Dei sepolcri è la poesia più lunga di Ugo Foscolo, scritta nel 1806 e pubblicata nel 1807 a Brescia. Il carme è dedicato al letterato Ippolito Pindemonte e ispirato dall’editto napoleonico che aveva stabilito che le tombe dovessero essere trasferite fuori dalle città, per motivi igienici; inoltre dovevano essere prive di iscrizioni, tutte uguali in modo da evitare discriminazioni (editto di Saint-Cloud, 1804).
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Il sepolcro di Galileo Galilei, citato nel carme Dei sepolcri
Dei sepolcri – Riassunto
Il carme Dei sepolcri è composto da 256 endecasillabi sciolti, suddivisi in quattro parti a livello tematico. Il testo completo è a questo link.
La prima parte (vv. 1-90) è introdotta da una domanda che ne definisce il tema: l’utilità della sepoltura nella tomba e con tutti i riti funebri tradizionali (All’ombra de’ cipressi e dentro l’urne/Confortate di pianto è forse il sonno/Della morte men duro?). La stessa domanda viene riformulata subito dopo in prima persona dal poeta riferendola a se stesso. La risposta di Foscolo è che l’importanza consiste nella consapevolezza che grazie alla tomba rimanga qualcosa di materiale che possa segnare il legame tra i vivi e i morti e alleviare il dolore dei vivi (Non vive ei forse anche sotterra, quando/Gli sarà muta l’armonia del giorno,/Se può destarla con soavi cure/Nella mente de’ suoi?). Chi rimane sulla terra attraverso la tomba può mantenere vivo più concretamente il ricordo dei cari morti e il legame con loro (le corrispondenze d’amorosi sensi). Solo chi muore senza avere nessun affetto fra i vivi può essere indifferente alla possibilità di avere una tomba. Foscolo si indigna quindi per il fatto che Parini non abbia una sepoltura, perché morto in povertà e avverso alla nobiltà di Milano. Immagina la Musa che cerca il suo sacerdote, senza trovarlo.
La seconda parte (vv. 91-150) espone una carrellata di riti funebri di diverse tradizioni nel corso del tempo, dal mondo classico in avanti. La civiltà è nata infatti insieme alle tombe: è da quando si è iniziato a seppellire i morti che è iniziato il vivere civile in comunità. Vengono esaltati in particolare i riti inglese e quello classico rispetto agli altri.
La terza parte (vv. 151-212) spiega il valore delle tombe delle persone illustri (A egregie cose il forte animo accendono/L’urne de’ forti): queste hanno un valore pubblico perché fanno da modello alle altre persone, stimolano a imitare il loro esempio. Foscolo ricorda quindi le tombe di Machiavelli, Galileo e Michelangelo poste nella chiesa di Santa Croce a Firenze. Questa città viene definita beata innanzitutto per essere la patria di nascita di Dante e Petrarca, ma soprattutto per ospitare la memoria della gloria d’Italia con le tombe di tanti personaggi illustri. Viene ricordato qui anche Vittorio Alfieri, che a Santa Croce veniva a cercare ispirazione proprio presso le tombe dei grandi che lo avevano preceduto.
L’ultima parte (vv. 213-295) accosta il valore della tomba a quello della poesia: anche la poesia ha funzione eternatrice e permette di mantenere la memoria gloriosa di una persona più di una tomba, perché la tomba è soggetta all’usura del tempo. Foscolo porta come esempio il poeta per eccellenza, Omero, che con la sua poesia ha reso eterni tutti i protagonisti delle vicende della guerra di Troia in tutto il mondo (Il sacro vate,/Placando quelle afflitte alme col canto,/I prenci argivi eternerà per quante/Abbraccia terre il gran padre Oceàno).
Analisi
Il carme Dei Sepolcri affronta il tema della sepoltura e della memoria dopo la morte, che è tipico dei preromantici. Foscolo non rinnega il proprio materialismo, per cui non crede nella sopravvivenza dell’anima dopo la morte e lo afferma nei primi versi: la tomba non cambia il fatto che una persona non esista più concretamente ma garantisce gli unici tipi di esistenza possibili dopo la morte, cioè il ricordo dei propri cari e la gloria data dalla poesia o dall’arte in generale. Il valore della tomba quindi è soprattutto per i vivi.
Si tratta di un tema molto caro a Foscolo, che desidera fortemente essere ricordato dopo la morte per la propria poesia, anche perché non si sente riconosciuto adeguatamente in vita. Inoltre è suo massimo desiderio essere sepolto a Santa Croce insieme agli altri grandi letterati italiani che rievoca in questa poesia.
Nonostante l’impronta di base preromantica, Foscolo trae molte immagini, simboli, riferimenti dal mondo classico, per cui esprime una certa nostalgia. Le Muse, Omero, i riti funebri, la battaglia di Maratona. Non mancano però i temi romantici come il legame con la natura, la funzione della poesia, l’importanza delle passioni, il contrasto con il mondo, l’esilio, gli ideali politici, l’ansia di una pace irraggiungibile. Vi sono poi anche molti riferimenti alla cultura e alla storia italiane più recenti. I grandi della letteratura italiana che vengono rievocati hanno ampio spazio, ciascuno con una perifrasi che celebra la sua opera.

La chiesa di Santa Croce a Firenze
Figure retoriche
La poesia Dei sepolcri è molto lunga e stilisticamente elevata, quindi contiene numerosissime figure retoriche. Eccone alcune.
Come già accennato, numerose sono le perifrasi per indicare alcuni personaggi illustri (es. vv. 155-158 il corpo di quel grande/Che, temprando lo scettro a’ regnatori,/Gli allor ne sfronda, ed alle genti svela/Di che lagrime grondi e di che sangue). Un’altra lunga perifrasi si estende dal v. 3 al v. 12 per significare “quando sarò morto”.
Molti sono anche gli iperbati, per esempio vv. 4-5 (Per me alla terra non fecondi questa / Bella d’erbe famiglia e d’animali), vv. 39-40 (E di fiori odorata arbore amica / Le ceneri di molli ombre consoli), vv. 122-123 (E tutti l’ultimo sospiro / mandano i petti alla fuggente luce).
Numerose sono infine le metonimie: per esempio al v. 1 urne per indicare le tombe, al v. 13 sasso per indicare la lapide, al v. 37 nembi per parlare delle piogge, al v. 72 ombre per dire alberi, al v. 91 tribunali ed are per indicare il diritto e la religione.
Troviamo poi un ossimoro al v. 174: allegrò l’ira, e un climax ascendente ai vv. 184-185.
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