183.
Quoziente – Funziona come il prodotto, con la necessità di trasformare i radicali nello stesso indice se hanno originariamente indice diverso.
Elevamento a potenza – Si eleva a potenza il radicando. Per esempio:
(5√2)3=5√8.
Estrazione dalla radice – In algebra è un’operazione molto utile e serve per semplificare le espressioni. Si consideri, per esempio, che il risultato di un’operazione sia 4√147. Come si vede, l’esponente del radicando è superiore alla radice. Si fa la divisione fra l’esponente e l’indice. Il resto della divisione è il nuovo esponente, mentre il risultato della divisione viene “portato fuori”. Poiché 7/4 fa 1 con il resto di 3, avremo: 14·4√143 dove il coefficiente 14 deve intendersi elevato a 1 (che quindi viene omesso) perché 1 era il risultato della divisione fra 7 e 4.

La parola “algebra” deriva da un termine arabo usato per la prima volta nell’830 dal matematico persiano medievale Khwarizmi (dal suo nome deriva anche il termine algoritmo)
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