Commiato è un componimento poetico di Giuseppe Ungaretti che chiudeva la raccolta Il Porto Sepolto (1916), dove aveva per titolo Poesia, che mantiene anche in Allegria di Naufragi (1919). Assume il titolo attuale nell’edizione de L’Allegria del 1942, dove chiude la sezione Il Porto Sepolto. Come rivela il secondo verso, il destinatario del testo è Ettore Serra, poeta, amico di Ungaretti e primo stampatore del Porto Sepolto del 1916.
Nelle Note a L’Allegria, Ungaretti racconta: «Il Porto Sepolto fu stampato a Udine nel 1916, in edizione di 80 esemplari a cura di Ettore Serra. La colpa fu tutta sua. A dire il vero, quei foglietti: cartoline in franchigia, margini di vecchi giornali, spazi bianchi di care lettere ricevute… – sui quali da due anni andavo facendo giorno per giorno il mio esame di coscienza, ficcandoli poi alla rinfusa nel tascapane, portandoli a vivere con me nel fango della trincea o facendomene capezzale nei rari riposi, non erano destinati a nessun pubblico. […] Questo era l’animo del soldato che se ne andava quella mattina per le strade di Versa, portando i suoi pensieri, quando fu accostato da un tenentino. Non ebbi il coraggio di non confidarmi a quel giovine ufficiale che mi domandò il nome, e gli raccontai che non avevo altro ristoro se non di trovarmi e cercarmi in qualche parola e ch’era il mio modo di progredire umanamente. Ettore Serra portò con sé il tascapane, ordinò i rimasugli di carta, mi portò, un giorno che finalmente scavalcavamo il San Michele, le bozze del mio Porto Sepolto».
A proposito di Commiato, invece, Ungaretti spiega: «Ho sempre distinto tra vocabolo e parola e credo che la distinzione sia del Leopardi. Trovare una parola significa penetrare nel buio abissale di sé senza turbarne né riuscire a conoscerne il segreto». La poesia è preceduta da un’indicazione di luogo e tempo: «Locvizza il 2 ottobre 1916»: si tratta di una località che all’epoca si trovava sul fronte di guerra, al confine italo-sloveno, sull’altopiano del Carso. Si tratta di due strofe di versi liberi, privi di punteggiatura.
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Come rivela il secondo verso di Commiato, il destinatario del testo è Ettore Serra, poeta, amico di Ungaretti e primo stampatore del Porto Sepolto del 1916.
Testo
Locvizza il 2 ottobre 1916
- Gentile
- Ettore Serra
- poesia
- è il mondo l’umanità
- la propria vita 5
- fioriti dalla parola
- la limpida meraviglia
- di un delirante fermento
- Quando trovo
- in questo mio silenzio 10
- una parola
- scavata è nella mia vita
- come un abisso
Commiato (Ungaretti) – Parafrasi
- Gentile
- Ettore Serra
- la poesia
- è il mondo, l’umanità,
- la vita di ognuno
- che fioriscono dalla parola,
- è lo stupore limpido
- che nasce da una vitalità irrazionale
- Quando
- in questo mio silenzio
- trovo una parola,
- essa è scavata nella mia vita
- come in un abisso
Commiato (Ungaretti) – Analisi e figure retoriche
Il componimento è una dichiarazione di poetica: nella prima strofa la poesia – la parola è isolata al v. 3 per darle importanza – assume un significato universalizzante («poesia / è il mondo l’umanità», vv. 3-4), mentre nella seconda uno individualizzante, come sottolineano gli aggettivi possessivi («mio silenzio» al v. 10, «mia vita» al v. 12). La poesia rivela verità valide per tutti e per ciascuno, originandosi da una «limpida meraviglia» mescolata a un «delirante fermento» (vv. 7-8): essa è dunque chiarore, stupore, vitalità, confusione. Emozioni in antitesi, ma d’altronde Ungaretti stesso, parlando della propria poesia e poetica, affermava: «C’è volontà di espressione, necessità d’espressione, c’è esaltazione, nel Porto Sepolto, quell’esaltazione quasi selvaggia dello slancio vitale, dell’appetito di vivere, che è moltiplicato dalla prossimità e dalla quotidianita frequentazione della morte. Viviamo nella contraddizione».
Per quanto riguarda le figure retoriche si segnalano in particolare i numerosi enjambement (vv. 1-2; 3-4; 4-5; 5-6; 6-7; 7-8; 9-10; 10-11; 11-12; 12-13), la sinestesia al v. 7 («limpida meraviglia») e l’anticlimax del vv. 4-5 («è il mondo l’umanità / la propria vita»).
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