La capra è un componimento poetico di Umberto Saba che fu pubblicato per la prima volta nel 1912 nella raccolta Coi miei occhi; dal 1921 entrò a far parte della sezione Casa e campagna, che contiene i componimenti composti tra 1909 e 1910, del Canzoniere. Il poeta, osservando e “dialogando” con una capra, riflette sull’universalità del dolore, che coinvolge tutti gli esseri viventi e li accomuna. La capra è una poesia che si compone di tre strofe di endecasillabi e settenari; l’ultimo verso è un quinario.
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La capra è un componimento poetico di Umberto Saba che fu pubblicato per la prima volta nel 1912 nella raccolta Coi miei occhi; dal 1921 entrò a far parte della sezione Casa e campagna, che contiene i componimenti composti tra 1909 e 1910, del Canzoniere.
Testo
- Ho parlato a una capra.
- Era sola sul prato, era legata.
- Sazia d’erba, bagnata
- dalla pioggia, belava.
- Quell’uguale belato era fraterno 5
- al mio dolore. Ed io risposi, prima
- per celia, poi perché il dolore è eterno,
- ha una voce e non varia.
- Questa voce sentiva
- gemere in una capra solitaria. 10
- In una capra dal viso semita
- sentiva querelarsi ogni altro male,
- ogni altra vita.
La capra (Saba) – Parafrasi
- Ho parlato a una capra.
- Era sola, in un prato, ed era legata.
- Aveva mangiato, era bagnata
- a causa della pioggia e belava.
- Quel belato mi sembrava
- affine al mio dolore. E io risposi, prima
- per scherzo, poi perché il dolore è eterno,
- ha un’unica voce ed è immutabile.
- Sentivo questa voce
- gemere nel verso di una capra solitaria.
- In una capra dal viso simile a quello degli ebrei,
- sentivo il lamento di tutti i mali,
- di tutti gli altri esseri viventi.
La capra (Saba) – Analisi
L’incipit della poesia può stranire il lettore: il poeta dichiara infatti di aver parlato con una capra, che si trova legata in un prato e bela, mentre la pioggia la bagna. Nella seconda strofa il poeta afferma di aver risposto – prima «per celia» (v. 7), per scherzo, poi consapevolmente – perché il belare di quella capra gli giunge come un lamento («questa voce sentiva / gemere in una capra solitaria, vv. 9-10) e come l’espressione di un dolore «fraterno» (v. 5), simile, al suo: il dolore, infatti, è «eterno» (v. 7), immutabile e riguarda tutti nella stessa maniera («ha una voce e non varia», v. 8). È in quella capra che Saba riconosce il lamento di tutti gli esseri viventi per la sofferenza e i dolori dell’esistenza.
Al v. 11 all’animale è attribuito un «viso semita»: sembra che Saba riprenda lo stereotipo per cui gli ebrei hanno tratti somatici ben riconoscibili, ma in realtà quest’espressione è più un riferimento alla memoria delle proprie origini (Saba era ebreo per parte materna) e ai trascorsi di sofferenza e persecuzione del popolo ebraico.
La capra (Saba) – Figure retoriche
Varie sono le figure retoriche presenti in questa poesia di Umberto Saba. Nei vv. 5-6 è ravvisabile una similitudine sottintesa (fraterno / al mio dolore; fraterno in questo caso sta per simile, affine; Saba fa quindi una similitudine fra il suo dolore e quello dell’animale). Al v. 7 si può notare un’iperbole (il dolore è eterno), mentre il v. 11 è una metafora (In una capra dal viso semita). Numerose sono le assonanze (vv. 1-2, capra/legata; vv. 3-4, bagnata/belava; vv. 6-9, prima/sentiva, vv. 11-12, semita/sentiva) così come numerosi sono gli enjambement (vv. 3-4; 5-6; 6-7; 9-10; 11-12).
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