Passa la nave mia colma d’oblio è l’incipit del sonetto CLXXXIX (189) del Canzoniere di Francesco Petrarca. Questo sonetto, composto probabilmente tra il 1342 e il 1343, esprime, attraverso un’immagine alquanto desolata (una nave in preda alla tempesta in una buia notte invernale), il grande tormento spirituale del poeta; come facilmente si intuisce, tutto il componimento è basato sull’allegoria della vita che viene paragonata a un viaggio per mare, tematica che ritroviamo frequentemente in altri componimenti del Petrarca; possiamo ricordare per esempio, La vita fugge, e non s’arresta una hora, Poi che per mio destino, O cameretta che già fosti un porto, S’amor non è, che dunque è quel ch’io sento? ecc.
Nella fattispecie, in questo sonetto, la nave che affronta la tempesta assurge a simbolo della vita del poeta che è travolta dalla bufera della passione per Laura. Vale la pena ricordare che il topos del viaggio della nave come metafora dell’esistenza (il “viaggio della vita”) è una tematica ricorrente nella letteratura, basti pensare a Tasso (Passa la nave tua che porta il core) e a Carducci (Passa la nave mia sola tra il pianto) solo per citare alcuni esempi.
Per quanto riguarda la struttura metrica, Passa la nave mia colma d’oblio è un sonetto di 14 versi endecasillabi suddivisi in quattro strofe (due quartine in rima incrociata, schema ABBA, e due terzine in rima replicata, schema CDE; D ed E sono in consonanza: sarte/attorto; arte/porto). Nel testo sono presenti alcuni latinismi (oblio, enfra, rio, ignorantia, desperar).
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Il topos del viaggio della nave come metafora dell’esistenza è una tematica ricorrente nella letteratura antica
Testo
- Passa la nave mia colma d’oblio
- per aspro mare, a mezza notte il verno,
- enfra Scilla et Caribdi; et al governo
- siede ‘l signore, anzi ‘l nimico mio. 4
- A ciascun remo un penser pronto et rio
- che la tempesta e ‘l fin par ch’abbi a scherno;
- la vela rompe un vento humido eterno
- di sospir’, di speranze, et di desio. 8
- Pioggia di lagrimar, nebbia di sdegni
- bagna et rallenta le già stanche sarte,
- che son d’error con ignorantia attorto. 11
- Celansi i duo mei dolci usati segni;
- morta fra l’onde è la ragion et l’arte,
- tal ch’incomincio a desperar del porto. 14
Passa la nave mia colma di oblio – Parafrasi
Di seguito la parafrasi del testo.
- La mia nave passa, piena del desiderio di dimenticare,
- da un mare tempestoso, d’inverno, nel cuore della notte,
- tra Scilla e Cariddi (lo stretto di Messina, N.d.R.), al timone
- c’è il mio signore, anzi, il mio nemico (il riferimento è ad Amore, N.d.R.). 4
- Ad ogni remo (sta) un pensiero audace e malvagio
- che sembra irridere la tempesta e il suo esito;
- un vento umido (in quanto bagnato dalle lacrime, N.d.R.) e incessante
- di sospiri, speranze e desiderio lacera la vela. 8
- Una pioggia di pianto, la nebbia dello sdegno
- bagnano e allentano le già lente cime dell’albero maestro,
- intessute di ignoranza e di errore attorti insieme. 11
- I miei due riferimenti dolci e abituali (gli occhi di Laura) sono nascosti;
- tra le onde sono morte la scienza (la ragione) e l’arte [del navigare, N.d.R.]
- tanto che io dispero di poter raggiungere il porto. 14
Passa la nave mia colma di oblio – Analisi
Nel sonetto Passa la nave mia colma d’oblio, il poeta paragona sé stesso a una nave e la vita a una navigazione tormentata e pericolosa. Analizzando il componimento, M. Pazzaglia ha parole critiche (“Il sonetto svolge una lunga, e a tratti troppo compiaciuta allegoria”), ma lenisce la severità del suo giudizio quando definisce il primo verso “un lamento profondo, indimenticabile”.
Prima quartina – La nave mia del v. 1 simboleggia il poeta; la nave è colma d’oblio (il carico della nave è l’oblio di sé stessi, della propria coscienza, conseguente al disfrenarsi della passione amorosa) e naviga in un mare tempestoso (la vita del poeta è complicata, particolarmente sofferta a causa delle sue passioni), in condizioni difficili (v.2, per aspro mare, a mezza notte il verno; l’oscurità della notte rappresenta l’ottenebrarsi della ragione a causa dell’innamoramento; l’inverno rappresenta invece l’età matura), tra Scilla e Cariddi (v. 3, due luoghi nello stretto di Messina; secondo la mitologia greca erano due mostri marini rappresentavano un grande pericolo per i naviganti); al timone c’è Amore, che è suo signore, ma soprattutto nemico (v. 4; l’allusione è all’amore passionale).
Seconda quartina – I remi (v. 5, ciascun remo) rappresentano gli impulsi passionali, colpevoli e pronti a disfrenarsi e a sfidare, con scherno e noncuranza, il pericolo (vv. 5-6). Nei vv. 7-8, i sospiri, le speranze e i vani desideri, come un vento umido (a causa del pianto) lacerano la vela (qui Petrarca allude al vento della passione che abbatte la parte sensitiva dell’anima).
Prima terzina – La pioggia delle lacrime, la nebbia dello sdegno rendono fradice le già stanche sartie; fuor di metafora, le sartie rappresentano le virtù dell’anima che sono messe a dura prova in quanto colpite dall’errore (un amore senza speranza) e dall’ignoranza (nel riconoscere la propria colpevolezza) (vv. 9-11).
Seconda terzina – Nella metafora della navigazione, gli usati segni sono le stelle; qui simboleggiano gli occhi di Laura, la dolce guida per il poeta, e sono celati alla sua vista; senza più alcun riferimento visibile, viene a mancare la speranza di giungere in porto, ovvero alla salvezza, a una conclusione che pacifichi la sua anima tormentata (vv. 12-14).
Passa la nave mia colma di oblio – Figure retoriche
In Passa la nave mia colma di oblio sono presenti varie figure retoriche; la figura preponderante, come già spiegato in apertura, è quella dell’allegoria (il viaggio della nave che simboleggia il viaggio della vita); varie sono quindi le metafore che attingono al linguaggio marinaresco (nave, mare, remo, vela, sarte, porto; ognuno di questi termini rappresenta una metafora; si veda l’analisi del testo).
Sono presenti alcune allitterazioni (lettera r, v. 5, remo un penser pronto et rio; lettera v, v. 7, vela rompe un vento; lettera s, v. 8, di sospir’, di speranze, et di desio; v. 10, stanche sarte).
Ricorre anche la figura dell’anastrofe (v. 1, Passa la nave mia; vv. 3-4 al governo / siede ‘l signore; v. 6, che la tempesta e ‘l fin par ch’abbi a scherno; v. 11, d’error con ignorantia attorto; v. 12, Celansi i duo mei dolci usati segni; v. 13, morta fra l’onde è la ragion et l’arte).
Al v. 8 è presente un climax (di sospir’, di speranze, et di desio).
Sono presenti alcuni enjambement (vv.3-4, 7-8, 9-10).
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