Guido, i’ vorrei che tu e Lapo ed io è l’incipit di uno dei sonetti appartenenti alla prima fase della produzione poetica di Dante Alighieri, quella legata alla ripresa dei caratteri dello Stilnovo, in questo caso l’esaltazione dell’amicizia come valore da integrare all’amore. Il sonetto presenta rime incrociate nelle quartine e rime invertite nelle terzine, secondo lo schema ABBA, ABBA, CDE, EDC.
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Guido, i’ vorrei che tu e Lapo ed io è l’incipit di uno dei sonetti appartenenti alla prima fase della produzione poetica di Dante Alighieri
Testo
- Guido, i’ vorrei che tu e Lapo ed io
- fossimo presi per incantamento,
- e messi in un vasel ch’ad ogni vento
- per mare andasse al voler vostro e mio, 4
- sì che fortuna od altro tempo rio
- non ci potesse dare impedimento,
- anzi, vivendo sempre in un talento,
- di stare insieme crescesse ‘l disio. 8
- E monna Vanna e monna Lagia poi
- con quella ch’è sul numer de le trenta
- con noi ponesse il buono incantatore: 11
- e quivi ragionar sempre d’amore,
- e ciascuna di lor fosse contenta,
- sì come i’ credo che saremmo noi. 14
Guido, i’ vorrei che tu e Lapo ed io – Parafrasi
- Guido, io vorrei che tu, Lapo ed io
- fossimo rapiti per incantesimo,
- e messi sopra un vascello che con qualunque vento
- navigasse per mare secondo la vostra e mia volontà,
- così che né tempesta né altro tempo cattivo
- ci potesse ostacolare,
- anzi, vivendo sempre secondo una volontà comune,
- crescesse il desiderio di stare insieme.
- Poi vorrei che il potente mago ponesse con noi
- anche la signora Vanna e la signora Lagia
- insieme a quella donna che ha la trentesima posizione
- e vorrei che qui si potesse parlare sempre d’amore
- e che ciascuna di esse fosse contenta,
- così come io credo che saremmo noi.
Guido, i’ vorrei che tu e Lapo ed io – Analisi e figure retoriche
I destinatari del componimento sono Guido Cavalcanti e presumibilmente Lapo Gianni, poeta stilnovista. Dante si rivolge al primo per esprimergli il desiderio di essere rapiti per incantesimo e posti, insieme alle rispettive donne amate, su un vascello guidato dall’amore e dalle loro volontà. Dante immagina una fuga, un’evasione, con altre due coppie, andando a formare un gruppo di invididui caratterizzati da un codice culturale e di comportamento comune. La fuga cui si aspira è quella dalla società dei mercanti e delle lotte politiche cittadine.
Il vasel del v. 3 è la nave “magica” del mago Merlino, presente nei romanzi arturiani. La donna ch’è sul numer de le trenta (v. 10) sarebbe la donna che occupava il trentesimo posto in un’Epistola che Dante ricorda nel capitolo VI della Vita nuova e che aveva come argomento le sessanta donne più belle di Firenze. La donna cui si riferisce Dante non è dunque Beatrice, che occupava il nono posto. Il modello letterario cui fa riferimento Dante è il plazer provenzale, che era un elenco di piaceri e desideri.
Si segnalano alcune figure retoriche. Il primo verso si apre con un’apostrofe (Guido, i’ vorrei…). Sono presenti alcune anafore (vv. 3, 9, 12, 13: e; vv. 5, 14: sì; vv. 10-11: con). Al v. 3 è presente una metafora (vasel). I vv. 4 e 8 sono esempi di anastrofe (di stare insieme crescesse ‘l disio; per mare andasse al voler vostro e mio). Il v. 10 è un esempio di perifrasi (quella ch’è sul numer de le trenta). Sono presenti anche varie allitterazioni; si vedano, per esempio, i vv. 3-4 (v, s, n, r: e messi in un vasel ch’ad ogni vento / per mare andasse al voler vostro e mio); il v. 8 (s; di stare insieme crescesse ‘l disio); il v. 12 (r: e quivi ragionar sempre d’amore). Al v. 14 è presente una similitudine (sì come i’ credo che saremmo noi).
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