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Forse un mattino andando in un’aria di vetro

Forse un mattino andando in un’aria di vetro è una nota poesia di Eugenio Montale; datata luglio 1923, fa parte della sezione Ossi di seppia, la seconda dell’omonima raccolta (1925). Il poeta immagina che forse un giorno, mentre sta camminando, si volterà e scoprirà che il nulla e il vuoto sono ciò che caratterizza la realtà e l’esistenza umana, che egli definisce un «inganno»; egli però procederà, portando con sé il segreto di questa rivelazione che gli altri uomini, coloro che «non di voltano», non possono comprendere. Si tratta di due quartine a rime alternate, secondo lo schema ABAB CDCD.

In questa pagina…

  • Testo
  • Parafrasi
  • Analisi
  • Figure retoriche
Forse un mattino andando in un'aria di vetro - Parafrasi - Analisi

Forse un mattino andando in un’aria di vetro è una nota poesia di Eugenio Montale; datata luglio 1923, fa parte della sezione Ossi di seppia.

Testo

  • Forse un mattino andando in un’aria di vetro,
  • arida, rivolgendomi, vedrò compirsi il miracolo:
  • il nulla alle mie spalle, il vuoto dietro
  • di me, con un terrore da ubriaco. 4
  • Poi, come s’uno schermo, s’accamperanno di gitto
  • alberi case colli per l’inganno consueto.
  • Ma sarà troppo tardi; ed io me n’andrò zitto 8

Forse un mattino andando in un’aria di vetro – Parafrasi

  • Forse un mattino, camminando nell’aria limpida
  • e secca, girandomi, vedrò compiersi la rivelazione:
  • vedrò, stordito come un ubriaco,
  • il nulla alle mie spalle, il vuoto dietro di me.
  • Poi, come se fossero su uno schermo, di colpo prenderanno posto
  • gli alberi, le case, i colli, per ricostruire l’inganno consueto della realtà.
  • Ma sarà troppo tardi; e io me ne andrò in silenzio,
  • mantenendo il mio segreto, tra gli uomini che non si voltano.

Forse un mattino andando in un’aria di vetro – Analisi

La scoperta del nulla che pervade la realtà si presenta come un’epifania, una rivelazione improvvisa, attraverso il gesto spontaneo di voltarsi mentre si sta camminando. Dunque la realtà e l’esistenza, dietro il loro aspetto superficiale, nascondono il vuoto: tutto ciò che appare – «alberi case colli» – è un «inganno». Questa rivelazione provoca nel poeta «terrore» e smarrimento, perché tutto ciò in cui egli crede viene meno.

Dopo l’improvvisa epifania, tutto torna com’era, ma il poeta ha una nuova consapevolezza: egli ha scoperto il segreto che sta dietro ogni cosa (il “voltarsi indietro” è segno di un atteggiamento insicuro rispetto alle apparenti certezze dell’esistenza) e questo lo renderà per sempre distinto dagli altri uomini, coloro che «non si voltano» perché ancorati alle loro (false) sicurezze.

Gli “uomini inconsapevoli” sono ricorrenti nell’opera montaliana: sono gli stessi ai quali il poeta faceva riferimento in Non chiederci la parola («l’uomo che se ne va sicuro / agli altri e a se stesso amico / e l’ombra sua non cura») e in Ti libero la fronte dai ghiaccioli («e l’altre ombre che scantonano / nel vicolo non sanno che sei qui»).

Forse un mattino andando in un’aria di vetro – Figure retoriche

Per quanto riguarda le figure retoriche, si noti la sinestesia presente ai vv. 1-2 (aria di vetro, / arida): il «terrore di ubriaco» è una metafora per indicare il disorientamento provocato dalla rivelazione del vuoto del reale mentre al v. 5 la similitudine «come s’uno schermo s’accamperanno» rimanda all’ambito cinematografico; al v. 6 l’asindeto privo di punteggiatura («alberi case colli») dà il senso di una realtà che si ripropone in maniera rapida e casuale. L’intero testo è caratterizzato dall’allitterazione della /r/. Si segnalano inoltre due enjambement (vv. 3-4, 6-7).

 

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