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Al cor gentil rempaira sempre amore

Al cor gentil rempaira sempre amore è una celebre canzone di Guido Guinizelli; è un’opera fondamentale della letteratura italiana; è infatti unanimemente considerata come l’opera “manifesto” del dolce stil novo, la nuova tendenza poetica che sorgerà in Italia a partire dalla seconda metà del 1200; rappresenta, di fatto, il passaggio dalla tradizione siciliana e siculo-toscana a quella stilnovistica. Essa costituirà una sorta di “modello” per gli stilnovisti fiorentini. La canzone di Guinizelli è sì una classica poesia che loda la bellezza della donna amata, ma la sua grandissima importanza sta nel fatto che tratta quelli che saranno i temi fondamentali della scuola stilnovistica: l’identità, l’indissolubilità fra l’amore e la “gentilezza” (il cor gentile, ovvero la nobiltà d’animo, una nobiltà che non è legata al sangue bensì alle virtù della persona) e la figura della donna-angelo, prefigurazione della visione di Dio, una sorta di “intermediario” fra l’uomo e il Creatore, tema che rappresenterà l’emblema della lirica amorosa stilnovistica.

Dal punto di vista metrico, Al cor gentil rempaira sempre amore è una canzone costituita da sei stanze (strofe) di dieci versi ciascuna (endecasillabi e settenari). Lo schema della rima è ABABcDcEdE (la sesta stanza ha la funzione di congedo). Come da tradizione siciliana, le stanze dalla prima alla quinta sono capfinidas (termine che indica le strofe legate fra loro attraverso la ripetizione della parola oppure delle parole finali di ogni strofa all’inizio della strofa successiva):

  • stanza 1-2: / Foco
  • stanza 2-3: ‘nnamora, /Amor
  • stanza 3-4: ferro… / Fere
  • stanza 4-5: / Splende

In Al cor gentil rempaira sempre amore sono presenti latinismi (adamàs, laude, fraude), provenzalismi (rempaira, ausello, aigua e amanza) e forme bolognesi (dis’, presomisti, sïando).

In questa pagina…

  • Testo
  • Parafrasi
  • Analisi e riassunto
  • Figure retoriche
Al cor gentile rempaira sempre amore - Parafrasi - Analisi - Testo - Commento - Figure retoriche

Guido Guinizelli (1235-1276) è da molti considerato il precursore del dolce stil novo; Al cor gentil rempaira sempre amore è la canzone “manifesto” di questa tendenza poetica

Testo

  • Al cor gentil rempaira sempre amore
  • come l’ausello in selva a la verdura;
  • né fe’ amor anti che gentil core,
  • né gentil core anti ch’amor, natura:
  • ch’adesso con’ fu ‘l sole,  5
  • sì tosto lo splendore fu lucente,
  • né fu davanti ‘l sole;
  • e prende amore in gentilezza loco
  • così propïamente
  • come calore in clarità di foco.  10
  • Foco d’amore in gentil cor s’aprende
  • come vertute in petra prezïosa,
  • che da la stella valor no i discende
  • anti che ‘l sol la faccia gentil cosa;
  • poi che n’ha tratto fòre  15
  • per sua forza lo sol ciò che li è vile,
  • stella li dà valore:
  • così lo cor ch’è fatto da natura
  • asletto, pur, gentile,
  • donna a guisa di stella lo ‘nnamora.  20
  • Amor per tal ragion sta ‘n cor gentile
  • per qual lo foco in cima del doplero:
  • splendeli al su’ diletto, clar, sottile;
  • no li stari’ altra guisa, tant’è fero.
  • Così prava natura  25
  • recontra amor come fa l’aigua il foco
  • caldo, per la freddura.
  • Amore in gentil cor prende rivera
  • per suo consimel loco
  • com’ adamàs del ferro in la minera.  30
  • Fere lo sol lo fango tutto ‘l giorno:
  • vile reman, né ‘l sol perde calore;
  • dis’omo alter: «Gentil per sclatta torno»;
  • lui semblo al fango, al sol gentil valore:
  • ché non dé dar om fé  35
  • che gentilezza sia fòr di coraggio
  • in degnità d’ere’
  • sed a vertute non ha gentil core,
  • com’aigua porta raggio
  • e ‘l ciel riten le stelle e lo splendore.  40
  • Splende ‘n la ‘ntelligenzïa del cielo
  • Deo crïator più che [‘n] nostr’occhi ‘l sole:
  • ella intende suo fattor oltra ‘l cielo,
  • e ‘l ciel volgiando, a Lui obedir tole;
  • e con’ segue, al primero,  45
  • del giusto Deo beato compimento,
  • così dar dovria, al vero,
  • la bella donna, poi che [‘n] gli occhi splende
  • del suo gentil, talento
  • che mai di lei obedir non si disprende.  50
  • Donna, Deo mi dirà: «Che presomisti?»,
  • sïando l’alma mia a lui davanti.
  • «Lo ciel passasti e ‘nfin a Me venisti
  • e desti in vano amor Me per semblanti:
  • ch’a Me conven le laude  55
  • e a la reina del regname degno,
  • per cui cessa onne fraude».
  • Dir Li porò: «Tenne d’angel sembianza
  • che fosse del Tuo regno;
  • non me fu fallo, s’in lei posi amanza».  60

Al cor gentil reimpara sempre amore – Parafrasi

Di seguito la parafrasi del testo.

  • L’amore trova sempre riparo nel cuore nobile
  • così come l’uccello lo trova nel verde del bosco;
  • la natura non ha creato prima l’amore del cuore nobile,
  • né il cuore nobile prima dell’amore:
  • allo stesso modo, appena fu creato il sole,  5
  • subito la luce risplendette,
  • e non risplendette prima che il sole fosse creato;
  • e l’amore prende dimora nella nobiltà dell’animo
  • in modo così naturale
  • come il calore nello splendore del fuoco.  10
  • Il fuoco dell’amore si accende nel cuore nobile
  • così come le virtù brillano in una pietra preziosa,
  • e queste virtù non le sono infuse dalla stella
  • prima che il sole non l’abbia trasformata in una cosa nobile;
  • dopo che il sole, con la sua potenza, ha purificato  15
  • ciò che in essa la rende impura,
  • la stella le dona valore:
  • allo stesso modo, quel cuore che è stato reso dalla natura
  • eletto, puro e nobile
  • la donna, come una stella, lo fa innamorare.  20
  • L’amore dimora in un cuore nobile
  • per lo stesso motivo per cui il fuoco arde in cima al candelabro:
  • lì risplende a suo piacimento, luminoso e limpido;
  • non potrebbe starci in nessun altro modo, tanto è impetuoso.
  • Alla stessa maniera, un cuore malvagio   25
  • respinge l’amore così come l’acqua fredda
  • fa con il fuoco caldo.
  • L’amore prende dimora nel cuore nobile
  • perché è il luogo a sé più congeniale
  • così come il diamante nel minerale del ferro.  30
  • Il sole colpisce il fango continuamente:
  • e il fango rimane impuro, ma il sole non perde il suo calore per questo motivo;
  • l’uomo superbo dice: “Sono di stirpe nobile”;
  • a lui paragono il fango, mentre il sole lo paragono alla nobiltà d’animo;
  • perché non si può pensare  35
  • che la nobiltà d’animo dimori fuori dal cuore,
  • nei privilegi ereditari,
  • se chi eredita non ha un cuore nobile, incline alla virtù,
  • come l’acqua si lascia attraversare dai raggi del sole
  • mentre il cielo contiene le stelle e il loro splendore.  40
  • Dio creatore splende nell’intelligenza angelica del cielo
  • più di quanto non risplenda il sole davanti ai nostri occhi:
  • essa conosce il suo creatore, al di là del moto celeste a cui è deputata
  • e facendo girare il cielo gli dimostra la sua obbedienza.
  • E al medesimo modo che subito segue  45
  • il giusto compimento della volontà di Dio,
  • così, in verità, dovrebbe suscitargli,
  • una bella donna, dopo che risplende negli occhi
  • del suo nobile innamorato, un desiderio,
  • di non cessare mai di obbedirle.  50
  • O Donna, Dio mi dirà: “Come hai osato presumere tanto?”,
  • quando la mia anima sarà davanti a lui.
  • “Hai oltrepassato il cielo e sei arrivato fino a Me
  • e hai preso me come paragone per un amore terreno;
  • ma le lodi si addicono solo a me,  55
  • e alla regina del cielo (Maria)
  • grazie alla quale viene meno ogni potere malvagio”.
  • Allora gli dirò: “Aveva l’aspetto di un angelo
  • appartenente al tuo paradiso:
  • non ho quindi commesso peccato, se in lei ho riposto il mio amore”.  60

Al cor gentil rempaira sempre amore – Analisi e riassunto

Di seguito l’analisi della canzone. Nella prima stanza della canzone, Guinizelli afferma con decisione l’inscindibilità tra l’amore e il “cor gentil” (l’animo nobile); a tale scopo ricorre a similitudini (il sole e la sua luce, il fuoco e il suo calore).

Nella seconda stanza il poeta spiega che l’innamoramento è la naturale espressione della “gentilezza”, ovvero della nobiltà d’animo; così come il sole elimina le impurità da una pietra preziosa, così la natura crea il cor gentile che la donna fa innamorare. Va precisato, per chiarezza espositiva, che in epoca medievale si riteneva che le stelle e il sole fossero in grado di infondere virtù magiche alle pietre preziose; da qui il paragone utilizzato in questa seconda strofa.

Nella terza stanza si puntualizza la grande distanza tra l’amore e un’indole malvagia, vile; una persona indegna sarà sempre in contrasto con l’amore perché esso è incompatibile con la sua natura (così come sono opposti l’acqua e il fuoco). L’amore e l’animo nobile invece sono compatibili così come lo sono il diamante e il ferro (nel medioevo si pensava che il diamante avesse la proprietà di attirare il ferro) o il fuoco e il candelabro.

Nella quarta stanza Guinizelli afferma un concetto fondamentale: la nobiltà d’animo (la gentilezza) è una virtù personale; non la si può ereditare per privilegio di nascita, ma la si può solo conquistare per merito individuale; essere nobili di nascita quindi non significa che non si possa avere un animo malvagio, indegno. Per spiegare il concetto il poeta ricorre ancora una volta a similitudini (a quella del fango che non viene purificato dal sole, a quello dell’acqua che pur riflettendo la luce, non essendo in grado di trattenerla, non diventerà una fonte luminosa; per dipingere l’animo nobile, invece, il poeta ricorre al paragone di un cielo illuminato dalle stelle).

L’altro tema fondamentale, quello della donna-angelo è introdotto nella quinta stanza. La donna, che ha sembianze angeliche, con la sua bellezza suscita nel suo innamorato il bene e la virtù. Si ha in questa strofa un paragone fra il rapporto uomo/donna e il rapporto intelligenze celesti/Dio; così come le intelligenze celesti obbediscono al volere del proprio creatore così fa l’innamorato che, attratto dalla bellezza della donna, le obbedirà raggiungendo la pienezza dello spirito.

Nella sesta stanza, l’uomo si trova al cospetto di Dio che lo rimprovera in quanto ha osato paragonare il creatore a una creatura terrena; il poeta però si giustifica dicendo che il suo amore non può essere stato peccaminoso perché la donna aveva le sembianze di una creatura celestiale; essa non induce al peccato, ma al contrario produce amore nell’animo dell’uomo.

Per l’analisi delle figure retoriche si rimanda al paragrafo successivo.

Al cor gentil rempaira sempre amore – Figure retoriche

Nel testo di Guinizelli sono presenti numerose figure retoriche.

Ricorrente è la figura dell’anafora: (come… e com’…; vv. 2, 10, 12, 30 e 39); (né; vv. 3, 4, 7); (così: vv. 9, 18, 25, 47); (che, ch’; vv. 5, 13, 36, 50, 55, 59); (per; vv. 16, 22, 29, 57); (e; vv. 8, 40, 44, 45, 54, 56); (Amor… amore; vv. 21 e 28).

Frequente è anche il ricorso alle similitudini: (v. 2, come l’ausello in selva a la verdura; vv. 9-10, così propiamente / come calore in clarità di foco; v. 12, come vertute in petra preziosa; v. 20; a guisa di stella; vv. 26-27; come fa l’aigua il foco / caldo per la freddura; v. 30, com’adamàs del ferro in la minera; v. 34, lui semblo al fango, al sol gentil valore; vv. 39-40; com’aigua porta raggio / e il ciel riten le stelle e lo splendore; vv. 41-42 Splende ‘n la ‘ntelligenzïa del cielo / Deo crïator più che [‘n] nostr’occhi ‘l sole; vv. 47-48, così dar dovria, al vero, la bella donna).

È presente anche la figura retorica del chiasmo (vv. 3-4; né fe’ amor anti che gentil core, / né gentil core anti ch’amor, natura e vv. 26-27; l’aigua il foco / caldo, per la freddura).

Un’anadiplosi unisce la fine della prima stanza e l’inizio della seconda (vv. 10-11; foco. // Foco); tale figura è presente anche nei vv. 43 e 44 (‘l cielo, / e ‘l ciel).

Al v. 8 è presente una metonimia: il termine “gentilezza” indica l’essere umano con un cuore nobile (in altri termini, gentilezza sta per cor gentile).

Sono presenti anche alcune anastrofi: vv. 3-4 (né fe’ amor anti che gentil core / né gentil core anti che amor, natura); v. 11 (Foco d’amore in gentil cor s’aprende); v. 30 (del ferro in la minera); vv. 58 (d’angel sembianza).

Al v. 19 si nota la presenza di un climax (asletto, pur, gentile).

Per tre volte si ha poi il ricorso alla figura etimologica (una forma particolare di paronomasia): vv. 20-21 (‘nnamora / Amor); vv. 40-41 (splendore / splende) e v. 56 (reina … regname).

Al v. 28 è presente la figura della personificazione (Amore).

Guinizelli ricorre poi all’uso di perifrasi per indicare le figure sacre (al v. 43: suo fattore sta per Dio; al v. 56: reina del regname degno sta per la Vergine Maria).

Sono presenti alcune allitterazioni (r (v. 1); l (v. 2, 5, 6, 14, 16, 17).

Pochi sono gli enjambement (vv. 25-26; vv. 26-27 e vv. 48-49).

 

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