La casa dei doganieri è una notissima poesia di Eugenio Montale; composta nel 1930, fu pubblicata per la prima volta sulla rivista L’Italia letteraria nello stesso anno, apre la sezione IV delle Occasioni (1939).
Montale spiega, in una dichiarazione allo scrittore Giulio Nascimbeni, di averla scritta per “una giovane villeggiante morta molto giovane” (il “tu” al quale si rivolge); rispetto all’edificio oggetto del testo, collocato sulla costa a Monterosso, in una lettera ad Alfonso Leone del 19 giugno 1971, il poeta afferma: “La casa dei doganieri fu distrutta quando avevo sei anni. La fanciulla in questione non poté mai vederla; andò […] verso la morte, ma io lo seppi molti anni dopo. Io restai e resto ancora. Non si sa chi abbia fatto la scelta migliore. Ma verosimilmente non vi fu scelta”. Giorgio Zampa identifica in questa figura Anna degli Uberti, morta a Firenze a 54 anni, la quale ricorre in altre poesie di Montale come Annetta o Arletta.
Centrale nel testo è la dimensione della memoria, che tiene in vita il passato e la donna, con la quale il poeta trascorse alcuni significativi momenti nella casa dei doganieri.
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La casa dei doganieri è una notissima poesia di Eugenio Montale; composta nel 1930, fu pubblicata per la prima volta sulla rivista L’Italia letteraria nello stesso anno.
Testo
Si tratta di quattro strofe di cinque e sei versi, prevalentemente endecasillabi. Lo schema di rime è il seguente: ABBAC DCDEEF FGHGH IBIILL.
- Tu non ricordi la casa dei doganieri
- sul rialzo a strapiombo sulla scogliera:
- desolata t’attende dalla sera
- in cui v’entrò lo sciame dei tuoi pensieri
- e vi sostò irrequieto. 5
- Libeccio sferza da anni le vecchie mura
- e il suono del tuo riso non è più lieto:
- la bussola va impazzita all’avventura
- e il calcolo dei dadi più non torna
- Tu non ricordi; altro tempo frastorna 10
- la tua memoria; un filo s’addipana
- Ne tengo ancora un capo; ma s’allontana
- la casa e in cima al tetto la banderuola
- affumicata gira senza pietà.
- Ne tengo un capo; ma tu resti sola 15
- né qui respiri nell’oscurità
- Oh l’orizzonte in fuga, dove s’accende
- rara la luce della petroliera!
- Il varco è qui? (Ripullula il frangente
- ancora sulla balza che scoscende …) 20
- Tu non ricordi la casa di questa
- mia sera. Ed io non so chi va e chi resta.
La casa dei doganieri – Parafrasi
- Tu non ricordi la casa dei doganieri sul rilievo a strapiombo sulla scogliera:
- ti attende abbandonata dalla sera
- in cui la moltitudine dei tuoi pensieri
- vi entrò e vi si fermò con inquieta vivacità.
- Il libeccio colpisce da anni le vecchie mura
- e il suono della tua risata non è più lieto:
- l’ago della bussola si muove senza senso
- e la somma dei dadi non è più corretta.
- Tu non ricordi; una diversa dimensione temporale distrae
- la tua memoria; un filo si riavvolge.
- Ne tengo ancora un’estremità; ma la casa
- si allontana e la banderuola affumicata
- in cima al tetto gira senza fermarsi.
- Ne tengo un’estremità; ma tu resti sola
- e non respiri qui nell’oscurità.
- Oh l’orizzonte che si allontana, sul quale
- raramente si accende la luce di una petroliera!
- È qui il passaggio? (L’onda torna a infrangersi
- sulla scogliera…).
- Tu non ricordi la casa di questa
- mia sera. E io non so chi di noi due va e chi resta.
La casa dei doganieri – Analisi e figure retoriche
L’incipit Tu non ricordi – che per anafora torna anche al v. 10 e al v. 21 – mette in rilievo il tema centrale della poesia, quello della memoria. Il “tu” – con tutta probabilità Anna degli Uberti, che in altre poesie assume il nome di Annetta o Arletta – a cui si rivolge il poeta non ricorda perché in quella casa non è mai entrata (come afferma Montale, l’edificio fu distrutto quando lui era bambino), ma anche perché la donna è morta.
L’espressione sciame dei tuoi pensieri del v. 4 è una metafora con la quale si allude alla vivacità intellettuale della donna: la casa, a causa della sua assenza, attende desolata un ritorno che non avrà luogo; in realtà, il poeta assegna alla casa la rappresentazione del sentimento di solitudine e abbandono che è lui a sperimentare.
La seconda e terza strofa evidenziano il senso della perdita e quello del ricordo impossibile: questo avviene attraverso elementi che danno l’idea di disorientamento e confusione. La bussola che va impazzita all’avventura (v. 8) indica, per metafora, la perdita di orientamento mentre il calcolo dei dadi che più non torna (v. 9) sottolinea, sempre ricorrendo alla metafora, l’irrazionalità, ma forse anche la perdita di speranza nella sorte.
L’altro tempo che frastorna (v. 10) i pensieri della donna può essere inteso come quello della sua vita dopo l’incontro con il poeta, del quale egli non ha fatto parte, oppure come una condizione ultraterrena, data la morte della donna.
Il filo del v. 11, che evoca quello del mito di Arianna e Teseo, rappresenta il legame tra passato e presente e sembrerebbe suggerire la possibilità di un ricongiungimento tra il poeta e la donna, possibilità subito sfumata perché il filo s’addipana, si riavvolge su sé stesso, lasciando il poeta di nuovo solo, e la casa s’allontana (v. 12).
Rimane l’immagine della banderuola / affumicata che gira senza pietà (vv. 13-14): anch’essa rappresenta il disorientamento poiché non indica alcuna direzione.
La terza strofa si conclude nel segno dell’oscurità, alla quale si contrappone, nell’ultima strofa, la luce della petroliera (v. 18), che può apparire come un segnale di vita, una possibilità di salvezza all’orizzonte (v. 17), come si chiede il poeta (Il varco è qui?, v. 19). Il motivo del varco, di un passaggio che permetta l’evasione dalla costrizione esistenziale, è ricorrente nella poesia montaliana. Ma l’illusione è brevissima; il poeta sembra subito dare una risposta ai propri dubbi: l’onda che continuamente si riforma sulla scogliera suggerisce l’idea della circolarità temporale, che non lascia spazio a deviazioni.
La poesia si conclude con i temi dell’intreccio tra vita e morte e della discontinuità tra passato e presente: il poeta non sa chi davvero, fra i due, sia andato o sia restato, perché la condizione esistenziale rende prigionieri.
Oltre alle già citate figure retoriche (anafora e metafora), vale la pena sottolineare la presenza di numerosi enjambement (vv. 10-11, altro tempo frastorna/ la tua memoria; vv. 12-13, ma s’allontana/ la casa; vv. 13-14, la banderuola / affumicata; vv. 17-18, dove s’accende/ rara la luce; vv. 21-22: Tu non ricordi la casa di questa/ mia sera).
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