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Quasimodo – Poesie

Salvatore Quasimodo è unanimemente riconosciuto come uno dei più grandi poeti italiani del XX secolo; se Giuseppe Ungaretti è il precursore dell’ermetismo, Quasimodo ne è a pieno titolo uno degli esponenti più significativi. Importante anche la sua opera nella traduzione di molti componimenti appartenenti all’età classica (in particolare le liriche greche) così come nella traduzione di opere teatrali.

Quasimodo nasce il 1901 a Modica (Ragusa); in Sicilia trascorrerà la sua infanzia; qui frequenterà scuole tecniche e da autodidatta imparerà le lingue classiche. Dopo un periodo di lavoro in Calabria si trasferirà a Milano dove, nominato professore, insegnerà letteratura italiana al Conservatorio Giuseppe Verdi.

Nelle poesie di Quasimodo emergono i temi del dolore, della solitudine esistenziale e della nostalgia per la sua Sicilia, il luogo legato in modo indissolubili ai ricordi della sua infanzia e della sua prima giovinezza.

La poetica di Quasimodo è classicamente suddivisa in due fasi; la prima è quella dell’ermetismo, mentre la seconda, influenzata dal secondo conflitto mondiale, è quella del neorealismo.

Nel 1959 Quasimodo vincerà il premio Nobel per la letteratura.

Muore a Napoli il 1968.

Quasimodo - Poesie

Nelle poesie di Quasimodo emergono i temi del dolore, della solitudine esistenziale e della nostalgia per la sua Sicilia, il luogo legato in modo indissolubili ai ricordi della sua infanzia e della sua prima giovinezza.

Quasimodo – Poesie

Fra le molte poesie di Quasimodo non si possono non ricordare le seguenti:

  • Alle fronde dei salici
  • Ed è subito sera
  • Milano, agosto 1943
  • Uomo del mio tempo
  • Vento a Tindari
  • Non gridate più

Dopo una brevissima introduzione si rimanda alla scheda specifica nella quale, oltre al testo, sono presenti la parafrasi e una dettagliata analisi compresa la descrizione di eventuali figure retoriche.

Alle fronde dei salici – In questa poesia Quasimodo richiama gli orrori legati all’occupazione delle forze naziste nel nostro Paese: gli eventi di quel periodo hanno imposto ai poeti di “appendere le cetre alle fronde dei salici”, cioè di abbandonare temporaneamente la parola poetica per farsi partecipi della sofferenza e del dolore collettivi. Per approfondire si veda la scheda Alle fronde dei salici.

Ed è subito sera – La brevità del testo, il linguaggio metaforico e la presenza del tema esistenziale, hanno reso questa poesia uno dei manifesti della poetica dell’ermetismo. Per approfondire si veda la scheda Ed è subito sera.

Milano, agosto 1943 – In questa poesia Quasimodo rievoca il bombardamento su Milano dell’agosto 1943, che lascia uno scenario di distruzione e morte. Per approndire si veda la scheda Milano, agosto 1943.

Non gridate più – La poesia fu scritta dopo la Seconda guerra mondiale, pubblicata nel 1947 nella raccolta Il dolore, all’interno della sezione I ricordi. Nella poesia Ungaretti si rivolge ai sopravvissuti invitandoli a pensare a tutti i morti che la guerra ha fatto e a smettere di alimentare le ostilità che li hanno causati. Per approfondire si veda la scheda Non gridate più.

Uomo del mio tempo – In questa bellissima poesia, Quasimodo si rivolge all’uomo, che non ha mutato la propria natura nel corso dei secoli, soprattutto per quanto riguarda l’uso della violenza. Anche se cambiano le armi, l’uomo, fin dalla preistoria, non si è fatto scrupoli nell’uccidere il proprio fratello. Per approfondire si veda la scheda Uomo del mio tempo.

Vento a Tindari – Il poeta si trova, insieme ad alcuni amici, a Tindari, città posta su un promontorio affacciato sul mar Tirreno. Egli, osservando il paesaggio, sente il legame con la propria terra, ma anche la nostalgia che gli provoca una vita vissuta lontano – si era trasferito a Milano – da quei luoghi, quasi una sorta di esilio. Per approfondire si veda la scheda Vento a Tindari.

Salvatore Quasimodo – Biografia e opere

1901 – Nasce a Modica

1916 – Si iscrive all’Istituto Tecnico Matematico-Fisico di Palermo

1917 – Si trasferisce a Messina e continua gli studi presso l’Istituto A.M. Jaci, dove conseguirà il diploma nel 1919.

1920 – Si trasferisce a Roma dove lavora come disegnatore tecnico prima e come impiegato in un grande magazzino dopo

1926 – Viene assunto come geometra dal Ministero dei Lavori Pubblici

1926 – Sposa Bice Donetti

1930 – Acque e terre

1931 – A Imperia conosce Amelia Spezialetti che gli darà una figlia, Orietta

1932 – Oboe sommerso

1933 – Odore di eucalyptus ed altri versi

1935 – Intreccia una relazione con Sibilla Aleramo che sarà di breve durata

1936 – Intreccia una relazione con la ballerina Maria Cumani che nel 1939 dalla quale nascerà il figlio Alessandro

1936 – Erato e Apòllìon

1939 – Diviene titolare del settimanale Omnibus

1941 – Viene nominato professore di Letteratura italiana presso il Conservatorio di musica Giuseppe Verdi di Milano

1942 – Ed è subito sera

1945 – Si iscrive al PCI (Partito Comunista Italiano)

1948 – Si sposa con Maria Cumani

1949 – La vita non è sogno

1956 – Il falso e vero verde

1958 – La terra impareggiabile

1959 – Riceve il premio Nobel per la letteratura

1966 – Dare e avere

1968 – Muore a Napoli

Versi e frasi celebri di Salvatore quasimodo

Ognuno sta solo sul cuor della terra / trafitto da un raggio di sole: / ed è subito sera.

Odore buono del cielo / sull’erbe, / pioggia di prima sera.

Ed è morte / uno spazio nel cuore.

Io tento una vita: / ognuno si scalza e vacilla / in ricerca.

Invano cerchi tra la polvere, / povera mano, la città è morta.

Alle fronde dei salici, per voto, / anche le nostre cetre erano appese: / oscillavano lievi al triste vento.

La rassegnazione alla solitudine, opposta al dolore lucreziano, avvicina a noi Virgilio più degli altri poeti latini dell’antichità classica.

L’uomo grida dovunque la sorte d’una patria.

La poesia è la rivelazione di un sentimento che il poeta crede che sia personale e interiore, che il lettore riconosce come proprio.

I filosofi, i nemici naturali dei poeti, e gli schedatori fissi del pensiero critico, affermano che la poesia (e tutte le arti), come le opere della natura, non subiscono mutamenti né attraverso né dopo una guerra. Illusione; perché la guerra muta la vita morale d’un popolo, e l’uomo, al suo ritorno, non trova più misure di certezza in un modus di vita interno, dimenticato o ironizzato durante le sue prove con la morte.

 

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