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Trieste (Saba)

Trieste è un componimento poetico di Umberto Saba che fu pubblicato per la prima volta nel 1912 nella seconda raccolta del poeta, Coi miei occhi, che poi divenne la sezione Trieste e una donna all’interno del Canzoniere. In questa poesia la città di Trieste, da sempre crocevia di culture, lingue, etnie differenti, viene personificata e il poeta, attraversandola, impara a conoscerne gli aspetti “fisici” e “caratteriali”. Trieste, così viva, riesce comunque a essere un luogo ideale anche per chi, come il poeta, ricerca un «cantuccio» in cui vivere la propria solitudine. Si tratta di tre strofe di sette, quindici e tre versi con numerose rime baciate (si parla di rima baciata quando un verso rima con il successivo).

In questa pagina…

  • Testo
  • Parafrasi
  • Analisi
  • Figure retoriche
Trieste - Saba - Analisi - Parafrasi

In questa poesia la città di Trieste, da sempre crocevia di culture, lingue, etnie differenti, viene personificata e Saba, attraversandola, impara a conoscerne gli aspetti “fisici” e “caratteriali”

Testo

  • Ho attraversata tutta la città.
  • Poi ho salita un’erta,
  • popolosa in principio, in là deserta,
  • chiusa da un muricciolo:
  • un cantuccio in cui solo 5
  • siedo; e mi pare che dove esso termina
  • termini la città.
  • Trieste ha una scontrosa
  • grazia. Se piace,
  • è come un ragazzaccio aspro e vorace, 10
  • con gli occhi azzurri e mani troppo grandi
  • per regalare un fiore;
  • come un amore
  • con gelosia.
  • Da quest’erta ogni chiesa, ogni sua via 15
  • scopro, se mena all’ingombrata spiaggia,
  • o alla collina cui, sulla sassosa
  • cima, una casa, l’ultima, s’aggrappa.
  • Intorno
  • circola ad ogni cosa 20
  • un’aria strana, un’aria tormentosa,
  • l’aria natia.
  • La mia città che in ogni parte è viva,
  • ha il cantuccio a me fatto, alla mia vita
  • pensosa e schiva. 25

Trieste (Saba) – Parafrasi

  • Ho attraversato tutta la città.
  • Poi ho preso una strada in salita,
  • all’inizio piena di gente, poi più avanti deserta,
  • delimitata da un piccolo muro:
  • un angolo in cui siedo
  • da solo; e mi pare che dove questo piccolo spazio finisce
  • finisca anche la città.
  • Trieste ha una grazia
  • non esibita. Se piace,
  • è come un ragazzo scontroso e avido,
  • con gli occhi azzurri e con mani troppo grandi
  • per regalare un fiore;
  • è come un amore
  • geloso.
  • Da questa salita scopro ogni chiesa,
  • e se ogni via della città conduca alla spiaggia affollata
  • o alla collina sulla cui cima sassosa
  • si trova, quasi come se vi fosse aggrappata, una casa, l’ultima.
  • Intorno
  • a ogni cosa circola
  • un’aria strana, un’aria densa di tormento,
  • l’aria del luogo in cui si nasce.
  • La città che è viva in ogni sua parte
  • possiede anche un angolo adatto a me, alla mia vita
  • riflessiva e solitaria.

Trieste (Saba) – Analisi

Questo componimento esprime il sentimento e il legame, anche contraddittorio, di Saba nei confronti di Trieste, la città («la mia città», v. 23) in cui è nato («Intorno / circola ad ogni cosa…l’aria natia», vv. 19-22) e in cui vive. In questa città, «che in ogni parte è viva» (v. 23), il poeta riesce a trovare, dopo aver «salita un’erta» (v. 2) e quindi da un’altura, che gli offre una vista privilegiata, un «cantuccio» in cui può confrontarsi con la propria solitudine.

Nel raccontare Trieste, allo stesso tempo «popolosa» e «deserta» (v. 3), Saba le attribuisce caratteri umani (possiede un’ossimorica «scontrosa / grazia», assomiglia a un «ragazzaccio aspro e vorace» che goffamente non riesce, con le sue «mani troppo grandi» a «regalare un fiore», è come un innamorato geloso). Ai vv. 12-13 Saba utilizza la rima «fiore / amore», che nel compimento Amai celebrerà come «la più antica difficile del mondo», segno di una poesia che, attraverso un linguaggio semplice, può esprimere significati profondi.

Trieste – Figure retoriche

Oltre alla personificazione relativa alla città, le figure retoriche più rilevanti sono i numerosi enjambement (si vedano i vv. 5-6; 8-9; 11-12; 15-16), il chiasmo al v. 3 («popolosa in principio, in là deserta»), il poliptoto dei vv. 6-7 (termina / termini), l’ossimoro  dei vv. 8-9 («scontrosa / grazia»), la similitudine al v. 10 («come un ragazzaccio») e al v. 13 («come un amore»), l’anastrofe ai vv. 15-16 («Da quest’erta ogni chiesa, ogni sua via / scopro»), l’iperbato ai vv. 19-20 («Intorno / circola ad ogni cosa»), la ripetizione ai vv. 21-22 («un’aria…un’aria…l’aria») e l’ipallage ai vv. 24-25 («alla mia vita / pensosa e schiva»).

 

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