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Pace non trovo et non ò da far guerra

Pace non trovo et non ò da far guerra è l’incipit del sonetto CXXXIV del Canzoniere di Francesco Petrarca. Esso rappresenta una riflessione relativa al dissidio interiore del poeta causato da Amore ed egli la svolge attraverso una serie di affermazioni paradossali e contraddittorie. Il primo verso esprime già questa condizione di incertezza: il poeta non trova la propria pace interiore, ma non ha mezzi per fare alcuna guerra. Petrarca si rivolge direttamente alla donna amata, Laura, per mostrarle le ambiguità alle quali la passione l’ha costretto e per le quali non trova rimedio. Il sonetto presenta uno schema di rime alternate nelle quartine (ABAB, ABAB) e ripetute nelle terzine (CDE, CDE).

In questa pagina…

  • Testo
  • Parafrasi
  • Analisi e figure retoriche
Tomba del Petrarca

Particolare della tomba di Francesco Petrarca (Arquà Petrarca, Padova)

Testo

Il sonetto Pace non trovo et non ò da far guerra presenta uno schema di rime alternate nelle quartine (ABAB, ABAB) e ripetute nelle terzine (CDE, CDE). Di seguito il testo.

  • Pace non trovo, et non ò da far guerra,
  • e temo, et spero; et ardo, et son un ghiaccio;
  • et volo sopra ‘l cielo, et giaccio in terra;
  • et nulla stringo, et tutto ‘l mondo abbraccio.
  • Tal m’à in pregion, che non m’apre né serra, 5
  • né per suo mi riten né scioglie il laccio;
  • et non m’ancide Amore, et non mi sferra;
  • né mi vuol vivo, né mi trae d’impaccio.
  • Veggio senza occhi, et non ò lingua et grido;
  • et bramo di perir, et cheggio aita; 10
  • et ò in odio me stesso, et amo altrui.
  • Pascomi di dolor, piangendo rido;
  • egualmente mi spiace morte et vita:
  • in questo stato son, donna, per voi.

Pace non trovo et non ò da far guerra – Parafrasi

  • Non trovo la pace e non ho mezzi per fare guerra,
  • e temo [di non essere amato] e spero [di esserlo]; e brucio [di passione] e sono ghiacciato [dalla delusione];
  • e volo su in cielo [quando sono felice] e giaccio in terra [quando sono sconfortato];
  • e non possiedo niente, e abbraccio tutto il mondo.
  • Una persona [Laura] mi tiene in una prigione che non mi lascia libero né mi trattiene,
  • e non mi tiene come suo prigioniero né scioglie i vincoli;
  • e Amore non mi uccide e non mi libera,
  • né mi vuole vivo né mi libera dalla sofferenza [con la morte].
  • Vedo senza avere gli occhi, e grido anche se non ho lingua;
  • e desidero morire, e chiedo aiuto;
  • e odio me stesso, e amo un’altra [Laura].
  • Mi nutro di dolore, rido mentre piango;
  • la morte e la vita mi dispiacciono nello stesso modo:
  • o donna, io sono in questo stato per causa vostra.
Pace non trovo e non ò da far guerra – Parafrasi – Analisi

Nel sonetto Pace non trovo et non ò da far guerra Petrarca si rivolge direttamente alla donna amata, Laura, per mostrarle le ambiguità alle quali la passione l’ha costretto e per le quali non trova rimedio.

Pace non trovo et non ò da far guerra – Analisi e figure retoriche

Il sonetto Pace non trovo e non ò da far guerra si basa sulla figura retorica dell’antitesi, che affianca termini o espressioni di significato opposto. Il suo animo è scisso tra sensazioni e sentimenti in contraddizione e tra i quali nessuno è prevalente sull’altro. Petrarca presenta Amore, personificandolo, come una passione crudele che rende l’uomo prigioniero del dubbio e della sofferenza. A livello sintattico, prevale la coordinazione, come dimostra la ripetizione della congiunzione et (figura retorica del polisindeto), a indicare la presenza contemporanea di più sentimenti nell’animo dell’io poetico.

Nella prima quartina il poeta non trova pace a causa dell’amore per Laura, ma non è nella condizione di reagire a questa sofferenza. Teme di non essere amato e al contempo spera di esserlo. Questa passione lo brucia, ma la delusione è come una “doccia fredda”. A volte si sente come se fosse in Paradiso, altre è a terra per lo sconforto. Non ha alcuna certezza e non possiede niente, ma in certi momenti questa passione gli dà l’impressione di stringere a sé tutto il mondo.

Nella seconda quartina, il poeta afferma di trovarsi in una condizione che non è caratterizzata dalla libertà, ma nemmeno dalla prigionia: Laura, dunque, non si decide né ad accettare né a rifiutare l’amore dell’uomo. Il poeta, infatti, spiega che Amore non lo uccide, ma allo stesso tempo non gli permette di vivere una vita libera dalle sofferenza.

Nella prima terzina, il poeta vede, ma è come accecato dalla passione amorosa; è incapace di parlare, anche se grida il suo dolore. Desidera morire, ma chiede aiuto alla donna per continuare a vivere. Tutto ciò è dovuto al fatto che egli ama Laura, ma al contempo odia se stesso, non ha alcun amor proprio.

Nella terzina conclusiva, il poeta ribadisce di essere scisso tra dolore e felicità, tra il desiderio di vivere e quello di morire, ma soprattutto che la causa di tutto questo è Laura, a causa della sua indecisione.

Per quanto riguarda le figure retoriche, oltre a quelle citate in precedenza si possono ricordare anche l’ossimoro (v. 12, piangendo rido) e il chiasmo (v. 1, Pace non trovo, et non ò da far guerra: complemento-verbo X verbo-complemento; v. 9, Veggio senza occhi, et non ò lingua et grido; verbo-organo di senso X organo di senso-verbo). Veggio senza occhi e non ò lingua et grido sono due paradossi.

 

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