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A Zacinto

Il sonetto A Zacinto, scritto da Ugo Foscolo, e originariamente noto come “Né più mai toccherò le sacre sponde“, fa parte del volume delle Poesie del 1803. Il tema centrale di A Zacinto è quello dell’esilio, che si affianca all’idea del fato nemico e al ricordo dell’isola greca, Zante, in cui il poeta era nato. Questo luogo diventa una patria ideale e immagine di perfetta bellezza e armonia, che hanno ispirato anche la poesia di Omero. Proprio a Ulisse, protagonista del poema omerico, Foscolo paragona la sua condizione di esule, ma se l’eroe greco riuscirà a tornare nella sua Itaca, Zacinto non potrà più vedere il corpo di suo figlio, ma solamente riceverne il canto poetico.

In questa pagina…

  • Testo
  • Parafrasi
  • Analisi
  • Figure retoriche
A Zacinto - Parafrasi - Analisi - Figure retoriche

Ugo Foscolo fu chiamato Niccolò come il nonno paterno, ma preferì lui stesso soprannominarsi Ugo sin dalla giovinezza

Testo

Sonetto costituito da quattordici versi, endecasillabi, distribuiti in due quartine e due terzine con rime disposte secondo lo schema ABAB-ABAB-CDE-CED.

  • Né più mai toccherò le sacre sponde
  • ove il mio corpo fanciulletto giacque,
  • Zacinto mia, che te specchi nell’onde
  • del greco mar, da cui vergine nacque
  • Venere, e fea quelle isole feconde 5
  • col suo primo sorriso, onde non tacque
  • le tue limpide nubi e le tue fronde
  • l’inclito verso di colui che l’acque
  • cantò fatali ed il diverso esiglio
  • per cui, bello di fama e di sventura 10
  • baciò la sua petrosa Itaca Ulisse.
  • Tu non altro che il canto avrai del figlio,
  • o materna mia terra; a noi prescrisse
  • il fato illacrimata sepoltura.

A Zacinto – Parafrasi

  • Non toccherò più le tue rive sacre
  • dove si adagiò il mio corpo di bambino,
  • o mia Zacinto, che ti specchi nelle onde
  • del mare greco da cui nacque la vergine
  • Venere, ed ella rese quelle isole fertili
  • con il suo primo sorriso, così che descrisse
  • le tue limpide nubi e la tua vegetazione
  • la famosa poesia di colui che cantò
  • le navigazioni volute dal fato, e l’errante esilio
  • per cui Ulisse, reso bello dalla fama e dalla sventura,
  • baciò la sua Itaca rocciosa.
  • Tu, mia terra materna, non avrai altro
  • che la poesia del figlio; a me il fato impose
  • una sepoltura senza lacrime.

A Zacinto – Analisi

La negazione contenuta nel verso incipitario del sonetto A Zacinto dichiara che il poeta non rivedrà mai più la terra natale, perché il fato nemico ha prescritto un destino differente: l’illacrimata sepoltura del verso 14, quello finale, lontana dalla patria e dagli affetti. I primi undici versi costituiscono un unico periodo, in cui Foscolo fa una rievocazione mitica della propria terra, con la nascita della dea Venere dalla schiuma del mare, l’affiorare dei versi omerici, il vagabondaggio di Ulisse, che giungerà finalmente alla sua Itaca. La seconda terzina ribadisce la condanna di Foscolo alla lontananza e alla morte in terra straniera. Il noi del v. 13 potrebbe essere un pluralis maiestatis per mettere in evidenza l’io o un pluralis modestiae per ridimensionarlo.

Le figure retoriche

Per quanto riguarda le figure retoriche presenti in A Zacinto, oltre alla personificazione (Foscolo si rivolge alla sua patria come se fosse un interlocutore in grado di ascoltarlo) vanno segnalate la sineddoche al v. 1 (sponde in questo caso fa riferimento alla terra natale del poeta; la parte per il tutto) e al verso 7 (fronde sta per vegetazione, boschi); l’apostrofe* al v. 3 (Zacinto mia) e al v. 13 (o materna mia terra), le perifrasi al v. 4 (greco mar che indica il mar Ionio) e ai vv. 8-9 (colui che l’acque / cantò fatali che indica il poeta Omero), la litote (negazione del contrario) del v. 6 (non tacque), l’ossimoro del v. 7 (limpide nubi), la metonimia del v. 8 (l’acque che sta per le navigazioni di Ulisse). Numerosi sono gli enjambement (vv. 3-4, 4-5, 6-7, 8-9, 13-14). Ricorre più volte anche la figura retorica dell’anastrofe (Né più mai al v. 1; greco mar al v. 4; vergine nacque / Venere ai vv. 4-5; l’acque canto / fatali ai vv. 8-9; il canto avrai del figlio al v. 12).

A Zacinto - Parafrasi - Analisi - Testo - Figure retoriche

Il sonetto A Zacinto, scritto da Ugo Foscolo, e originariamente noto come “Né più mai toccherò le sacre sponde”, fa parte del volume delle Poesie del 1803. Zacinto (o Zante) è l’isola greca dove Foscolo nacque il 6 febbraio 1778.

*  L’apostrofe è un discorso, fatto in toni accorati (di affetto o di rimprovero) a persone scomparse o assenti o a cose personificate.

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