La maggior parte dei nomi ha una forma per il singolare e una forma per il plurale, distinte dalla desinenza.
Le tre classi
La situazione è piuttosto complessa, ma si possono distinguere tre classi fondamentali:
- prima classe – i nomi che al singolare terminano in -a formano il plurale in -i se sono maschili, in -e se sono femminili (teorema, teoremi; sera, sere);
- seconda classe – i nomi maschili e femminili che al singolare terminano in -o formano il plurale in i (caso, casi; mano, mani);
- terza classe – i nomi maschili e femminili che al singolare terminano in -e formano il plurale in i (sale, sali; croce, croci).
A prescindere da come terminano, non tutti i nomi sono riconducibili a queste tre classi e all’interno delle prime due classi esistono eccezioni.
Eccezioni della prima classe
I nomi in -ca e -ga hanno il plurale maschile in -chi e -ghi (monarca/monarchi, collega/colleghi) e quello femminile in -che e -ghe (barca/barche, collega/colleghe).
Infine (regola di Gabrielli) i nomi in -cìa e -gìa (sulla i cade l’accento), tutti femminili, hanno il plurale in -cìe e -gìe (farmacia/farmacie, bugia/bugie) mentre per quelli in -cia e -gia (sulla i non cade l’accento), anch’essi tutti femminili:
- quando -cia e -gia sono preceduti da una vocale il plurale sarà -cie, -gie (ciliegia/ciliegie);
- quando -cia e -gia sono preceduti da una consonante si scriverà -ce, -ge (traccia/tracce).
Sono accettate con riserva forme ormai in disuso come provincie, ciliege ecc. Si devono attribuire o a ignoranza linguistica o a vecchie consuetudini (per esempio all’interno della prima versione della Costituzione Italiana viene utilizzato il plurale provincie).
La questione è meramente ortografica: al plurale, infatti, la i non viene pronunciata (come nel singolare) e non serve nemmeno a indicare la corretta pronuncia della c e della g (come invece accade nel singolare); dunque potrebbe essere eliminata sempre. E questo accade, in una situazione analoga, con i nomi che terminano con la sillaba –scia non accentata (conscia/consce, coscia/cosce, fascia/fasce). Invece, nel caso in cui la i del gruppo -scia sia accentata, al plurale si conserva sempre: scìa/scìe).
Eccezioni della seconda classe
Quando un nome con desinenza plurale -i si confonde con un altro è necessario distinguerlo con l’accento (princìpi/prìncipi) oppure, quando ciò non è possibile, usare il plurale in -ii (assassinii/assassini).
I nomi in -cio, -gio e -glio hanno il plurale rispettivamente in -ci, -gi e -gli (micio/mici, rifugio/rifugi, figlio/figli), mentre quelli in -co e -go possono averlo in -chi e -ghi (fico/fichi, fungo/funghi) oppure -ci e -gi (medico/medici, asparago/asparagi), senza una regola assoluta.
Casi particolari:
- il dio/gli dei
- il riso/le risa
- il tempio/i templi.
Plurali anomali
I nomi invariabili sono quelli che hanno la forma del plurale identica a quella del singolare; si distinguono:
- tutti i monosillabi (il re/i re, la gru/le gru);
- tutti i polisillabi tronchi (il bignè/i bignè, la virtù/le virtù);
- i nomi femminili in -ie (la carie/le carie, la specie/le specie);
- i nomi accorciati (la bici/le bici);
- molti nomi maschili in -a (il gorilla/i gorilla, il puma/i puma, il vaglia/i vaglia);
- molti nomi di origine straniera (il film/i film, lo sport/gli sport).
Alcuni nomi maschili in -o hanno un doppio plurale, maschile in -i e un plurale femminile in -a (il ginocchio/i ginocchi/le ginocchia), ma non c’è differenza di significato tra le due forme del plurale.
In altri casi invece al doppio plurale corrisponde un doppio significato:
- il braccio/i bracci (i bracci del lampadario, della croce)/le braccia (le braccia dell’uomo);
- il ciglio/i cigli (i cigli delle strade)/le ciglia (le ciglia dell’occhio);
- il membro/i membri (i membri di un’associazione)/le membra (le membra del corpo umano).
Alcuni nomi hanno due forme per il singolare e due forme per il plurale, senza che ci sia differenza di significato tra esse (l’orecchio/l’orecchia, gli orecchi/le orecchie). In altri casi invece c’è differenza di significato, per esempio:
- il legno/i legni: il legno in quanto materiale oppure oggetto, pezzo di legno;
- la legna/le legna: pezzi di legno da ardere.
I nomi che designano una cosa unica in natura (l’equatore) o i nomi collettivi singolari, che indicano più cose (fogliame), non possono avere il plurale (nomi difettivi). Allo stesso modo, i nomi che designano una cosa fatta di due elementi (i pantaloni) o i nomi collettivi plurali (le masserizie) non possono avere il singolare (esistono comunque distinguo ed eccezioni; si consulti a tale proposito la scheda sui nomi difettivi).

Alcuni nomi maschili in -o hanno un doppio plurale, maschile in -i e uno femminile in -a (il ginocchio/i ginocchi/le ginocchia)
Il plurale dei nomi composti
Per i nomi composti le regole sono le stesse degli altri nomi (il passaporto/i passaporti), ma ci sono alcuni casi che si differenziano:
- i nomi di formazione recente restano tendenzialmente invariati (l’antifurto/gli antifurto);
- i nomi composti maschili che hanno come secondo elemento un nome femminile restano invariati (il salvagente/i salvagente);
- nei nomi composti formati dalla sequenza nome+aggettivo si volgono al plurale entrambi gli elementi (la roccaforte/le roccheforti, il pellerossa/i pellirosse);
- i nomi formati da verbo+verbo non cambiano (il dormiveglia/i dormiveglia).
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