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Proemio della Gerusalemme liberata

Il proemio della Gerusalemme liberata è la parte iniziale dell’opera più celebre di Torquato Tasso (1544-1595); la Gerusalemme liberata è un poema eroico costituito da circa 15.000 versi endecasillabi raggruppati in 20 canti in ottave (schema metrico: ABABABCC); la prima edizione autorizzata dal Tasso, che già all’epoca soffriva di disturbi mentali, risale al giugno del 1581. È una pietra miliare della letteratura italiana ed è dedicata ad Alfonso II d’Este, signore di Ferrara, al servizio del quale l’autore era stato a partire dall’anno 1572. Il poema si svolge sullo sfondo della prima crociata (fine dell’XI sec.). Per approfondimenti di carattere generale sull’opera e per il riassunto della stessa si consulti la scheda Gerusalemme liberata. Il proemio dell‘opera consta di 5 ottave ed è tradizionalmente suddiviso nelle seguenti tre parti:

  1. protasi (vv. 1-8)
  2. invocazione alla Musa cristiana (vv. 9-24)
  3. dedica encomiastica (vv. 25-40).

Protasi – Nella protasi (o propositio o proposizione) – prima ottava – espone a grandi linee quello che sarà l’argomento sviluppato nell’intero poema; viene anticipata la conclusione vittoriosa della Crociata e viene altresì presentato il capitano Goffredo di Buglione.

Invocazione alla Musa cristiana – La seconda e la terza ottava sono dedicate all’invocazione alla Musa; a essa il poeta chiede sia di ispirarlo sia di perdonarlo per la sua scelta artistica, ovvero per la presenza di elementi di fantasia che, nel componimento, egli intreccerà alla verità storica allo scopo di allietare i lettori rendendo l’opera più fruibile a tutti. Viene chiarito immediatamente che la Musa a cui l’autore si rivolge (identificata in Urania da alcuni, nella Vergine Maria da altri) non è una figura pagana (incoronata con allori che sono destinati alla caducità come tutte le glorie terrene) bensì una figura celeste, che risiede in Cielo e che porta una corona dorata di stelle. È chiaro quindi fin da subito al lettore che la tematica epica-eroica è congiunta in modo strettissimo a quella religiosa.

Dedica encomiastica – La quarta e la quinta ottava concludono il proemio; esse rappresentano l’elemento encomiastico dell’opera; i versi che le compongono costituiscono la dedica del poema ad Alfonso II d’Este, che sarà l’ultimo duca di Ferrara; al tempo, Torquato Tasso era uno dei suoi cortigiani. Tasso augura al suo benefattore il comando di una futura crociata destinata alla liberazione del Santo Sepolcro.

Proemio Gerusalemme liberata

Busto di Torquato Tasso, opera di Ettore Ximenes

Testo

Di seguito il testo delle cinque ottave che costituiscono il proemio della Gerusalemme liberata.

  • Canto l’arme pietose e ‘l capitano
  • che ‘l gran sepolcro liberò di Cristo.
  • Molto egli oprò co ‘l senno e con la mano,
  • molto soffrì nel glorioso acquisto;  4
  • e in van l’Inferno vi s’oppose, e in vano
  • s’armò d’Asia e di Libia il popol misto.
  • Il Ciel gli diè favore, e sotto a i santi
  • segni ridusse i suoi compagni erranti.  8
  • O Musa, tu che di caduchi allori
  • non circondi la fronte in Elicona,
  • ma su nel cielo infra i beati cori
  • hai di stelle immortali aurea corona,  12
  • tu spira al petto mio celesti ardori,
  • tu rischiara il mio canto, e tu perdona
  • s’intesso fregi al ver, s’adorno in parte
  • d’altri diletti, che de’ tuoi, le carte.  16
  • Sai che là corre il mondo ove più versi
  • di sue dolcezze il lusinghier Parnaso,
  • e che ‘l vero, condito in molli versi,
  • i più schivi allettando ha persuaso.  20
  • Cosí a l’egro fanciul porgiamo aspersi
  • di soavi licor gli orli del vaso:
  • succhi amari ingannato intanto ei beve,
  • e da l’inganno suo vita riceve.  24
  • Tu, magnanimo Alfonso, il quale ritogli
  • al furor di fortuna e guidi in porto
  • me peregrino errante, e fra gli scogli
  • e fra l’onde agitato e quasi absorto,  28
  • queste mie carte in lieta fronte accogli,
  • che quasi in voto a te sacrate i’ porto.
  • Forse un dì fia che la presaga penna
  • osi scriver di te quel ch’or n’accenna.  32
  • È ben ragion, s’egli averrà ch’in pace
  • il buon popol di Cristo unqua si veda,
  • e con navi e cavalli al fero Trace
  • cerchi ritòr la grande ingiusta preda,  36
  • ch’a te lo scettro in terra o, se ti piace,
  • l’alto imperio de’ mari a te conceda.
  • Emulo di Goffredo, i nostri carmi
  • intanto ascolta, e t’apparecchia a l’armi.  40

Proemio della Gerusalemme liberata – Parafrasi

Di seguito la parafrasi del proemio.

  • Racconto in poesia le imprese devote e il capitano
  • che liberò il Santo Sepolcro di Gesù Cristo.
  • Egli compì molte opere agendo con intelligenza e forza,
  • e soffrì molto per giungere alla gloriosa liberazione [del sepolcro];  4
  • inutilmente l’Inferno si oppose, e inutilmente
  • impugnarono le armi il popolo misto di Asia e Africa.
  • Il Cielo gli concesse i suoi favori, e sotto le sacre
  • insegne, egli radunò i suoi compagni dispersi.  8
  • O Musa, che di glorie effimere
  • non circondi la tua fronte in Elicona [il monte sacro alle Muse]
  • e che invece sul nel cielo, tra i cori beati,
  • hai una corona d’oro di stelle immortali,  12
  • ispira nel mio cuore entusiasmi poetici e religiosi,
  • illumina la mia poesia, e perdona
  • se intreccio elementi fantasiosi alla verità, se adorno in parte
  • il mio poema di diletti profani, diversi dai tuoi.  16
  • Tu sai che i lettori sono attirati maggiormente dalle opere
  • di una poesia che lusinghi e seduca i loro sensi,
  • e che la verità, se mescolata a dolcezze fantasiose,
  • persuade, allettandoli, coloro che sono i più restii.  20
  • Allo stesso modo, a un fanciullo malato porgiamo
  • gli orli di un bicchiere cosparsi di sostanze dolci:
  • in tal modo, egli, ingannato, beve un’amara medicina,
  • e da tale inganno riacquista la salute.  24
  • Tu, generosissimo Alfonso, che togli
  • alla violenza della sorte e guidi al sicuro
  • me, esule vagabondo, sbattuto fra gli scogli
  • e le onde e quasi sommerso,  28
  • accogli con benevolenza questo mio poema
  • che offro a te quasi come un dono consacrato.
  • Forse un giorno succederà che la mia penna profetica
  • osi scrivere di te ciò che ora solo accenna.  32
  • A ragione, se avverrà mai che si veda in pace
  • il buon popolo di Cristo,
  • e con le navi e la cavalleria ai feroci turchi
  • provi a togliere l’immeritata conquista [la Terra Santa],  36
  • che sia concesso a te il comando in terra o, se lo preferisci,
  • l’alto comando della flotta navale.
  • Emulo di Goffredo, i miei versi
  • intanto ascolta e preparati alla battaglia.  40

Proemio della Gerusalemme liberata – Analisi e riassunto

Il proemio della Gerusalemme liberata è costituito, come già anticipato, dalle prime cinque ottave del poema. Nel primo verso della protasi (prima ottava) è impossibile non notare l’omaggio a Virgilio; Canto l’arme pietose e ‘l capitano riecheggia infatti il primo verso dell’Eneide (Arma uirumque cano, Troiae qui primus ab oris). Le armi sono definite da Tasso come pietose ovvero, devote, pie, in quanto il loro scopo è quello di liberare il Santo Sepolcro; l’aggettivo è rivolto non solo alle armi, ma anche a coloro che le impugnarono e anche al capitano Goffredo di Buglione, sui cui i versi della prima ottava si concentrano dipingendolo come una sorta di guerriero perfetto; Tasso ne elogia infatti sia l’intelligenza sia il suo valore di combattente (v.3) e spiega (v. 4) che la gloriosa vittoria è stata da lui raggiunta a prezzo di molte sofferenze. Nonostante gli interventi infernali e la resistenza degli infedeli (gli eserciti musulmano di Terrasanta e quello nordafricano; con Libia, infatti, si intende genericamente il Nordafrica; vv. 5-6), il Cielo favorisce Goffredo che riuscirà nell’impresa non facile di radunare sotto le sacre insegne (la santa bandiera, una croce rossa su sfondo bianco, simbolo della Crociata) i crociati dispersi tra ambizioni personali e passioni che erano in contrasto con il nobile scopo; qui si anticipa, con una certa discrezione, a uno dei temi dell’opera, ovvero al contrasto fra guerra e amore, fra il senso del dovere e le tentazioni passionali (vv. 7-8).

Nella seconda ottava inizia l’invocazione alla Musa; come già anticipato, Tasso chiarisce fin da subito che è sua intenzione richiedere un’ispirazione divina, celeste; la Musa quindi (vv. 9-10) non è una divinità pagana, incoronata sul monte Elicona con corone di alloro destinate a insecchire (il monte Elicona si trova in Boezia ed è reso famoso dalla mitologia greca per la presenza della sorgente Ippocrene, sacra alle Muse), ma è invece una Musa cristianizzata (secondo alcuni il riferimento è a Urania, la musa che ispira la poesia celeste, secondo altri è alla Vergine Maria) che veste una corona d’oro adornata di stelle immortali (vv. 11-12); a essa il poeta chiede l’ispirazione per la composizione della sua opera e al contempo chiede di essere perdonato se le verità storiche saranno intrecciate a episodi di pura e semplice fantasia (vv.3-16).

Anche nella terza ottava l’autore discorre con la musa ispiratrice; in essa Tasso giustifica la sua scelta di mescolare realtà e fantasia; spiega che gli uomini sono maggiormente attratti da una poesia che lusinghi i loro sensi (Parnaso è qui metafora di poesia; il monte Parnaso era consacrato al culto del dio Apollo e alle nove Muse); mescolare argomenti adatti a un’austera poesia religiosa ad argomenti più profani è uno stratagemma necessario a rendere l’opera più attraente; così facendo, il messaggio in essa contenuto arriverà più facilmente ai destinatari, anche ai più restii (vv. 18-20); nei versi successivi, quindi, il poeta chiarisce ulteriormente il suo pensiero ricorrendo all’efficace similitudine del bambino malato a cui viene fatta ingoiare un’amara medicina cospargendo gli orli del bicchiere con sostanze dolci; fuori di metafora: l’amara medicina (succhi amari) è la lezione morale del poeta, mentre i soavi licor sono le parti più “leggere” e fantasiose inserite nell’opera (vv. 21-24). Tasso riprende questa similitudine dal De rerum natura di Lucrezio.

Nella quarta ottava inizia il momento celebrativo del proemio, la dedica del poema ad Alfonso II d’Este (1533-1597), quinto duca di Ferrara, Modena e Reggio e ultimo a reggere il ducato di Ferrara che dopo la sua morte ritornò allo Stato Pontificio; Tasso fu chiamato alla corte di Ferrara nel 1565; fu dapprima cortigiano di Luigi d’Este e, dal 1572, di Alfonso II.

Tasso è grato ad Alfonso per averlo accolto a corte, descrive sé stesso come un “peregrino errante” e descrive i suoi periodi difficili ricorrendo alla tipica metafora del viaggio in mare reso difficile dalle tempeste che potevano farlo inghiottire dalle onde; Alfonso è colui che lo ha sottratto dai pericoli e lo ha condotto al sicuro (guidi in porto; vv. 25-28); nei vv. 29-32, Tasso chiede al suo protettore di accogliere con benevolenza i versi che gli offre quasi come fossero un dono consacrato; forse la sua penna sarà profetica e potrà scrivere di lui quello che per adesso osa soltanto accennare.

Il proemio della Gerusalemme liberata si conclude con la quinta ottava (vv. 33-40); continua la dedica encomiastica ad Alfonso II; Tasso spera che il “buon popolo di Cristo” giunga a una pacificazione interna (l’unità del popolo cristiano era stata messa in crisi dalla Riforma), premessa necessaria a una successiva crociata in Terrasanta contro i Turchi (Costantinopoli si trovava nella Tracia; da qui il termine Trace utilizzato da Tasso) per sottrarre loro il Sepolcro di Cristo detenuto ingiustamente (ingiusta preda, v. 36). Negli ultimi quattro versi, Tasso auspica che ad Alfonso II sia concesso il comando delle truppe di terra o, se lo preferisce, delle flotte navali, per condurre una nuova crociata contro gli infedeli, seguendo le orme di Goffredo di Buglione. Vale la pena notare la grande differenza che tra la dedica di Tasso ad Alfonso II, a cui il poeta dedica un elogio sincero, altissimo, e quella di Aristo a Ippolito d’Este, pervasa di una grande ironia (si veda la scheda Proemio dell’Orlando furioso).

 

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