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Amai (Saba)

Amai è una nota poesia di Umberto Saba che fu pubblicata per la prima volta nel 1946 sulla rivista Milano Sera e poi inserita nella sezione Mediterranee, che contiene i componimenti composti tra 1945 e 1946 nell’edizione del Canzoniere del 1948. Questo testo è una dichiarazione di poetica: Saba rivela la continuità della propria poesia con la tradizione letteraria, incarnata dalla rima «fiore / amore», che sembra elementare, ma in realtà è la più «difficile del mondo», perché dà vita a significati profondi. Il vero oggetto della poesia è la verità, che può suscitare dolore, ma alla fine è ciò che consola l’uomo. Nel finale, il poeta dichiara di amare il lettore, perché ascolta e partecipa alla sua poesia. Si tratta di tre strofe di diversa lumghezza costituite da endecasillabi (eccetto il v. 3 che è trisillabo).

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  • Testo
  • Parafrasi
  • Analisi e figure retoriche
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Il testo di Amai è una dichiarazione di poetica: Saba rivela la continuità della propria poesia con la tradizione letteraria, incarnata dalla rima «fiore / amore», che sembra elementare, ma in realtà è la più «difficile del mondo», perché dà vita a significati profondi

Testo

  • Amai trite parole che non uno
  • osava. M’incantò la rima fiore
  • amore,
  • la più antica difficile del mondo.
  • Amai la verità che giace al fondo, 5
  • quasi un sogno obliato, che il dolore
  • riscopre amica. Con paura il cuore
  • le si accosta, che più non l’abbandona.
  • Amo te che mi ascolti e la mia buona
  • carta lasciata al fine del mio gioco. 10

Amai (Saba) – Parafrasi

  • Ho amato parole consumate dal loro uso di cui nessuno
  • osava servirsi. Mi ha affascinato la rima fiore /
  • amore,
  • la più antica e difficile del mondo.
  • Ho amato la verità che è sepolta nell’anima,
  • come se fosse un sogno dimenticato, che il dolore
  • fa riscoprire amica [poiché capace di consolare]. Il cuore, con paura,
  • si avvicina alla verità, ma poi non la abbandona più.
  • Amo te che mi ascolti e la mia buona
  • carta [la poesia] lasciata alla fine della mia partita [la vita].

Amai (Saba) – Analisi e figure retoriche

Le prime due strofe sono introdotte dall’anafora del verbo «Amai» al passato e Saba ripercorre ciò che ha caratterizzato la sua poetica e la sua vita: la scelta di un lessico quotidiano che, da parte di molti poeti, era considerato banale e inadeguato; la continuità con la tradizione lirica; l’uso della rima baciata, apparentemente scontata, ma in realtà originale se capace di assegnare nuovi significati alle cose da dire. In questo senso, Saba si discosta sia dalle Avanguardie, ostili alla tradizione letteraria e innovatori sul piano lessicale e stilistico, sia dall’Ermetismo, che privilegiava un linguaggio evocativo spesso di difficile comprensione.

Nella seconda strofa, Saba rivela che l’oggetto della poesia è la verità e compito del poeta è rintracciarla nel «fondo» dell’anima e delle cose toglierla dall’oblio. Essa può provocare dolore e incutere timore, ma il cuore la ricerca perché sa che ne ha bisogno. Il poeta, attraverso un lessico quotidiano e scelte espressive che sanno di semplicità, può far emergere la verità.

Nel distico finale, aperto dal verbo amare al presente, il poeta si rivolge ai propri lettori, destinatari delle sue parole, nella consapevolezza di lasciare una «buona / carta», una poesia di valore. Per quanto riguarda le figure retoriche, oltre all’anafora con polittoto (Amai … Amai … Amo), si possono ricordare l’enjambement (vv. 1-2, 3-4, 6-7, 9-10) e la figura etimologica (v. 1-3, Amai/amore).

 

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