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Apostrofo

L’apostrofo è un segno utilizzato nella lingua italiana per indicare la caduta di una o più lettere di una parola; spesso è considerato erroneamente fra i segni d’interpunzione. Normalmente ha due varianti: apostrofo tipografico (‘, detto curvo) e quello dattilografico (‘, detto diritto). Al pari dell’accento, l’apostrofo è uno di quegli elementi che può ingenerare dubbi ed essere causa di errori di ortografia. L’utilizzo dell’apostrofo è in alcuni casi facoltativo, mentre in altri è obbligatorio.

Quando si mette l’apostrofo? – L’elisione

Il principale utilizzo dell’apostrofo è l’elisione; con questo termine si indica la soppressione di una vocale non accentata alla fine di una parola davanti alla vocale iniziale di una successiva parola. L’elisione è più frequente nell’italiano parlato che in quello scritto.

Articoli – Generalmente, davanti a un termine che inizia con una vocale, si elidono gli articoli determinativi la e lo. Alcuni esempi: l’amica (la amica), l’amico (lo amico), l’inizio (lo inizio). C’è però da fare una piccola distinzione; nel caso dell’articolo determinativo lo precedente un termine che inizia con vocale, l’elisione è obbligatoria; nel caso dell’articolo determinativo la precedente un termine che inizia con vocale, l’elisione è facoltativa (per quanto comune e generalmente consigliabile allo scopo di evitare cacofonie).

L’utilizzo dell’apostrofo è invece lecito, ma da evitare quando si utilizzano gli articoli plurali gli (davanti a un termine che inizia con la i, per esempio gl’indigeni) e le (davanti a un termine che inizia con una vocale, per esempio l’ortiche); alcuni grammatici si spingono più in là dicendo che in questi casi l’utilizzo dell’apostrofo non è semplicemente da evitare, ma è addirittura scorretto.

Per quanto riguarda gli articoli indeterminativi (che, ricordiamo, hanno tre varianti: un, uno, e una), l’apostrofo va utilizzato quando l’articolo determinativo femminile (una) precede una parola che inizia con una vocale: un’immagine, un’icona, un’altana, un’elefantessa ecc. È un grave errore scrivere un immagine o un estate; scrivere un insegnante è sbagliato qualora la docente si chiami Maria, ma non lo è se il suo nome è Paolo; è altresì un grave errore scrivere un’altro oppure un’apostrofo.

Nel caso in cui gli articoli indeterminativi facciano parte di aggettivi o pronomi composti, si seguono le regole indicate precedentemente, quindi si scriverà qualcun altro, nessun altro, qualcun’altra e nessun’altra.

Preposizioni articolate e aggettivi e pronomi dimostrativi – Passiamo adesso alle preposizioni articolate e agli aggettivi e ai pronomi dimostrativi; per questi elementi, valgono sostanzialmente le stesse regole che valgono per gli articoli determinativi.

Nel caso delle proposizioni articolate vi è obbligatorietà di apostrofo quando esse sono formate con lo (all’unisono, dell’orto, nell’attimo, sull’armadio); l’utilizzo dell’apostrofo è quasi sempre necessario anche nel caso di preposizioni articolate formate con la (all’utenza, dell’automobile, nell’autorimessa, sull’amaca); di fatto (valgono le regole relative a gli e le citate in precedenza) l’apostrofo non si utilizza nel caso di preposizioni articolate formate con gli e le.

Per quanto concerne i dimostrativi, questo e quello richiedono l’apostrofo davanti alle parole che iniziano per vocale (quest’anno, quell’imbecille), mentre nel caso di questa e quella l’uso dell’apostrofo è facoltativo (quest’estate, questa estate; quell’amica, quella amica).

Preposizioni semplici – È il momento di parlare della preposizione semplice da; di norma (ma non sempre!) questa preposizione non si elide al fine di evitare confusione con un’altra preposizione semplice ovvero di (d’altro canto); si scriverà quindi memoria da elefante, non memoria d’elefante, mosso da amore materno e non mosso d’amore materno (corretto però scrivere segno d’amore materno). Esistono però alcune eccezioni; è per esempio il caso di d’ora in poi, d’altronde, d’altra parte.

Pronomi personali – L’apostrofo si può (non si deve) utilizzare anche con i pronomi personali atoni ovvero la, lo, ci, mi, ne, si, ti, ve (non s’azzarda, l’ho detto, t’accompagno, s’illude ecc.).

Attenzione: i pronomi le e li non vogliono l’apostrofo (si scrive le accadrà e non l’accadrà; si scrive li ascolterà e non l’ascolterà che significa, invece, lo ascolterà)

Aggettivi numerali – Altri casi di elisione facoltativi sono quelli relativi agli aggettivi numerali per esempio sessant’anni.

Altri casi – Altri dubbi relativi all’apostrofo possono venire dalla lettera c seguita dalle forme verbali che iniziano con h (quelle relative al verbo avere, ovvero ho, ha, hai e hanno); in questi casi non si può utilizzare l’apostrofo; non si può quindi scrivere c’ha detto invece di ci ha detto.

Si può effettuare l’elisione nel caso della particella pronominale ci seguita da verbi che cominciano con le lettere e oppure i come nel caso, per esempio, di c’insegna o c’intriga, ma si può comunque scrivere ci insegna o ci intriga. La consuetudine ha praticamente reso obbligatorio l’uso dell’apostrofo nel caso delle terze persone del verbo essere: c’è, c’era, c’erano.

Altri casi in cui si utilizza l’apostrofo è quello degli aggettivi bello (bella) e santo (santa): bell’amico, cattedrale di Sant’Antonio.

Una menzione va pure alla congiunzione anche quando precede i pronomi personali io, egli, ella, esso, essa, essi, esse: anch’io, anch’egli, anch’essi ecc.

Attenzione: i termini finora, sinora e tuttora non devono essere apostrofati (non si può scrivere fin’ora, ma è tollerata, seppure si consigli di evitarla, la forma fin ora); tutt’ora è invece una forma antiquata che dovrebbe essere evitata, ma è stata normale nell’italiano antico e fino all’Ottocento.

apostrofo

L’apostrofo è uno di quegli elementi della scrittura che può ingenerare dubbi ed essere causa di errori di ortografia

Il troncamento

Se l’elisione può creare confusione, il troncamento (anche apocope) è materia ancor più complessa; il troncamento consiste nel sopprimere l’ultima vocale atona, ovvero non accentata (e talvolta l’ultima sillaba atona) di una parola. Di norma il troncamento non vuole l’apostrofo; ci sono però delle eccezioni che vedremo più avanti.

Esempi di troncamento sono mar (mare), tal (tale), san (santo), gran (grande), fra (frate), qual (quale) suor (suora) e via discorrendo; il troncamento è relativo alla parola in sé stessa e, a differenza di quanto accade con l’elisione, non lega una parola con quella successiva, tant’è che spesso il troncamento viene effettuato davanti a un altro termine che inizia con una consonante e non con una vocale: amor mio, amor paterno, san Giustino, mar Mediterraneo ecc. In questi casi è piuttosto semplice riconoscere il troncamento senza confonderlo con l’operazione di elisione perché quest’ultima non è possibile quando la parola successiva inizia con una consonante. Ma ci sono termini troncati che possono indurre facilmente in errore; si pensi a parole quali buon, tal, qual seguiti da termini che iniziano per vocale; domandone: c’è troncamento (e quindi niente apostrofo) o elisione (e quindi occorre l’apostrofo)? Come fare per capirlo? Presto detto: qualora una parola privata della vocale finale davanti a un termine che inizia per vocale possa avere in questa forma “vita autonoma” anche davanti a una parola che inizia per consonante, allora siamo di fronte a un troncamento. Tipico esempio: si deve scrivere fin allora e non si può scrivere fin’allora perché il termine fin si può mettere anche davanti a tanto (fin tanto), parola che inizia per consonante. Davanti a sostantivi o ad aggettivi, il raffronto deve essere fatto tra parole dello stesso genere ovvero maschili o femminili; va bene nessun estremismo perché si può dire nessun libro, va bene nessun’altra (con l’apostrofo) perché non si può dire nessun tartaruga, va bene trentun isole perché si può dire trentun lampade e così via.

Insomma, basta fare un po’ di attenzione per evitare grossolani errori.

Eccezioni – Passiamo adesso alle eccezioni; esistono infatti troncamenti che richiedono l’utilizzo dell’apostrofo; è il caso degli imperativi di alcuni verbi: andare, dare, dire, fare e stare ovvero va’ (vai), da’ (dai), di’ (dici), fa’ (fai) e sta’ (stai).

Altri esempi di troncamento che richiedono sono l’apostrofo sono le abbreviazioni di bene, modo e poco (va be’; a mo’ d’esempio; un po’ di comprensione).

Apostrofo: qual è o qual’è?

Si scrive “qual è” oppure “qual’è”? Questione annosa al pari di sé stessi e se stessi (vedi nostro articolo Accento).

La forma corretta è qual è; qui siamo di fronte a troncamento e non a elisione; è vero che la grafia qual’è è presente anche in testi letterari relativamente recenti, ma la grafia corretta è quella senza l’apostrofo.

Attenzione: anche qual era si deve scrivere senza apostrofo, ma è corretta la grafia qual’erano (c’è elisione di quali).

Apostrofo e date

L’apostrofo viene utilizzato anche per indicare l’eliminazione di una o più cifre nell’indicazione di una data: nel ’45, il ‘700; ci si ricordi di non mettere l’apostrofo davanti alla seconda cifra delle date che sono unite dal trattino: la guerra del ’15-18 (non la guerra del ’15-’18). È poi opportuno evitare l’utilizzo del doppio apostrofo; si deve scrivere cioè l’800 e non l”800 (meglio ancora, tagliando la testa al toro, l’Ottocento).

 E quando si va a capo?

Chi ha fatto le scuole elementari molti anni fa ricorderà che gli/le insegnanti vietavano l’utilizzo dell’apostrofo quando si arrivava alla fine del rigo; per esempio, nel caso dell’espressione dell’annata, si doveva scrivere del- e poi, a capo, l’annata oppure, della e poi, a capo, annata; la seconda soluzione era veramente una bruttura (della annata, dello uomo, una aquila ecc.), un rimedio decisamente peggiore del male, ma scrivendo a mano si trovava sempre una soluzione, pasticciata o no che fosse (peraltro oggi sarebbero pochi gli insegnanti che non tollererebbero un dell’ con il termine seguente messo a capo); i veri problemi arrivarono con l’introduzione delle macchine da scrivere in quanto ci si poteva trovare ad aver scritto dell’ e non aver più spazio per iniziare la parola successiva; adesso il problema non esiste più perché le macchine da scrivere non vengono praticamente più utilizzate e qualsiasi programma di videoscrittura, pur vetusto che sia, “giustifica” le righe in modo da far sì che la riga non termini mai con un apostrofo.

 

Indice materie – Lingua italiana – Apostrofo

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