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Alla Musa (Foscolo)

Alla Musa è un sonetto scritto da Ugo Foscolo tra il 1802 e il 1803. Il tema è l’ispirazione poetica, infatti il poeta si rivolge alla Musa, dea greca che personifica proprio l’ispirazione artistica.

In questa pagina…

  • Testo
  • Parafrasi
  • Analisi
  • Figure retoriche
Alla Musa

Nel mondo classico a ogni arte era assegnata una Musa: Foscolo si rivolge a quella della poesia

Testo

Alla Musa è un sonetto, quindi è una poesia composta da due quartine e due terzina: la prima quartina ha rime incrociate (schema ABBA), la seconda ha rime alternate (ABAB), le terzine seguono lo schema CDE.

  • Pur tu copia versavi alma di canto
  • su le mie labbra un tempo, Aonia Diva,
  • quando de’ miei fiorenti anni fuggiva
  • la stagion prima, e dietro erale intanto 4
  • questa, che meco per la via del pianto
  • scende di Lete ver la muta riva:
  • non udito or t’invoco; ohimè! soltanto
  • una favilla del tuo spirto è viva. 8
  • E tu fuggisti in compagnia dell’ore,
  • o Dea! Tu pur mi lasci alle pensose
  • membranze, e del futuro al timor cieco. 11
  • Però mi accorgo, e mel ridice amore,
  • che mal ponno sfogar rade, operose
  • rime il dolor che deve albergar meco. 14

Parafrasi

  • Eppure tu, Aonia Musa, una volta sulle mie labbra
  • versavi un’abbondanza di animo poetico,
  • quando passava il primo tempo della giovinezza,
  • e intanto ad essa seguiva l’età matura,
  • che con me lungo una via dolorosa
  • discende verso la silenziosa riva del Lete (=verso la morte).
  • Ora ti invoco, ma rimango inascoltato; ahimè!
  • Della tua ispirazione in me è rimasta solo una scintilla.
  • Anche tu fuggisti insieme al tempo, o dea! Anche tu mi lasci
  • con i miei tristi ricordi e con l’oscuro timore del futuro.
  • Perciò mi accorgo, e amore me lo conferma,
  • che le rare e faticose che compongo non possono sfogare
  • il dolore che deve necessariamente accompagnarmi.

Alla Musa – Analisi

Il sonetto Alla musa è di stampo neoclassico, infatti rievoca il mondo classico in cui la poesia scaturiva dall’ispirazione data da una divinità, la Musa. Il poeta si rivolge direttamente a lei per lamentare il fatto che durante la giovinezza gli donava molta ispirazione poetica, mentre ora con l’avanzare degli anni lo sta abbandonando. L’età matura ha portato a Foscolo molte delusioni e sofferenze che la poesia non riesce più a consolare. Il poeta è quindi solo con i suoi ricordi tristi e il timore per quello che può riservare il futuro. L’unica certezza è che il dolore sarà ormai sempre con lui, fino alla morte.

In questo sonetto, quindi, si mescolano il neoclassicismo e il preromanticismo di Foscolo: il primo si manifesta nel ruolo dato all’arte e alla poesia, il secondo nel crollo della fiducia nel razionalismo e nell’ottimismo tipici dell’Illuminismo. A questa fiducia si sostituiscono la malinconia e la paura del futuro. Anche lo stile del testo rispecchia questo percorso: nella prima parte è più neoclassico, equilibrato, con suoni armoniosi, un ritmo tranquillo, dei riferimenti al mondo classico; nella seconda parte, invece, i suoni sono più aspri e il ritmo è più veloce, agitato come l’animo del poeta.

Figure retoriche

Foscolo usa due volte l’apostrofe per rivolgersi direttamente alla Musa: v. 1 (Pur tu… Aonia Diva) e v. 9 (E tu… o Dea!). Il primo verso della poesia è complicato da un iperbato (Pur tu copia versavi alma di canto) che stravolge l’ordine degli elementi nella frase. La stessa figura retorica si ritrova ai vv. 3-4 (de’ miei fiorenti anni fuggiva/la stagion prima). Simile effetto ha l’anastrofe, che al v. 6 scambia di posto due elementi della frase (scende di Lete ver la muta riva). La riva del Lete, inoltre, è una metafora per indicare la morte.

Due anastrofi si trovano anche nell’ultima terzina: al v.11 (e del futuro al timor cieco) e ai vv. 13-14 (mal ponno sfogar rade, operose/rime il dolor). Il ritmo della poesia è infine animato da molti enjambement: vv. 3-4, 4-5, 7-8, 10-11, 13-14.

 

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