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Italiano: gli errori più comuni

Scrivere o parlare bene è un’arte, ma evitare erroracci è il livello minimo per non essere considerati ignoranti. Vediamo pertanto gli errori più comuni nella gestione della nostra lingua.

Cominciamo con l’apostrofo dell’articolo indeterminativo. Un vuole l’apostrofo se la parola che segue è femminile. Quindi un animale, senza apostrofo, ma un’eco lontana con l’apostrofo perché eco è qui usata al femminile (e infatti al singolare si usa raramente al maschile, mentre al plurale è solo maschile: echi).

Gli accenti di monosillabi sono un vero tormento. Una regola empirica ci dice che verbi e avverbi si accentano solo se si possono confondere con preposizioni, articoli, particelle pronominali (sigle, note musicali o simboli chimici non contano). Per esempio, Luigi dà un libro a Maria, il dà vuole l’accento perché la voce del verbo dare si potrebbe confondere con la preposizione da. Invece in io sto, lui fa, Mario va, i verbi non hanno accento perché le voci verbali non possono essere confuse con nulla.

Analogamente gli avverbi qui e qua non hanno accento, mentre lì e là ce l’hanno perché potrebbero essere confusi con il pronome li o l’articolo la.

Anche sì come affermazione ha l’accento perché potrebbe essere confuso con il pronome si.

Per la regola degli accenti, se il se non è ipotetico, va con l’accento, anche se in sé stesso; quindi fare da sé, ma se io fossi un re.

I più attenti hanno notato che sé è scritto con l’accento acuto. Da ricordare: né, sé, i composti di che (perché, affinché ecc.), i composti di tre (ventitré), il passato remoto di alcuni verbi (poté, batté ecc.) sono i casi più comuni in cui la e accentata è corretto scriverla e pronunciarla chiusa.

Errore diffusissimo è l’uso dell’apostrofo dopo il troncamento di quale. Qual è, si scrive senza apostrofo: “Qual è il film che preferisci?”.

Confusione anche per l’elisione di poco. In un po’ di pane, po’ si scrive con l’apostrofo, non con l’accento!

Passando a qualcosa di più complesso, ricordiamo l’errore comunissimo di usare il condizionale dopo il se ipotetico. Non si dice se potrei volare, ma se potessi volare. Si deve usare il congiuntivo!

Ormai anche giornali e televisioni non rispettano più la regola di usare ed e ad solo quando la vocale che segue è la stessa. Si dice ed eventualmente, ma non si mette la d nella frase io e Alberto andiamo al mare.

Grande confusione anche sull’uso della c o della q in alcune parole. Queste parole si scrivono con la c: evacuare, proficuo, scuotere, riscuotere, promiscuo, scuola, innocuo.

I plurali dei nomi che terminano in cia e gia. Se l’accento cade sulla i, il plurale è sempre in -cie, -gie. Se non vi cade ecco la regola: se prima di -cia e -gia c’è una vocale (camicia, ciliegia ecc.), il loro plurale sarà in -cie e -gie: valigia -> valigie. Se prima di -cia e -gia c’è una consonante il plurale sarà in ce e ge (facce, trecce, frecce).

Classico l’errore delle ripetizioni; per esempio, non si dice a me mi piace, ma a me piace; non si dice ma però perché è inutile usarli insieme.

Molti raddoppiano erroneamente la z nelle parole che terminano in zione, per esempio azione o interrogazione. La z non si raddoppia.

È sintomo di buona competenza linguistica non usare “a gratis”, ma semplicemente gratis.

 

Indice materie – Lingua italiana – Italiano: gli errori più comuni

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