La pioggia nel pineto è probabilmente la poesia più famosa di Gabriele d’Annunzio e fa parte della raccolta Alcyone (1903). Il poeta si trova in compagnia di Eleonora Duse, qui ribattezzata Ermione (figlia di Elena e Menelao nell’Odissea), e durante una passeggiata in una pineta di Marina di Pisa (il luogo si deduce da alcune note dei Taccuini) i due vengono colti da un’improvvisa pioggia. Il poeta, descrivendo gli effetti dell’evento atmosferico sulla vegetazione, sugli animali e su sé stesso e l’amata, fornisce una rappresentazione del concetto di panismo, con la fusione tra elementi umani ed elementi naturali, fino alla vegetalizzazione dei primi.
Si tratta di quattro strofe composte da 32 versi variabili ciascuna.
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La pioggia nel pineto è probabilmente la poesia più famosa di Gabriele d’Annunzio e fa parte della raccolta Alcyone (1903)
Testo
- Taci. Su le soglie
- del bosco non odo
- parole che dici
- umane; ma odo
- parole più nuove 5
- che parlano gocciole e foglie
- lontane.
- Ascolta. Piove
- dalle nuvole sparse.
- Piove su le tamerici 10
- salmastre ed arse,
- piove su i pini
- scagliosi ed irti,
- piove su i mirti
- divini, 15
- su le ginestre fulgenti
- di fiori accolti,
- su i ginepri folti
- di coccole aulenti,
- piove su i nostri vólti 20
- silvani,
- piove su le nostre mani
- ignude,
- su i nostri vestimenti
- leggieri, 25
- su i freschi pensieri
- che l’anima schiude
- novella,
- su la favola bella
- che ieri 30
- t’illuse, che oggi m’illude,
- o Ermione.
- Odi? La pioggia cade
- su la solitaria
- verdura 35
- con un crepitìo che dura
- e varia nell’aria
- secondo le fronde
- più rade, men rade.
- Ascolta. Risponde 40
- al pianto il canto
- delle cicale
- che il pianto australe
- non impaura,
- né il ciel cinerino. 45
- E il pino
- ha un suono, e il mirto
- altro suono, e il ginepro
- altro ancóra, stromenti
- diversi 50
- sotto innumerevoli dita.
- E immersi
- noi siam nello spirto
- silvestre,
- d’arborea vita viventi; 55
- e il tuo vólto ebro
- è molle di pioggia
- come una foglia,
- e le tue chiome
- auliscono come 60
- le chiare ginestre,
- o creatura terrestre
- che hai nome
- Ermione.
- Ascolta, ascolta. L’accordo 65
- delle aeree cicale
- a poco a poco
- più sordo
- si fa sotto il pianto
- che cresce; 70
- ma un canto vi si mesce
- più roco
- che di laggiù sale,
- dall’umida ombra remota.
- Più sordo e più fioco 75
- s’allenta, si spegne.
- Sola una nota
- ancor trema, si spegne,
- risorge, trema, si spegne.
- Non s’ode voce del mare. 80
- Or s’ode su tutta la fronda
- crosciare
- l’argentea pioggia
- che monda,
- il croscio che varia 85
- secondo la fronda
- più folta, men folta.
- Ascolta.
- La figlia dell’aria
- è muta; ma la figlia 90
- del limo lontana,
- la rana,
- canta nell’ombra più fonda,
- chi sa dove, chi sa dove!
- E piove su le tue ciglia, 95
- Ermione.
- Piove su le tue ciglia nere
- sì che par tu pianga
- ma di piacere; non bianca
- ma quasi fatta virente, 100
- par da scorza tu esca.
- E tutta la vita è in noi fresca
- aulente,
- il cuor nel petto è come pèsca
- intatta, 105
- tra le pàlpebre gli occhi
- son come polle tra l’erbe,
- i denti negli alvèoli
- son come mandorle acerbe.
- E andiam di fratta in fratta, 110
- or congiunti or disciolti
- (e il verde vigor rude
- ci allaccia i mallèoli
- c’intrica i ginocchi)
- chi sa dove, chi sa dove! 115
- E piove su i nostri vólti
- silvani,
- piove su le nostre mani
- ignude,
- su i nostri vestimenti 120
- leggieri,
- su i freschi pensieri
- che l’anima schiude
- novella,
- su la favola bella 125
- che ieri
- m’illuse, che oggi t’illude,
- o Ermione.
La pioggia nel pineto – Parafrasi
- Taci. Al limitare
- del bosco non ascolto
- le parole umane
- che dici; ma ascolto
- parole pià nuove
- pronunciate da gocce e foglie
- lontane.
- Ascolta. Piove
- dalle nuvole rade.
- Piove sulle tamerici
- coperte di salsedine e bruciate dal sole,
- piove sui pini
- squamosi e pungenti,
- piove sui mirti
- sacri alla divinità [Venere],
- sulle ginestre splendenti
- di fiori raccolti,
- sui ginepri ricchi
- di bacche profumate,
- piove sui nostri volti
- diventati della stessa sostanza del bosco,
- piove sulle nostre mani
- nude,
- piove sui nostri vestiti
- leggeri,
- piove sui pensieri puri
- che l’anima rinnovata
- fa sbocciare,
- sulla favola bella [l’amore]
- che ieri,
- o Ermione,
- ti ha illuso, e che oggi illude me.
- Senti? La pioggia cade
- sulla vegetazione
- deserta
- con un rumore che è costante
- e che varia di intensità
- a seconda che il fogliame su cui cade
- sia più o meno folto.
- Ascolta. Il pianto delle cicale
- che né il vento del sud
- né il cielo grigio
- spaventano,
- risponde al rumore lamentoso
- della pioggia.
- E il pino
- ha un suono, e il mirto
- un altro suono, e il ginepro
- un altro ancora, come se fossero strumenti musicali
- suonati da innumerevoli dita.
- E noi siamo immersi
- nella natura profonda
- del bosco,
- vivendo una vita simile a quella degli alberi;
- e il tuo volto estasiato
- è umido di pioggia
- come una foglia,
- e i tuoi capelli
- profumano come
- le ginestre splendenti,
- o creatura terrestre
- che hai nome Ermione.
- Ascolta, ascolta. Il canto concorde
- delle cicale nell’aria
- si fa a poco a poco
- più smorzato
- sotto la pioggia
- che aumenta;
- ma ad esso si mescola un canto
- più roco
- che proviene da un luogo impreciso,
- dall’oscurità umida e lontana.
- Il canto si fa più debole e flebile,
- diminuisce, si spegne.
- Solo una nota
- ancora si sente, si spegne,
- ricomincia, vibra, si spegne.
- Non si sente il rumore del mare.
- Ora si sente su tutto il fogliame
- scrosciare
- la pioggia lucente come l’argento
- che purifica,
- lo scrocio che varia la sua intensità
- a seconda che il fogliame su cui cade
- sia più o meno folto.
- Ascolta.
- La figlia dell’aria [la cicala]
- è in silenzio; ma la figlia
- del fango che è lontana,
- la rana,
- canta nell’oscurità più fitta,
- chissà dove, chissà dove!
- E piove sulle tue ciglia,
- Ermione.
- Piove sulle tue ciglia nere
- tanto che sembra tu pianga
- ma di piacere; non hai più la tua carnagione bianca,
- ma sei quasi diventata verde,
- sembra che tu esca da una corteccia.
- E tutta la nostra vita è pura e
- profumata,
- il cuore nel petto è come una una pesca
- non colta,
- gli occhi tra le palpebre
- sono come pozze d’acqua tra l’erba,
- i denti tra le gengive
- sono bianchi come mandorle acerbe.
- E andiamo di cespuglio in cespuglio,
- ora uniti ora separati
- (e la forza selvaggia degli arbusti
- ci avvinghia le caviglie,
- ci impiglia le ginocchia)
- chissà dove, chissà dove!
- E piove sui nostri volti
- diventati della stessa sostanza del bosco,
- piove sulle nostre mani
- nude,
- piove sui nostri vestiti
- leggeri,
- piove sui pensieri puri
- che l’anima rinnovata
- fa sbocciare,
- sulla favola bella [l’amore]
- che ieri,
- o Ermione,
- mi ha illuso, e che oggi illude te.
La pioggia nel pineto – Analisi
Fin dall’incipit il poeta invita colei che lo accompagna, la cui identità è esplicitata al v. 32 («Ermione»), a fare silenzio così da poter udire i rumori della natura circostante. Più volte nel testo tornano imperativi esortativi e un interrogativo («Ascolta» ai vv. 8, 40, 65, 88 «Odi?» al v. 33) che hanno la funzione di mettere ancora di più il soggetto in una condizione di perfetta armonia con gli elementi naturali.
Fin dal limitare del bosco, i suoni che vengono percepiti dal soggetto non sono umani, ma riconducibili a «parole più nuove» (v. 5), che altro non sono le gocce di pioggia sul fogliame.
Immediatamente il poeta, attraverso una serie di anafore («Piove», vv. 8, 10, 12, 14, 20, 22 nella prima parte del testo; poi ai vv. 95, 97, 116, 118), descrive gli effetti della pioggia sugli elementi silvani: il rumore varia a seconda dell’intensità con cui essa cade su zone più o meno fitte di fogliame.
I due soggetti non solo sono inevitabilmente colpiti dalla pioggia, ma iniziano ad assumere i caratteri propri del luogo in cui si trovano: i loro volti sono «silvani» (v. 21) perché entrambi stanno perdendo le loro sembianze umane per fondersi con la vegetazione circostante. La pioggia purifica e rinnova i loro pensieri, che sono resi «freschi» (v. 26), puri, e il loro amore (la «favola bella», v. 29), che è un alternarsi di illusioni.
Dal v. 33 il poeta descrive il suono della pioggia che è come un «crepitìo» (v. 36) – termine onomatopeico come il «croscio» del v. 85 – sulla vegetazione e sugli alberi circostanti, che diventano «stromenti diversi» sotto le «innumerevoli dita» della pioggia, come in un’orchestra musicale.
Continua la metamorfosi vegetale dei due amanti: «noi siam nello spirto / silvestre / d’arborea vita viventi» (vv. 53-55).
Nella terza strofa la pioggia diventa un «pianto» (v. 69) crescente che copre gli altri rumori, anche se in lontananza il poeta riesce a percepire il canto della «figlia del limo» (v.v. 90-91), la rana, mentre quello della «figlia dell’aria» (v. 89) è andato perdendosi.
La quarta strofa, che riprende il verso finale della precedente, si concentra sul completamento della vegetalizzazione del poeta e di Ermione. Della donna egli dirà: «non bianca / ma quasi fatta virente, / par da scorza tu esca» (vv. 99-101). Ogni parte del corpo assumerà le forme naturali: «il cuor nel petto è come pesca / intatta / tra le palpebre gli occhi / son come polle tra l’erbe, / i denti negli alveoli / son come mandorle acerbe» (vv. 104-109); «e il verde vigor rude / ci allaccia i malleoli / c’intrica i ginocchi» (vv. 112-114).
La pioggia nel pineto si chiude con una ripresa dei vv. 20-32, anche se il poeta scambia i pronomi relativamente alla «favola bella»: a differenza di quanto affermato nella prima strofa, adesso è la donna a vivere l’illusione amorosa.
La pioggia nel pineto – Figure retoriche
Varie sono le figure retoriche presenti nel componimento di D’Annunzio.
Come spiegato nel paragrafo relativo all’analisi, importante è la figura dell’anafora (Piove, vv. 8, 10, 12, 14, 20, 22 nella prima parte del testo; poi ai vv. 95, 97, 116, 118; Ascolta, vv. 8, 40, 65, 88.
D’Annunzio ricorre anche alla figura dell’apostrofe (v. 1, Taci; vv. 8, 40, 65, 88, Ascolta).
Al v. 6 si può notare la figura della personificazione (che parlano gocciole e foglie).
Ricorrenti sono le similitudini (v. 58; come una foglia; vv. 60-61, come / le chiare ginestre; v, 104, il cuor nel petto è come pesca; v. 107, son come polle tra l’erbe; v. 109, son come mandorle acerbe).
Ai vv. 76-79 l’espressione si spegne è un’epifora, una figura retorica che consiste nella ripetizione di una o più parole alla fine tra loro successivi, per rafforzare un concetto.
Al v. 81 è presente una sineddoche (fronda sta per albero; la parte identifica il tutto in questo caso).
Come sempre, in D’Annunzio, è presente un notevole utilizzo di allitterazioni e, soprattutto, di enjambement (vv. 1-2; 2-3; 3-4; 4-5; 6-7; 8-9; 10-11; 12-13; 14-15; 16-17; 18-19; 20-21; 22-23; 24-25; 25-26; 27-28; 33-34; 34-35; 40-41; 41-42; 43-44; 46-47; 47-48; 48-49; 49-50; 53-54; 59-60; 60-61; 63-64; 65-66; 69-70; 71-72; 77-78; 81-82; 83-84; 85-86, 86-87; 89-90; 90-91; 92-93; 95-96; 98-99; 99-100; 02-103; 104-105; 106-107; 108-109; 112-113; 116-117; 118-119; 120-121; 123-124).
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