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Padre del ciel, dopo i perduti giorni

Padre del ciel, dopo i perduti giorni è l’incipit del sonetto LXII (62) del Canzoniere di Francesco Petrarca; in esso il poeta si rivolge a Dio chiedendo il suo aiuto e la sua misericordia. La sua esistenza è descritta come una lunga serie di giorni e di notte perduti in modo vano nell’illusione della donna amata (Laura). Anche in questo sonetto è più che evidente il sofferto contrasto tra la passione amorosa – terrena e perciò “indegna” – e l’inquietudine legata all’incertezza della salvezza della propria anima. L’amore per Laura sembra quasi “rinnegato”; agli occhi del poeta, la passione amorosa appare come una sorta di tentazione che il demonio mette in atto per far sì che la sua anima vada perduta. Quindi, solo Dio può venire in suo aiuto con la sua grazia e la sua misericordia, liberandolo dall’indegnità e riportando i suoi pensieri “a miglior luogo”.

I versi 9-10 ci aiutano a collocare la datazione del sonetto nel 1338 (Or volge, Signor mio, l’undecimo anno / ch’i’ fui sommesso al dispietato giogo; si parla di undicesimo anno di innamoramento ed è noto che il primo incontro fra Petrarca e Laura avvenne il 6 aprile 1327, nella chiesa di Santa Chiara ad Avignone). Per quanto riguarda la struttura metrica, Padre del ciel, dopo i perduti giorni è un sonetto di 14 versi endecasillabi suddivisi in quattro strofe (due quartine in rima incrociata, schema ABBA, e due terzine in rima replicata, schema CDE).

In questa pagina…

  • Testo
  • Parafrasi
  • Analisi
  • Figure retoriche
Padre del ciel dopo i perduti giorni - Analisi - Parafrasi - Figure retoriche

Monumento a Francesco Petrarca (Arezzo)

Testo

  • Padre del ciel, dopo i perduti giorni,
  • dopo le notti vaneggiando spese,
  • con quel fero desio ch’al cor s’accese,
  • mirando gli atti per mio mal sì adorni,  4
  • piacciati omai col Tuo lume ch’io torni
  • ad altra vita et a più belle imprese,
  • sì ch’avendo le reti indarno tese,
  • il mio duro adversario se ne scorni.  8
  • Or volge, Signor mio, l’undecimo anno
  • ch’i’ fui sommesso al dispietato giogo
  • che sopra i più soggetti è più feroce.  11
  • Miserere del mio non degno affanno;
  • reduci i pensier’ vaghi a miglior luogo;
  • ramenta lor come oggi fusti in croce.  14

Padre del ciel, dopo i perduti giorni – Parafrasi

  • Padre del cielo, dopo i giorni sprecati,
  • dopo le notti spese in vani pensieri [d’amore],
  • con quella bruciante prepotente passione che mi si accese nel cuore
  • rimirando i gesti [di Laura], così leggiadri per mia sfortuna,  4
  • ti chiedo di far sì che, con la tua grazia, io ritorni
  • a una vita diversa e ad azioni più degne,
  • così che, dopo avere inutilmente tese le reti [per catturarmi]
  • il mio avversario [il diavolo] finisca per essere sconfitto.  8
  • Signore mio, sono trascorsi undici anni
  • da quando sono stato sottomesso allo spietato vincolo [d’amore]
  • che è tanto più crudele quanto più a esso si è soggetti  11
  • Abbi misericordia del mio indegno dolore
  • riporta a una meta più degna [il Cielo] i miei futili pensieri
  • ricorda loro che tu, in questo giorno [il Venerdì santo], fosti crocifisso.  14

Padre del ciel, dopo i perduti giorni – Analisi

Il sonetto è strutturato come una preghiera a Dio e piuttosto espliciti sono i riferimenti alle sacre scritture: il v. 1 ricorda il primo verso del Padre nostro, preghiera presente in due vangeli (Matteo e Luca), mentre il Miserere del v. 12 è un richiamo al salmo 51 (Miserere mei, Deus), un salmo penitenziale citato anche da Dante nella Divina Commedia (Canto I, Inferno). Le principali tematiche sono due: la vanità dell’amore terreno, profano nonché l’aspirazione a un percorso esistenzialmente più alto.

Nella prima quartina, Petrarca invoca Dio e rievoca la sua passione amorosa per Laura, passione paragonata a un tormento e che ormai, ai suoi occhi, è vista come vana.

Nella seconda quartina, il poeta chiede a Dio di soccorrerlo, di aiutarlo a riscattarsi consentendogli di trovare la pace spirituale che tanto desidera.

Nella prima terzina, Petrarca fa riferimento alla lunghezza del suo tormento (ben undici anni di passione amorosa non corrisposta) che ancora non si è del tutto placato.

Nella seconda terzina, con una triplice invocazione, il poeta fa ancora richiesta della pietà divina (Miserere… reduci… ramenta…).

Padre del ciel, dopo i perduti giorni – Figure retoriche

Nel testo di Padre del ciel, dopo i perduti giorni sono rintracciabili varie figure retoriche. Il sonetto si apre con un’apostrofe (v. 1; Padre del ciel); la medesima figura retorica è presente nel v. 9 (Signor mio). Ai vv. 1-2 è presente un’anafora (… dopo i perduti giorni / dopo le notti…). Al v. 2 è presente un’anastrofe (vaneggiando spese). Sempre nei vv. 1-2 è rintracciabile un chiasmo (perduti giorni, / … notti … spese). Al v. 3, fero desio è perifrasi per passione.

Al v. 5, lume è metafora per grazia divina. Altre metafore sono presenti al v. 7 ( reti… tese che sta per trappola), al v. 8 (il duro adversario è il diavolo tentatore, l’amore profano), al v. 10 (il giogo, l’oggetto che tipicamente è usato per i bovini come bestie da tiro, qui è metafora di vincolo amoroso), al v. 13 (miglior luogo è metafora per meta più degna). Nei v. 12-14 è presente un climax (Miserere… reduci… ramenta).

 

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