Traversando la Maremma toscana è un sonetto scritto da Giosuè Carducci nell’aprile del 1885 (anche se la prima pubblicazione avverrà solo nel 1887); è una delle sue opere più note e apprezzate e fa parte delle Rime nuove; Carducci lo scrisse, come da lui specificato, per ricordare la “mattinata che passai per la Maremma”. Altra celebre poesia dedicata all’amata terra maremmana è la celeberrima Davanti San Guido. Dal punto di vista metrico si tratta di un sonetto in due quartine e due terzine, con rime che seguono lo schema ABAB ABAB CDC DCD.
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Il Viale dei Cipressi a Bolgheri, nella Maremma toscana
Traversando la Maremma toscana – Testo
Di seguito il testo del sonetto:
- Dolce paese, onde portai conforme
- l’abito fiero e lo sdegnoso canto
- e il petto ov’odio e amor mai non s’addorme,
- pur ti riveggo, e il cor mi balza in tanto. 4
- Ben riconosco in te le usate forme
- con gli occhi incerti tra ’l sorriso e il pianto,
- e in quelle seguo de’ miei sogni l’orme
- erranti dietro il giovenile incanto. 8
- Oh, quel che amai, quel che sognai, fu in vano;
- e sempre corsi, e mai non giunsi il fine;
- e dimani cadrò. Ma di lontano 11
- pace dicono al cuor le tue colline
- con le nebbie sfumanti e il verde piano
- ridente ne le pioggie mattutine. 14
Traversando la Maremma toscana – Parafrasi
- Dolce paese, da cui ho tratto lo stesso
- carattere orgoglioso e una poesia che rifiuta le meschinità
- e un cuore dove sia l’odio che l’amore non sono mai sopiti
- finalmente ti vedo di nuovo e il mio cuore sobbalza nel petto per la grande emozione.
- Riconosco perfettamente l’aspetto familiare del paesaggio
- e i miei occhi passano dal sorriso alla commozione
- e in quelle immagini cerco il ricordo dei miei sogni di allora
- che inseguivano le illusioni della giovinezza.
- Oh, tutto ciò che ho amato e sognato è stato inutile
- per tutta la vita ho corso, e mai ho raggiunto la meta
- e domani morirò, ma, guardandole da lontano
- Le tue colline portano la pace a questo cuore
- con le nebbie che vanno sfumando e la pianura verdeggiante
- gradevole nelle piogge del mattino.
Traversando la Maremma toscana – Analisi
Traversando la Maremma toscana è il ricordo di un viaggio da Livorno a Roma compiuto dal Carducci nella primavera del 1885; il passaggio dai luoghi dove il poeta ha vissuto gli anni felici della propria infanzia scatena in lui grandi emozioni, probabilmente anche per lo stato di salute in quel momento piuttosto precario; Carducci aveva infatti avuto un problema cardiaco che lo aveva molto preoccupato (a un amico scriverà “la morte mi ha tirato la prima scampanellata”); la paura della morte affiora chiaramente nel verso 11 (“e dimani cadrò…”).
Nella prima quartina il poeta rievoca il legame che lo unisce a quelle terre che hanno visto gli anni della sua crescita, terre aspre che gli ricordano il suo carattere fiero e passionale. Da notare, al v. 2, il latinismo abito (da habitus, aspetto, atteggiamento) che in questo caso sta per “comportamento, carattere”. Lo “sdegnoso canto” (v. 2) riecheggia Dante (“alma sdegnosa”, Inferno VIII, 44).
Nella seconda quartina, sono invece le emozioni a prendere il sopravvento e lasciano trasparire l’amarezza per i traguardi tanto sognati che non sono stati raggiunti. Si noti l’espressione “usate forme”, che Carducci ha ripreso da Petrarca (sonetto Valle che de’ lamenti miei sei piena).
È quindi una poesia dolceamara quella del Carducci, dove alla grande gioia per la vista dei luoghi di un felice passato fa da contrasto l’amarezza per quei propositi di gioventù che non si sono mai realizzati, come ben evidenziato nella prima terzina (si veda in particolare il v. 10, e sempre corsi, e mai non giunsi il fine).
Gli ultimi versi, però, sembrano riportare un po’ di pace e serenità nel cuore del poeta, grazie alla contemplazione del paesaggio familiare e sempre amato (v. 12, pace dicono al cuor le tue colline).
Traversando la Maremma toscana – Figure retoriche
Come suo solito, anche in Traversando la Maremma toscana, Carducci fa un notevole uso di figure retoriche.
La figura retorica dell’antitesi ricorre al v. 3 (odio/amor) e al v. 6 (sorriso/pianto).
Al v. 2 è presente un chiasmo (nome/aggettivo – aggettivo/nome).
Si noti poi l’anafora dei vv. 10-11 (e… e…).
Varie sono le ricorrenze dell’anastrofe (si vedano i vv. 3, 5, 7, 10), così come numerose sono le allitterazioni (lettera e: vv. 1 e 14; lettera o: v. 2; lettera d: v. 3; lettera s: vv. 7 e 10; lettere a-i, v. 9).
È presente anche una figura retorica di dizione, l’aferesi, (v. 6, ‘l sorriso).
Al v. 11 è presente un eufemismo (cadrò sta per morirò).
Numerosi, infine, gli enjambement: vv. 1-2, 5-6, 7-8 11-12, 13-14.
La declamazione di Arnoldo Foà
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