Funere mersit acerbo è una celebre poesia di Giosuè Carducci; il poeta la compose circa un mese dopo la morte del figlio Dante, avvenuta il 9 novembre 1870 a soli tre anni dalla nascita. Fa parte della raccolta Rime nuove.
Carducci si rivolge al fratello, anche lui di nome Dante, che si era suicidato nel 1857, appena ventenne; a lui chiede di accogliere il piccolo nipote che il poeta immagina impaurito e confuso al suo arrivo nel regno dei morti. Pochi mesi più tardi, Carducci dedicherà al figlio morto prematuramente un’altra poesia divenuta celeberrima: Pianto antico.
Il titolo del sonetto, particolarmente significativo, è tratto da un passo dell’Eneide (VI, 426-430):
- Continuo auditae voces vagitus et ingens
- infantumque animae flentes, in limine primo
- quos dulcis vitae exsortis et ab ubere raptos
- abstulit atra dies et funere mersit acerbo…
- Subito si udirono voci e un forte vagito
- di infanti, anime piangenti, sul far della soglia:
- estranei alla dolce vita, strappati al petto [della madre]
- il giorno oscuro li rapì e li sommerse con morte acerba…
Si tratta di un riferimento al pianto dei bambini morti piccolissimi e che Enea sente quando scende nell’Ade.
Da un punto di vista metrico si tratta un sonetto in endecasillabi con schema ABAB ABAB CDC DCD (rime alternate nelle quartine e nelle terzine).
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Tomba di Giosuè Carducci (cimitero della Certosa di Bologna)
Testo
Di seguito il testo del componimento.
- O tu che dormi là su la fiorita
- collina tósca, e ti sta il padre a canto;
- non hai tra l’erbe del sepolcro udita
- pur ora una gentil voce di pianto? 4
- È il fanciulletto mio, che a la romita
- tua porta batte: ei che nel grande e santo
- nome te rinnovava, anch’ei la vita
- fugge, o fratel, che a te fu amara tanto. 8
- Ahi no! giocava per le pinte aiole,
- e arriso pur di visïon leggiadre
- l’ombra l’avvolse, ed a le fredde e sole 11
- vostre rive lo spinse. Oh, giú ne l’adre
- sedi accoglilo tu, ché al dolce sole
- ei volge il capo ed a chiamar la madre. 14
Funere mersit acerbo – Parafrasi
- O tu [il riferimento è al fratello Dante] che riposi nella fiorita
- collina toscana [il riferimento è a Santa Maria a Monte, in Toscana] accanto a nostro padre,
- non hai udito, tra le erbe che ricoprono la tua tomba,
- poco fa, una voce gentile rotta dal pianto?
- È il mio bambino, che sta bussando
- alla porta solitaria del tuo sepolcro; lui che, avendo il tuo nome, illustre e sacro [per i poeti]
- perpetuava il tuo ricordo; anche lui fugge la vita
- fratello mio, quella vita che per te fu colma di amarezze.
- Oh no! Lui giocava tra le aiuole variopinte
- e, ancora allietato ancora dalle gioiose fantasie dell’infanzia,
- l’ombra della morte lo avvolse, e alle fredde e solitarie
- rive dell’oltretomba [il riferimento è alle rive dell’Acheronte] lo trascinò. Oh [ti supplico]
- nel tenebroso regno dei morti accoglilo tu, poiché il dolce sole
- lui cerca volgendo il capo e invoca la madre.
Nota – La parte finale del testo può essere interpretata anche in modo diverso; …al dolce sole / ei volge il capo potrebbe anche voler significare che il piccolo non vedrà più la luce del sole (il capo è rivolto in direzione opposta al sole).
Funere mersit acerbo – Analisi
Funere mersit acerbo è il primo componimento poetico che Carducci dedica al figlioletto scomparso; pochi mesi dopo scriverà Pianto antico, uno dei capolavori del poeta toscano.
Carducci mostra tutto il suo dolore per la scomparsa del figlio attraverso un accorato appello al fratello Dante, morto forse suicida molti anni prima (la versione ufficiale del suicidio è messa in dubbio da vari studiosi; una delle ipotesi è che il secondogenito di Michele Carducci sia stato colpito a morte dal padre durante una furiosa lite).
Nella prima quartina (vv. 1-4) il poeta si rivolge al fratello sepolto nella fiorita / collina tósca, nello stesso luogo dove è sepolto il padre Michele (il riferimento è al cimitero – chiamato oggi Campo della Rimembranza – di Santa Maria a Monte, in provincia di Pisa) e a lui chiede se, in quel luogo dove lui si trova, ha udito il pianto di un bambino.
Nella seconda quartina (vv. 5-8) il poeta spiega al fratello che quella voce appartiene al figlio Dante, è lui che sta bussando alla porta dello zio e che, portando lo stesso nome (definito grande e santo perché è lo stesso del Divin Poeta), ne perpetua il ricordo; anche il piccolo Dante ha perduto la vita, quella che al fratello di Carducci ha procurato molte amarezze (a te fu amara tanto).
La prima terzina (vv. 9-11) si apre con un’esclamazione (Ahi no!), un grido che sembra quasi un tentativo di ribellione del poeta al duro destino che gli ha sottratto il figlio ancora in età acerba; il padre lo ricorda affettuosamente, ancora lo vede giocare spensierato e pieno di gioia tra le aiuole fiorite, ma poi c’è il ritorno alla realtà, la constatazione che ormai la morte lo ha trascinato nelle rive fredde e solitarie dell’aldilà (vv. 11-12, l’ombra l’avvolse, ed a le fredde e sole / vostre rive lo spinse).
La terzina finale (vv. 12-14) è l’accorato appello al fratello; a questi il poeta chiede di accogliere e rassicurare quel bimbo solo e smarrito in quel luogo tenebroso e che piange cercando la madre.
Un commento
Funere mersit acerbo è un componimento che induce ad alcune riflessioni. Carducci è sicuramente un poeta apprezzato da moltissimi studiosi (non si può certo dimenticare che gli è stato conferito un premio Nobel) e il sonetto in esame è considerato un vero e proprio capolavoro. Dal punto di vista stilistico esso è oggettivamente incontestabile, non c’è parola che sia di troppo o fuori posto e particolarmente ricercata è la dotta citazione virgiliana. Detto ciò, si deve anche dare conto che la perfezione stilistica di Carducci è, paradossalmente, ciò che talvolta gli attira critiche – o comunque riserve – da parte di alcuni che trovano il suo stile sì perfetto, ma freddo, senza anima. In effetti, non può non colpire il fatto che Carducci descriva un dolore così personale, così intimo, così profondo, ricorrendo a dotte citazioni, fini ricercatezze e a esercizi di stile; sembra venir meno la sincerità. Simili considerazioni si potrebbero fare anche per il già citato Pianto antico (un titolo ripreso da un canto funebre del poeta greco Mosco). Evidentemente questo è Carducci, che lo si ami oppure no.
Funere mersit acerbo – Figure retoriche
Nel sonetto sono presenti alcune figure retoriche.
Il componimento si apre con un’apostrofe (v. 1, O tu…).
Molti sono gli enjambement (vv. 1-2, 3-4, 5-6, 6-7, 7-8, 11-12, 12-13, 13-14) che dettano il ritmo del componimento.
Ai vv. 1-2 è presente una perifrasi (fiorita / collina tósca sta per Santa Maria a Monte, un paese in provincia di Pisa).
Il v. 9 si apre con un’esclamazione (Ahi no!).
In alcuni versi è presente la figura dell’anastrofe (vv. 1-2 fiorita / collina, vv. 4, fanciulletto mio; vv. 4-5, romita / tua porta; vv. 7-8, amara / tanto; v. 9, pinte aiole; vv. 11-12, fredde e sole / vostre rive; vv. 12-13, adre sedi; v. 13, dolce sole).
Sono presenti alcune apocopi (gentil, fratel, visïon, chiamar).
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