All’Italia è una lirica civile composta da Leopardi nel 1818 a Recanati e pubblicata a Roma nel 1819.
La poesia è ispirata a tematiche politiche e patriottiche: Leopardi paragona la grandezza dell’Italia nei tempi antichi con la sua condizione di sottomissione nel presente.
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La tomba di Leopardi, autore della poesia All’Italia, si trova a Napoli
Riassunto
Il testo completo della poesia All’Italia è a questo link.
Nella prima strofa, Leopardi si rivolge direttamente alla patria lamentando il fatto di non vedere più la gloria che l’Italia aveva nei tempi antichi (la gloria non vedo,/non vedo il lauro e il ferro ond’eran carchi/i nostri padri antichi). Il poeta rappresenta l’Italia come una bellissima donna fatta prigioniera, ferita, piangente (personificazione).
Nella seconda strofa il rammarico per la situazione presente continua, e Leopardi si chiede chi sia il responsabile della decadenza attuale dell’Italia e perché nessuno la difenda: in uno slancio patriottico, chiede lui stesso di ricevere armi per battersi per la propria patria, volendo così incitare tutti gli italiani a difenderla (Nessun pugna per te? non ti difende/nessun de’ tuoi? L’armi, qua l’armi: io solo/combatterò).
Nella terza strofa il poeta rimprovera il fatto che molti giovani italiani siano mandati a combattere guerre straniere per altre nazioni, invece che difendere la propria patria (O numi, o numi!/pugnan per altra terra itali acciari).
Per questo motivo nella strofa successiva Leopardi rimpiange le epoche in cui i cittadini non vedevano l’ora di andare a combattere per la patria: l’esempio che porta è quello del sacrificio degli spartani alle Termopili per fermare l’avanzata dei persiani, nel 480 a.C.
Nelle ultime tre strofe a parlare non è più Leopardi ma Simonide di Ceo, poeta greco, che celebra quell’episodio e il coraggio dei giovani spartani (Beatissimi voi,/ch’offriste il petto alle nemiche lance/per amor di costei ch’al sol vi diede). Si sofferma sulla dura sconfitta che riuscirono a infliggere ai persiani prima di soccombere (ve’ come infusi e tinti/del barbarico sangue i greci eroi,/cagione ai Persi d’infinito affanno). Nell’ultima strofa, in particolare, si sottolinea la funzione della poesia, che contribuisce a dare immortalità agli eroi, e Simonide si augura di vivere come loro in eterno nella memoria grazie alla poesia.
Analisi
La forma metrica della poesia All’Italia è quella della canzone, con alcuni elementi diversi dalla tradizione: le sette strofe sono più lunghe del normale (venti versi ciascuna) e le rime sono diverse tra strofe dispari e strofe pari. I versi sono endecasillabi e settenari.
La tradizione delle liriche civili è lunga in Italia, ma si può individuare un modello evidente di questa canzone nella poesia Italia mia, benché ‘l parlar sia indarno di Petrarca.
La canzone All’Italia nasce dalla situazione italiana dopo la Restaurazione: il Congresso di Vienna (1815) ha determinato la sottomissione dell’Italia alle potenze straniere (francesi e austriaci in particolare). Leopardi si rammarica di questa situazione e scrive perciò versi di impegno civile, allineandosi al nazionalismo diffuso all’epoca. Condivide però con i suoi contemporanei soprattutto l’astio verso i francesi, ereditato dal padre. Sebbene questi temi non siano dominanti nella produzione poetica di Leopardi, non sono assenti nelle sue riflessioni in prosa, dove spesso il poeta esprime un grande amore per la patria.
Leopardi sottolinea il contrasto tra presente e passato con lunghe descrizioni di immagini molto vivide, per lo più appartenenti alla sfera della guerra e del dolore. Il tono drammatico e lo stile ricercato esprimono un grande coinvolgimento emotivo.
I critici sono per la maggior parte concordi nel vedere anche un aspetto autobiografico in questa poesia: Leopardi identifica sé stesso nell’Italia, la propria infelicità nella condizione misera del Paese. Il poeta condivide con la sua patria anche la solitudine e l’abbandono, nonostante il proprio valore.
Figure retoriche
La poesia All’Italia si apre con un’apostrofe alla patria.
Ci sono numerosissime anastrofi, per esempio v. 7 (nuda la fronte e nudo il petto mostri), v. 13 (che di catene ha carche ambe le braccia), v. 19 (le genti a vincer nata), vv. 49-50 (e i tremebondi lumi/piegar non soffri al dubitoso evento?). Figura retorica simile è l’iperbato, come al v. 108: l’ira de’ greci petti e la virtute.
Ai vv. 4-5 si realizza un’anadiplosi per sottolineare il concetto (la gloria non vedo, / non vedo il lauro).
Ai vv. 77-78 troviamo un ossimoro (ove morendo / Si sottrasse da morte il santo stuolo), al v. 103 una similitudine (Come lion di tori entro una mandra).
Al v. 53 itali acciari è una metonimia per indicare i soldati italiani, a partire dal materiale delle loro armi.
Al v. 86 la patria viene indicata con una perifrasi: costei ch’al sol vi diede. Questa perifrasi è anche una metafora per descrivere la nascita. Ne troviamo un’altra al v. 135: i moribondi lumi sono una metafora per indicare gli occhi.
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