I Canti carnascialeschi furono un genere musicale in voga a Firenze nel XV sec.; la loro paternità è attribuita a Lorenzo il Magnifico. Rimasero molto popolari anche nel XVI sec. tanto che Anton Francesco Grazzini dedicò loro un’antologia (Tutti i trionfi, carri, mascherate o canti carnascialeschi andati per Firenze dal tempo del Magnifico Lorenzo vecchio de’Medici; quando egli ebbero prima cominciamento per infino a questo anno presente 1559).
Conobbero un momento di crisi alla morte del Magnifico perché durante la predicazione del Savonarola furono sostituiti da canti religiosi, ma alla morte del predicatore (1498) ritornarono in auge.
Hanno una metrica popolare, come la barzelletta o la ballata, arricchita da un ritornello e, a volte, dalla simulazione della caccia e della frottola.
Questi canti abitualmente venivano eseguiti durante le feste di carnevale (da carnasciale, carnevale) da un gruppo di maschere che camminavano per strada o collocate sui carri. Se le maschere rappresentavano divinità mitologiche e personificazioni di virtù erano chiamati Trionfi, se impersonavano mestieri o l’umanità Carri.
Ogni canto si svolgeva su un soggetto quotidiano, ma, considerata l’occasione carnevalesca, venivano ricercati tutti i possibili doppi sensi erotici e spesso semplicemente osceni.

Statua di Lorenzo il Magnifico nelle nicchie degli Uffizi. Fra il 1842 e il 1856, nelle nicchie furono inserite 28 statue marmoree con i toscani illustri dal Medioevo all’Ottocento.
Il canto carnascialesco più rinomato è proprio di Lorenzo il Magnifico, il celebre il componimento Il trionfo di Bacco e Arianna (o anche Canzona di Bacco), nel quale la festa e la gioia dell’amore sono gli antidoti con cui dimenticare gli aspetti tristi della vita, l’incertezza del domani e il fuggire del tempo, riprendendo il carpe diem (afferra il giorno) di Orazio. L’originalità della canzone è la vivacità popolare con cui riesce a esprimere questo amaro concetto:
- Quant’è bella giovinezza,
- che si fugge tuttavia!
- Chi vuol esser lieto, sia:
- di doman non v’è certezza.
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