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Alla luna (Leopardi)

Alla luna è uno degli idilli di Leopardi; con il termine idilli egli si riferisce a cinque testi (oltre al presente, gli altri sono L’infinito, La sera del dì di festa, Il sogno, La vita solitaria) che, nell’edizione definitiva dei Canti del 1831, occupano i numeri da 12 a 16. Il termine “idillio” deriva dal greco “eidyllion” e significa “piccola immagine, quadretto”, dunque indica una “poesia breve”. Nell’antica Grecia il vocabolo si riferiva a un genere di poesia bucolica, agreste, in cui veniva messa in risalto la vita di campagna. Negli idilli leopardiani il paesaggio diventa occasione per una riflessione esistenziale, tanto che il poeta stesso li definirà “situazioni, affezioni, avventure storiche del mio animo”.

Probabilmente Alla luna risale al 1819, come L’infinito, e il titolo primitivo era La ricordanza, mutato in Alla luna per non confonderlo con il canto Le ricordanze (1829). Nel testo, l’io poetico volge lo sguardo alla luna che rischiara il paesaggio notturno e ricorda che, un anno prima e con animo triste, aveva fatto lo stesso: pur provando ancora lo stesso dolore, però, il ricordo gli giunge dolce e lo rasserena. Il tema, infatti, è proprio quello del ricordo, che dona piacere nonostante la costante sofferenza individuale.

In questa pagina…

  • Testo
  • Parafrasi
  • Analisi e figure retoriche
alla luna leopardi

Alla luna è uno degli idilli di Leopardi; con il termine idilli egli si riferisce a cinque testi (oltre al presente, gli altri sono L’infinito, La sera del dì di festa, Il sogno, La vita solitaria).

Testo

  • O graziosa luna, io mi rammento
  • Che, or volge l’anno, sovra questo colle
  • Io venia pien d’angoscia a rimirarti:
  • E tu pendevi allor su quella selva
  • Siccome or fai, che tutta la rischiari. 5
  • Ma nebuloso e tremulo dal pianto
  • Che mi sorgea sul ciglio, alle mie luci
  • Il tuo volto apparia, che travagliosa
  • Era mia vita: ed è, nè cangia stile,
  • O mia diletta luna. E pur mi giova 10
  • La ricordanza, e il noverar l’etate
  • Del mio dolore. Oh come grato occorre
  • Nel tempo giovanil, quando ancor lungo
  • La speme e breve ha la memoria il corso,
  • Il rimembrar delle passate cose, 15
  • Ancor che triste, e che l’affanno duri!

Alla luna – Parafrasi

  • O luna graziosa, io mi ricordo
  • Che, un anno fa, io mi recavo pieno di dolore
  • A contemplarti sopra questo colle:
  • E tu allora stavi su quel bosco
  • Così come fai ora, che lo illumini tutto.
  • Ma il tuo volto appariva ai miei occhi
  • Annebbiato e tremante a causa del pianto
  • Che mi spuntava sulle ciglia, poiché la mia vita
  • Era piena di tormento: e lo è ancora né cambia modo di essere,
  • O mia amata luna. Eppure mi è gradito
  • Il ricordo, e contare la durata
  • Del mio dolore. Oh com’è gradito
  • Durante la giovinezza, quando la speranza
  • Ha ancora un corso lungo e la memoria uno breve di fronte a sé,
  • Ricordare le cose passate,
  • Anche se dolorose e sebbene l’affanno non finisca.

Alla luna – Analisi e figure retoriche

Nella prima parte del testo di Alla luna l’io poetico descrive la realtà a lui circostante, mentre nella seconda prende spazio la riflessione sulla propria condizione esistenziale. Il tema centrale è quello del ricordo che, anche se triste e doloroso, è dolce perché allontana dalla amarezza della realtà presente. Si ha una contrapposizione tra presente e passato: l’anno precedente, il poeta volgeva il proprio sguardo  piangente e pieno di angoscia alla luna, mentre nel tempo presente, sebbene il dolore permanga, il ricordo rende la tristezza più dolce, perché esso appartiene alla giovinezza, quando la speranza – frutto delle illusioni – è ancora grande e la memoria molto piccola, e dunque il dolore trova meno spazio.

In questa riflessione, sua interlocutrice è la luna, che il poeta spera possa partecipare alla sua sofferenza, a differenza di quanto accadrà molti anni più tardi, nel Canto notturno di un pastore errante dell’Asia, dove il protagonista rivolge alla luna, unica compagna di viaggio, alcune domande sul significato della vita, che rimangono prive di risposta. Per quanto riguarda le figure retoriche, va messa in risalto innanzitutto la personificazione della luna (si veda il v. 8, Il tuo volto apparia…).

Il v. 1 è un’apostrofe (O graziosa luna) e, al tempo stesso, un’anastrofe. L’apostrofe ritorna al v. 10 (O mia diletta luna). Ricordiamo che l’apostrofe è una figura retorica che consiste in un discorso fatto con toni accorati, di affetto o di rimprovero, a persone scomparse o assenti o a cose personificate. Diversi sono gli enjambement (vv. 1-2; vv. 8-9; vv. 10-11; vv. 11-12; vv. 13-14).

Nei vv. 1-4 si può notare l’allitterazione della lettera l (luna, volge, colle, allor). La figura retorica dell’iperbato è presente nei vv. 6-8 (Ma nebuloso e tremulo dal pianto / Che mi sorgea sul ciglio, alle mie luci / Il tuo volto apparia; ordinando “normalmente” dovremmo avere Ma il tuo volto apparia alle mie luci nebuloso e tremulo dal pianto che mi sorgea sul ciglio). Nel v. 6 è presente una metonimia (pianto sta per lacrime). Al v. 7 sono presenti una sineddoche (sul ciglio sta per sulle ciglia) e una metafora (alle mie luci sta per ai miei occhi).

 

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