Logica deriva dal greco logos, parola, e può essere definita genericamente come studio del pensiero, del linguaggio. Inizialmente rientrava nel campo d’azione della filosofia, ma successivamente è stata oggetto di studio anche da parte della matematica e dell’informatica.
La storia della logica scorre parallelamente alla sua diversificazione in varie branche, le più importanti delle quali sono:
- logica classica; studia il pensare a prescindere dai contenuti delle singole proposizioni (come estensione, nelle logiche polivalenti sono presenti più valori di verità rispetto ai tradizionali vero/falso);
- logica dialettica; studia il pensare in relazione ai contenuti;
- logica matematica (formale); è la logica applicata alla matematica.
Per la logica classica è, per esempio, del tutto corretto dedurre dalle prime due proposizioni la terza:
- Tutti i cavalli sono uccelli.
- Fulmine è un cavallo.
- Quindi Fulmine è un uccello.
La logica classica studia cioè i nessi inferenziali, i collegamenti fra i vari oggetti del pensiero.
Da un punto di vista culturale, la logica quotidiana è più vicina alla logica dialettica che a quella classica o a quella matematica per il semplice fatto che al comune mortale non interessa prescindere dai contenuti.
Logica matematica
Verificata la profonda differenza fra una logica pratica e una logica del tutto formale, è comunque utile conoscere le basi della logica matematica perché sono comunque comuni al linguaggio quotidiano.
La logica matematica inizia il suo cammino studiando le proposizioni, cioè affermazioni a cui è possibile associare un valore di verità o di falsità.
Convenzionalmente, possiamo indicare le proposizioni con lettere minuscole e i valori di verità rispettivamente con v e f.
Da un punto di vista pratico, le opinioni che esprimiamo quotidianamente non sono proposizioni, anche se spesso si ha l’arroganza di volerle “dimostrare” oppure ritenerle a priori “vere” o false”.
Secondo la logica classica, anche un’affermazione del tipo “Firenze è lontana da Roma” non è una proposizione perché a essa non è assegnabile un valore di verità (che si intende per lontana?)
Una proposizione è, per esempio, “Maria ha due occhi” (vera); oppure “Carlo ha tre gambe” (falsa).
Una proposizione si dirà complessa se può essere scissa in proposizioni semplici; per esempio, “Mario andrà in ferie e farà il giro del mondo” è composta dalle due proposizioni semplici ognuna delle quali può essere vera o falsa.
La logica parte da tre principi:
- Principio di identità – Indica l’eguaglianza di un oggetto rispetto a sé stesso.
- Principio di non contraddizione – Afferma che la stessa proposizione non può essere contemporaneamente vera e falsa.
- Principio del terzo escluso – Afferma che a ogni proposizione si può associare solamente il valore vero oppure falso e non esiste una terza possibilità (tertium non datur).
Il linguaggio comune
Purtroppo la logica matematica non è in grado di arrivare alla verità. Per esempio, il sillogismo Tutte le albicocche sono arancioni; io sono arancione, io sono un’albicocca dimostra che il sillogismo è uno strumento necessario, ma non sufficiente.
In particolare la logica matematica si scontra con paradossi logici che ne evidenziano il limite.
Per esempio, si sono spesi fiumi di inchiostro per discutere su paradossi come quello del mentitore o su antinomie come quella di Russell (i termini paradosso e antinomia vengono usati spesso impropriamente; in linea di principio, il paradosso è una conclusione logica non contraddittoria che si oppone al senso comune, l’antinomia è una contraddizione).
Paradosso 1 (paradosso del mentitore) – Questo enunciato è falso. Se l’enunciato fosse vero allora sarebbe falso e se fosse falso sarebbe vero!
Paradosso 2 (paradosso degli insiemi o antinomia di Russell) – Esistono insiemi (cataloghi delle sezioni di una biblioteca, in una versione più concreta del paradosso) che contengono sé stessi (R) e insiemi (cataloghi) che non contengono sé stessi (NR). Consideriamo l’insieme di tutti gli insiemi NR (catalogo di tutti i cataloghi NR): sia M. Se M è un insieme NR, esso appartiene a M per la stessa definizione di M e allora è un insieme R per la definizione di insieme R. Se viceversa M è un insieme R allora, per la definizione di M, esso non appartiene a M, ossia non appartiene a sé stesso, ossia è un insieme NR. In entrambi i casi si cade in contraddizione.
Da un punto di vista pratico, i due paradossi si basano su proposizioni “non esprimibili”, cioè del tutto inutili a priori perché di fatto non hanno un significato, ma sono solo il trionfo della parte grammaticale sulla dimensione semantica.
Proposizioni nel linguaggio naturale
I linguaggi naturali hanno una complessità tale che nessun linguaggio simbolico e la logica a esso correlata sono riusciti finora a descrivere. Certo è che anche nel linguaggio naturale è possibile definire concetti che appartengono alla logica classica.
Per esempio, usualmente definiremo “proposizione” ogni complesso linguistico meritevole di indagine (non aristotelicamente meritevole di indagine di verità/falsità).
Una proposizione ha due dimensioni, una semantica (semantica come disciplina che studia il significato delle frasi e dei testi) e una grammaticale (grammatica come insieme di regole fonetiche, ortografiche, morfologiche, lessicali e sintattiche della lingua).
Per esempio, la proposizione:
l’anatra petrolifera dipingerà bontà dorate
non ha nessun senso comune, ma grammaticalmente, in italiano, è corretta. Viceversa:
a me mi piacere le mele
è grammaticalmente orribile in italiano, ma è compresa da tutti.
Nella vita di tutti i giorni
una proposizione deve essere esprimibile, deve cioè possedere una chiara dimensione semantica.
Condizione necessaria, sufficiente e facilitante
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