La nebbia agli irti colli è una locuzione conosciutissima che nasce dall’incipit della lirica San Martino di Giosuè Carducci, datata 8 dicembre 1883 e inizialmente intitolata Autunno. Fa parte della raccolta Rime nuove ed è ispirata alla festività di San Martino, che cade l’11 novembre. Come da tradizione, in questo giorno, nelle campagne toscane (Carducci era nato a Valdicastello, in Versilia, e trascorse l’infanzia e la giovinezza nella Maremma toscana, tra Castagneto e Bolgheri) si praticava la “svinatura”: si estraeva il vino novello dai tini e, una volta conclusa la fermentazione per separarlo dalle parti solide, lo si versava nelle botti. Questa pratica, per i contadini, significava la fine del lavoro nei campi e l’inizio del riposo invernale.
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San Martino cade l’11 di novembre; la data è legata a molte tradizioni, fra cui la svinatura citata nella poesia del Carducci.
Testo
La forma metrica è quella dell’ode in quartine di settenari.
- La nebbia a gl’irti colli
- piovigginando sale,
- e sotto il maestrale
- urla e biancheggia il mar; 4
- ma per le vie del borgo
- dal ribollir de’ tini
- va l’aspro odor de i vini
- l’anime a rallegrar. 8
- Gira su’ ceppi accesi
- lo spiedo scoppiettando:
- sta il cacciator fischiando
- su l’uscio a rimirar 12
- tra le rossastre nubi
- stormi d’uccelli neri,
- com’esuli pensieri,
- nel vespero migrar. 16
San Martino – Parafrasi
- La nebbia sale ai colli coperti di alberi spogli
- sciogliendosi in lieve pioggia,
- e sotto il maestrale
- il mare rumoreggia e schiuma;
- ma l’aspro odore del vino
- prodotto dal fermentare dei tini
- va per le vie del borgo
- a rallegrare le anime.
- Sui ceppi accesi
- gira lo spiedo scoppiettando:
- il cacciatore, fischiando,
- sta sull’uscio di casa a contemplare
- gli stormi di uccelli neri che,
- al crepuscolo,
- tra le nubi rossastre [per il tramonto],
- migrano come pensieri vaghi.
San Martino – Analisi e figure retoriche
Tipico della poesia carducciana, anche in quest’ode si ritrova il tema del contrasto tra vita e morte e quello tra luce e ombra: la prima e la quarta strofa mostrano gli elementi caratteristici della stagione autunnale (colori grigi e tristi presagi), mentre la seconda e la terza rivelano la serenità e la gioia del borgo e la luce calorosa del focolare.
La Maremma toscana delle poesie carducciane mostra un aspetto ambivalente (allegra e malinconica allo stesso tempo), che riflette lo stato d’animo del poeta (si pensi a Traversando la Maremma toscana e a Davanti San Guido). E forse il cacciatore pensieroso del verso 11, in contrasto con la vivacità paesana, è alter ego di Carducci.
Al v. 4 è presente la figura retorica della personificazione (urla e biancheggia il mar); il v. 6 (dal ribollir de’ tini) è un esempio di metonimia. Nelle strofe centrali sono presenti la figura retorica dell’onomatopea, nei verbi ribollir, rallegrar, scoppiettando, fischiando (vv. 6-11), e quella dell’allitterazione in r (borgo, ribollir, aspro, odor, rallegrar) ai vv. 5-8: sono termini e sensazioni, come l’aspro odor dei vini, che trasmettono l’allegria presente nel borgo.
Altre figure retoriche presenti sono la sinestesia (v. 7, aspro odor), l’anastrofe (vv. 9-10, Gira su’ ceppi accesi / lo spiedo scoppiettando) e la similitudine (stormi d’uccelli neri, / com’esuli pensieri). La prima e l’ultima strofa, invece, descrivono un’atmosfera malinconica: la nebbia che pioviggina (vv. 1-2), il rumore del mare che sembra un urlo umano (v. 4), le nubi rossastre (v. 13) e gli uccelli neri (v. 14) che preannunciano la stagione invernale, ma possono anche essere interpretati come presagi di morte. La congiunzione avversativa ma, al v. 5, esprime il cambiamento dell’umore presente nella seconda strofa rispetto all’atmosfera cupa della prima.
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