Inno a Satana è una poesia scritta da Giosuè Carducci nel 1863 e pubblicata sulla rivista bolognese Il popolo nel 1869.
La poesia è un attacco di Carducci alla Chiesa e alla sua mentalità, a favore della scienza e della natura, personificate da Satana e dalla locomotiva.
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Busto di Giosuè Carducci, autore dell’Inno a Satana
Riassunto
Il testo completo della poesia Inno a Satana è a questo link.
Le prime cinque strofe sono una lunga invocazione a Satana, con un’apostrofe che si apre al v. 1 (A te) e viene arricchita da numerosi attributi per essere conclusa solo ai vv. 19-20, dove viene chiarito a chi si stia rivolgendo il poeta (Te invoco, o Satana,/Re del convito). Satana viene subito presentato come una figura positiva, accostato al banchetto, a un’atmosfera di allegria, di ebbrezza, di passione, e risulta il principio originario di ogni cosa, ruolo tradizionalmente affidato a Dio: comincia il rovesciamento rivoluzionario proposto da Carducci.
Dalla sesta strofa il poeta dipinge infatti uno scenario apocalittico che segna la sconfitta della religione cristiana, con la caduta degli angeli e la ruggine che ricopre le spade degli arcangeli (la ruggine/Rode a Michele/Il brando mistico,/Ed il fedele/Spennato arcangelo/Cade nel vano).
Dalla decima strofa Carducci inizia a chiarire cosa rappresenti Satana: è il mondo della natura, dei fenomeni e delle forme visibili. Per questo, Satana è in tutte le percezioni dei sensi, è nelle donne e nel vino che portano gioia. Da lui viene anche l’ispirazione artistica. Il poeta sottolinea poi come la violenza cristiana abbia cercato di distruggere tutto ciò che Satana rappresenta, compresa la libertà di pensiero. Lo dimostrano una serie di pensatori che sono stati scomunicati e combattuti per aver pensato con la propria testa e usato la ragione (Wycliffe e Huss, Martin Lutero).
Infine il poeta celebra il fatto che nel presente infine Satana ha vinto la battaglia: Materia, inalzati:/Satana ha vinto./Un bello e orribile/Mostro si sferra […]. La locomotiva è Satana che riprende il controllo del mondo attraversando tutte le terre ed è un prodotto della ragione.
Inno a Satana – Analisi
La poesia ha la forma di inno e si svolge in 50 quartine di versi quinari. Lo schema delle rime è ABCB. Le strofe molto brevi rendono il ritmo rapido e incalzante. La stesura della poesia infatti fu ispirata dall’occasione di un brindisi al banchetto di un amico del poeta. Carducci stesso, infatti, afferma di averla composta in una notte, di getto.
Inno a Satana è un’opera giovanile, come dimostrano i toni polemici e appassionati, l’anticlericalismo e il razionalismo estremi. Carducci vuole infatti essere provocatorio nei confronti dei borghesi e della loro mentalità, guidata dalla Chiesa e dai suoi dogmi. All’ipocrisia, al moralismo, alla chiusura mentale, alla fede cieca e all’immobilismo il poeta contrappone l’onestà, il libero pensiero, la luce della ragione, il progresso e la gioia di vivere, simboleggiati da Satana. La scelta del simbolo deriva dalla celebre frase “Vade retro, Satana” della liturgia religiosa: con questa affermazione i preti respingono tutto ciò che Carducci vuole descrivere, quindi il soggetto è perfetto per sintetizzare il concetto.
Tutto ciò che i reazionari, a fianco della Chiesa, considerano opera di Satana e quindi negativo, Carducci lo rovescia in una luce positiva. Satana è la materia, Dio è lo spirito. Satana è la modernità, Dio è il passato. Simbolo della modernità e della materia è la locomotiva, un prodotto del progresso scientifico, personificata nelle ultime strofe.

Nella poesia Inno a Satana la locomotiva è simbolo del progresso scientifico e della modernità e viene rappresentata come una creatura mostruosa
Figure retoriche
La poesia Inno a Satana si svolge attraverso strofe e versi brevi, perciò gli enjambement sono moltissimi: per esempio vv. 9-10, 13-14, 16-17, 43-44, 60-61, 105-106, 140-141 e molti altri.
Le anafore contribuiscono a rendere il ritmo incalzante e il tono aggressivo: vv. 39-40 (Re de i fenomeni,/Re de le forme), vv. 55-56 (Che il dolor proroga/Che amor ne incora), vv. 73-79 (A te del Libano […]/A te ferveano […]/A te i virginei/Candidi amori), vv. 131-132 (Mena Licoride,/Mena Glicera), vv. 171-172 (Corre gli oceani,/Corre la terra), vv. 183-186 (Come di turbine/Manda il suo grido,/Come di turbine/L’alito spande).
Altre figure retoriche che influenzano la struttura della frase sono i chiasmi (vv. 3-4 materia e spirito/ragione e senso, vv. 175-176 i monti supera/divora i piani) e le anastrofi (per esempio vv. 1-2 de l’essere/principio immenso, v. 12 d’amor parole, vv. 73-73 del Libano/fremean le piante, vv. 109-110 del chiostro torpido/oltre i cancelli).
Troviamo poi similitudini ai vv. 6-8 (scintilla/sì come l’anima/ne la pupilla), 63-64 (come fulmine/scuoti le menti), vv. 173-174 (corusco e fumido/come i vulcani), vv. 183-186 (come di turbine […]/l’alito spande).
Sono invece metafore palpita/fecondo il piano (vv. 16-17); meteore pallide/pianeti spenti (vv. 33-34); nel lampo tremulo/d’un occhio nero (vv. 43-44); lieto sangue (v. 50); aspro sacco (v. 122); insonne cella (v. 136); un bello e orribile/mostro (vv. 169-170 con anche un’antitesi).
Infine ci sono numerose metonimie (occhio nero v. 44, se, v. 59, marmi v.67, tele v. 68, carte v. 68, segni argolici v. 91, l’egra natura v. 104, pagine v. 137) e sineddochi (pupilla v. 8, spume v. 84, mitre v. 154, corone v. 154).
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