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Il gelsomino notturno

La poesia Il gelsomino notturno di Giovanni Pascoli fu composta per le nozze dell’amico Gabriele Briganti ed uscì in forma di opuscolo nel 1901; fu poi raccolta nei Canti di Castelvecchio nell’edizione del 1903. È composta da sei quartine di novenari a rime alternate (ABAB); nell’ultima quartina non c’è rima tra il primo e il terzo verso. Si ha una narrazione dei piccoli eventi naturali che scandiscono la notte, dall’arrivo della sera all’alba; tale narrazione è però accompagnata da riferimenti delicata alla vicenda d’amore dei due giovani sposi, dalla quale nascerà il figlio Dante Gabriele Giovanni (i primi due nomi in omaggio al poeta preraffaellita Dante Gabriel Rossetti; l’ultimo nome in omaggio a Pascoli). Il gelsomino notturno è un componimento che mette in evidenza il simbolismo pascoliano, dato che è costruito su un alternarsi di detto e non detto e sulla corrispondenza tra elementi (oggetti, suoni, odori).

In questa pagina…

  • Testo
  • Parafrasi
  • Analisi e figure retoriche
  • Analisi visiva
il gelsomino notturno pascoli

Il gelsomino notturno è un componimento che mette in evidenza il simbolismo pascoliano

Testo

  • E s’aprono i fiori notturni,
  • nell’ora che penso ai miei cari.
  • Sono apparse in mezzo ai viburni
  • le farfalle crepuscolari. 4
  • Da un pezzo si tacquero i gridi:
  • là sola una casa bisbiglia.
  • Sotto l’ali dormono i nidi,
  • come gli occhi sotto le ciglia. 8
  • Dai calici aperti si esala
  • l’odore di fragole rosse.
  • Splende un lume là nella sala.
  • Nasce l’erba sopra le fosse. 12
  • Un’ape tardiva sussurra
  • trovando già prese le celle.
  • La Chioccetta per l’aia azzurra
  • va col suo pigolio di stelle. 16
  • Per tutta la notte s’esala
  • l’odore che passa col vento.
  • Passa il lume su per la scala;
  • brilla al primo piano: s’è spento… 20
  • È l’alba: si chiudono i petali
  • un poco gualciti; si cova,
  • dentro l’urna molle e segreta,
  • non so che felicità nuova. 24

Il gelsomino notturno – Parafrasi

  • E si aprono i fiori notturni,
  • nell’ora in cui penso ai miei cari.
  • Sono apparse in mezzo ai fiori dei viburni
  • le farfalle notturne.
  • Già da un bel po’ sono cessati i gridi:
  • soltanto là in una casa si parla piano.
  • Gli uccelli nei nidi dormono sotto l’ala,
  • come gli occhi degli uomini dormono sotto le palpebre.
  • L’odore di fragole rosse si diffonde
  • dai calici dei fiori aperti.
  • Una lampada è accesa là nella sala.
  • Cresce l’erba sopra le tombe.
  • Un’ape in ritardo sussurra
  • trovando già occupate le celle dell’alveare.
  • L’ammasso delle Pleiadi [la Chioccetta]
  • attraversa il cielo con il suo scintillio di stelle.
  • Durante tutta la notte si diffonde
  • l’odore dei fiori che passa con il vento.
  • La lampada si vede passare su per la scala;
  • brilla al primo piano: si è spenta…
  • È l’alba: si chiudono i petali dei fiori
  • un poco sgualciti; dentro l’ovario del fiore umido e nascosto
  • si matura
  • non so quale felicità nuova.

Il gelsomino notturno – Analisi e figure retoriche

Analisi della poesia suddivisa per quartine.

1-4: la “e” posta a incipit del verso ci indica che la meditazione del poeta, già avviata, è come se continuasse “a voce alta”. Al tramonto, l’ora del giorno più adatta per raccogliersi, il poeta si ferma a pensare ai propri defunti. L’arrivo della notte non è descritto, ma è suggerito attraverso lo schiudersi del gelsomino e l’apparire delle farfalle notturne. I “viburni” sono piante dai grandi fiori bianchi. Le “farfalle crepuscolari” sono le falene.

5-8: la sera si accompagna al silenzio e al riposo; solo in una casa (quella di Gabriele Briganti) qualcuno è sveglio e bisbiglia. “I gridi” del v. 5 sono quelli degli uccelli, che arrivata la sera smettono di cinguettare. La “casa” del v. 6 e “i nidi” del v. 7 sono due metonimie, cioè figure retoriche in cui un termine è sostituito da un altro che con esso ha un rapporto di continuità: in questo caso, il “contenuto” (gli uomini e gli uccelli) è sostituito dal “contenente” (la casa e il nido). Emerge così il tema del nido, del luogo chiuso, che è simbolo dello spazio affettivo, del rifugio protettivo per eccellenza. Il verbo “bisbiglia” del v. 6 è un’onomatopea ma esprime anche una personificazione, perché è riferito alla casa, ma intende che siano i due sposi a parlare a voce bassa. “Le ciglia” del v. 8 rappresentano una sineddoche, una figura retorica che esprime la parte per il tutto (infatti qui Pascoli intende per ciglia le palpebre). È presente anche una similitudine (“come gli occhi sotto le ciglia”; v. 8).

9-12: di notte, quando tutto sembra assopirsi, si sta svolgendo un’attività feconda, in quanto i gelsomini si stanno aprendo diffondendo nell’aria un profumo che ricorda quello delle fragole mature (“rosse”, v. 10; qui la sensazione olfattiva – profumo – e quella visiva – rosse – danno luogo a una chiara sinestesia), mentre l’erba sta crescendo sulle tombe (“fosse”, v. 12). Anche nella casa, però, c’è vita, ed è quella degli sposi. Si ha un parallelismo tra la fecondità della natura e quella degli sposi all’interno della casa. Il termine “calici” del v. 9 indica la disposizione circolare dei petali aperti dei fiori. Si mescolano immagini di vita (il lume che splende nella sala, l’erba che cresce) e di morte (le fosse).

13-16: “le celle” del v. 14 sono quelle dell’alveare, luogo fecondo per eccellenza e “nido” delle api; nell’ape che arriva tardi, quando è buio e le altre api sono già tutte rientrate, si può intravedere un riferimento autobiografico all’esclusione dalla sfera di vitalità e sensualità propria di ogni esistenza. “La Chioccetta” del v. 15 è il nome contadino delle Pleiadi; giocando su questo nome, Pascoli crea una metafora: come la chioccia è la gallina che si muove per l’aia con dietro i suoi pulcini che pigolano, così le Pleiadi sono stelle che si trovano nel cielo (“aia azzurra”, v. 15) con un seguito di stelle minori (a occhio nudo, infatti, se ne vedono solo sette): dunque le stelle, per analogia, “pigolano” come i pulcini, ma il pigolìo rimanda al luccichio. I termini “sussurra” e “pigolio” sono onomatopee. È presente anche una personificazione (“Un’ape tardiva sussurra”).

17-20: la luce che al v. 11 era accesa nella sala, viene spostata, lungo la scala, al piano superiore, nella camera da letto, dove i due sposi si uniranno e creeranno una nuova vita. Il poeta è reticente rispetto all’intimità dei due coniugi, come dimostrano i puntini di sospensione al v. 20 che seguono lo spegnersi della luce. “Passa il lume su per la scala” è una personificazione.

21-24: all’alba i petali del gelsomino si richiudono e custodiscono al proprio interno (“l’urna molle e segreta”, v. 23) l’attesa di una vita futura; questa attesa riguarda anche i due sposi e il frutto che è destinato a nascere dalla loro unione. Il mondo naturale e quello domestico sono messi in parallelo tramite le rispettive vicende sessuali: la fecondazione dei fiori e quella della sposa. “L’urna molle e segreta” del v. 23 è una metafora che allude all’ovario del fiore, cioè la parte che contiene gli ovuli (e dunque la vita che potrà nascerne); l’urna è “molle” perché umida a causa della rugiada e “segreta” perché in una dimensione protettiva; i due aggettivi sono però anche riferibili alla donna fecondata e l’urna diventa, in questa lettura, il suo utero.

Numerosi sono gli enjambement presenti nel testo (vv. 3-4, 9-10, 13-14, 15-16, 17-18, 21-22).

Il gelsomino notturno – Analisi visiva

Analisi visiva de Il gelsomino notturno. Fonte: “Le occasioni della letteratura” – Ed. Paravia

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