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A mia moglie (Saba)

A mia moglie è uno dei testi poetici più noti di Umberto Saba che fu pubblicato per la prima volta nel 1911 nella raccolta Poesie; dal 1921 entrò a far parte della sezione Casa e campagna, che contiene i componimenti composti tra 1909 e 1910, del Canzoniere.

La poesia è dedicata alla moglie Lina, qui paragonata alle femmine di alcuni animali domestici, delle quali privilegia alcune caratteristiche che rintraccia anche nella donna.

Si tratta di sei strofe di lunghezza variabile con versi prevalentemente settenari.

In questa pagina…

  • Testo
  • Parafrasi
  • Analisi
  • Figure retoriche
A mia moglie - Saba - Testo - Analisi

Umberto Saba, al secolo Umberto Poli (1883-1957), è considerato uno dei grandi poeti del Novecento italiano.

A mia moglie (Saba) – Testo

  • Tu sei come una giovane
  • una bianca pollastra.
  • Le si arruffano al vento
  • le piume, il collo china
  • per bere, e in terra raspa; 5
  • ma, nell’andare, ha il lento
  • tuo passo di regina,
  • ed incede sull’erba
  • pettoruta e superba.
  • È migliore del maschio. 10
  • È come sono tutte
  • le femmine di tutti
  • i sereni animali
  • che avvicinano a Dio,
  • Così, se l’occhio, se il giudizio mio 15
  • non m’inganna, fra queste hai le tue uguali,
  • e in nessun’altra donna.
  • Quando la sera assonna
  • le gallinelle,
  • mettono voci che ricordan quelle, 20
  • dolcissime, onde a volte dei tuoi mali
  • ti quereli, e non sai
  • che la tua voce ha la soave e triste
  • musica dei pollai.
  • Tu sei come una gravida 25
  • giovenca;
  • libera ancora e senza
  • gravezza, anzi festosa;
  • che, se la lisci, il collo
  • volge, ove tinge un rosa 30
  • tenero la tua carne.
  • se l’incontri e muggire
  • l’odi, tanto è quel suono
  • lamentoso, che l’erba
  • strappi, per farle un dono. 35
  • È così che il mio dono
  • t’offro quando sei triste.
  • Tu sei come una lunga
  • cagna, che sempre tanta
  • dolcezza ha negli occhi, 40
  • e ferocia nel cuore.
  • Ai tuoi piedi una santa
  • sembra, che d’un fervore
  • indomabile arda,
  • e così ti riguarda 45
  • come il suo Dio e Signore.
  • Quando in casa o per via
  • segue, a chi solo tenti
  • avvicinarsi, i denti
  • candidissimi scopre. 50
  • Ed il suo amore soffre
  • di gelosia.
  • Tu sei come la pavida
  • coniglia. Entro l’angusta
  • gabbia ritta al vederti 55
  • s’alza,
  • e verso te gli orecchi
  • alti protende e fermi;
  • che la crusca e i radicchi
  • tu le porti, di cui 60
  • priva in sé si rannicchia,
  • cerca gli angoli bui.
  • Chi potrebbe quel cibo
  • ritoglierle? chi il pelo
  • che si strappa di dosso, 65
  • per aggiungerlo al nido
  • dove poi partorire?
  • Chi mai farti soffrire?
  • Tu sei come la rondine
  • che torna in primavera. 70
  • Ma in autunno riparte;
  • e tu non hai quest’arte.
  • Tu questo hai della rondine:
  • le movenze leggere:
  • questo che a me, che mi sentiva ed era 75
  • vecchio, annunciavi un’altra primavera.
  • Tu sei come la provvida
  • formica. Di lei, quando
  • escono alla campagna,
  • parla al bimbo la nonna 80
  • che l’accompagna.
  • E così nella pecchia
  • ti ritrovo, ed in tutte
  • le femmine di tutti
  • i sereni animali 85
  • che avvicinano a Dio;
  • e in nessun’altra donna.
A mia moglie (Saba)

A mia moglie è una poesia di Umberto Saba dedicata alla moglie Lina, qui paragonata alle femmine di alcuni animali domestici, delle quali privilegia alcune caratteristiche che rintraccia anche nella donna.

A mia moglie – Parafrasi

  • Tu sei come una giovane, bianca gallina.
  • Le si arruffano le piume
  • al vento, piega il collo
  • per bere, e gratta la terra;
  • ma, nel camminare, ha lo stesso
  • tuo passo lento da regina,
  • e procede sull’erba,
  • impettita e superba.
  • È migliore del maschio.
  • È come sono tutte
  • le femmine di tutti
  • i docili animali
  • che sono vicini a Dio.
  • Così se il mio sguardo, se il mio giudizio
  • non mi ingannano, le tue simili sono
  • tra le femmine degli animali, non tra le altre donne.
  • Quando la sera predispone al sonno
  • le gallinelle,
  • queste emettono voci che ricordano quelle,
  • dolcissime, con le quali a volte ti lamenti
  • dei tuoi mali, e non sai
  • che la tua voce ha il suono
  • dolce e triste dei pollai.
  • Tu sei come una mucca
  • incinta;
  • ancora agile e senza
  • pesantezza, anzi festosa;
  • la quale, se la accarezzi, rivolge
  • il collo, dove un rosa tenero
  • colora la sua carne.
  • Se la incontri e la senti
  • muggire, quel suono è tanto
  • lamentoso, che strappi l’erba
  • per farle un dono.
  • È così che ti offro il mio dono
  • quando sei triste.
  • Tu sei come una cagna
  • snella, che ha sempre
  • negli occhi tanta dolcezza,
  • e ferocia nel cuore.
  • Ai tuoi piedi sembra
  • una santa che arde di un calore
  • spirituale invincibile,
  • e così ti guarda
  • come il suo Dio e Signore.
  • Quando ti segue in casa
  • o per via, mostra
  • i denti bianchissimi
  • a chi tenti di avvicinarsi.
  • E il suo amore soffre
  • a causa della gelosia.
  • Tu sei come la coniglia
  • paurosa. Essa si alza dritta
  • dentro la gabbia stretta
  • appena ti vede,
  • e protende verso di te
  • le orecchie lunghe e ferme;
  • perché tu le porti la crusca
  • e i radicchi, e quando ne è priva
  • si rannicchia in sé,
  • cerca gli angoli bui.
  • Chi potrebbe privarla
  • di quel cibo? Chi potrebbe privarla
  • del pelo che si strappa di dosso
  • per aggiungerlo al nido
  • dove poi partorire?
  • Chi potrebbe farti soffrire?
  • Tu sei come la rondine
  • che ritorna in primavera.
  • Ma in autunno riparte;
  • e tu non hai questa abitudine.
  • Tu hai questo della rondine:
  • il modo aggraziato di volare;
  • e anche che avevi annunciato a me – che mi sentivo ed ero
  • vecchio – un’altra primavera [desiderio di vivere].
  • Tu sei come la formica
  • previdente. Di lei, quando
  • escono a passeggiare in campagna,
  • parla la nonna al bimbo
  • che accompagna.
  • E così ti ritrovo
  • nell’ape, e in tutte
  • le femmine di tutti
  • i docili animali
  • che sono vicini a Dio;
  • e non ti ritrovo in nessun’altra donna.

A mia moglie – Analisi

Sebbene la poesia di Saba appaia come un rovesciamento rispetto alle tradizionali liriche amorose – soprattutto per quanto riguarda le figure femminili – in realtà si tratta di una celebrazione della donna amata: la moglie viene paragonata a «tutte / le femmine di tutti / i sereni animali» (vv. 11-13 e 83-85) che, con la loro natura semplice e spontanea, «avvicinano a Dio» (vv. 14 e 86), cioè all’essenza e alla profondità delle cose. Nella moglie, come negli animali scelti (gallina, mucca, cagna, coniglia, rondine, formica, ape), il poeta rintraccia la naturalezza e l’istintività che è rara negli uomini, i quali complicano e falsificano la realtà.

Ogni strofa è aperta dall’anafora relativa all’espressione «Tu sei come», che trasforma la poesia in una sorta di preghiera e di litania nella quale sono esaltate le qualità della donna attraverso le similitudini con gli animali.

La moglie, nella prima strofa, è paragonata a una gallina che si presenta con un aspetto “arruffato”, ma ha il «passo di regina», lento e impettito. Come tutte le femmine degli animali, essa è «migliore del maschio» (v. 10) e non ha eguali nelle altre donne.

Nella seconda strofa la donna è paragonata a una «gravida / giovenca» (vv. 25-26) e qui emerge un’assimilazione alla figura materna, che suscita gioia e tenerezza.

Nella terza strofa la moglie ha la dolcezza e allo stesso tempo la ferocia di una cagna che è fedele al proprio padrone e gelosa nei confronti degli estranei.

Nella quarta strofa si ha il paragone con una coniglia impaurita, che per donare calore ai propri piccoli «si strappa di dosso» (v. 65) il pelo.

La leggerezza della rondine, simbolo della primavera e della rinascita, diventa un altro pregio della moglie che però, a differenza dell’animale, non lascia il proprio nido, ma rimane con la propria famiglia.

Le ultime due similitudini sono con la formica previdente e con l’ape.

Da questi paragoni emerge sia una sorta di timore da parte del poeta nei confronti della donna (e della figura materna), ma anche la visione di una femminilità vista come docile e innocua.

A mia moglie (Saba) – Figure retoriche

Numerose sono le figure retoriche presenti in questa poesia di Saba (per la definizione si vedano i vari link).

Tutte le sei strofe sono aperte da un’anafora (Tu sei come).

Numerose sono le similitudini; oltre a quelle relative al paragone con gli animali (giovenca, cagna, coniglia, rondine, formica e ape) è presente anche quella del v. 46 (come il suo Dio e Signore); il v. 46 rappresenta anche un’endiadi (figura retorica che consiste nell’esprimere un unico concetto attraverso due termini coordinati, generalmente due sostantivi, uniti da congiunzione).

Gli enjambement sono numerosissimi (vv. 1-2; 3-4; 4-5; 6-7; 8-9; 11-12; 12-13; 13-14; 15-16; 16-17; 18-19; 20-21; 21-22; 22-23; 23-24; 25-26; 27-28; 29-30; 30-31; 32-33; 33-34; 34-35; 36-37; 38-39; 39-40; 40-41; 42-43; 43-44; 45-46; 47-48; 48-49; 49-50; 51-52; 53-54; 54-55; 55-56; 57-58; 59-60; 60-61; 63-64; 64-65; 65-66; 66-67; 69-70; 71-72; 75-76; 77-78; 78-79; 79-80; 80-81; 82-83; 83-84; 84-85; 85-86; 86-87).

Ricorre più volte anche la figura retorica dell’anastrofe (v. 4, il collo china; v. 5 in terra raspa; v. 15, il giudizio mio; vv. 23-24, la soave e triste / musica; v. 27, libera ancora; vv. 29-30, il collo / volge; vv. 34-35, che l’erba / strappi; vv. 36-37, il mio dono / t’offro; vv. 42-23, una santa / sembra; vv. 63-64, quel cibo / ritoglierle).

La figura retorica del polittoto è rintracciabile nei vv. 11-12 (tutte … tutti) e 83-84 (tutte … tutti).

È presente anche una figura etimologica (vv. 25-28; gravida … gravezza).

Nell’enjambement dei vv. 30-31 è presente anche una sinestesia (rosa / tenero).

Ai vv. 33-34 si può notare la figura retorica dell’iperbato: tanto è quel suono / lamentoso (l’ordine sintattico normale sarebbe stato quel suono è tanto lamentoso); la stessa figura si rintraccia anche nei versi 48-50: a chi solo tenti / avvicinarsi, i denti/ candidissimi scopre (scopre i denti candidissimi a chi solo tenti avvicinarsi); ricorre inoltre nei vv. 57-58: e verso te gli orecchi / alti protende e fermi (e protende verso te gli orecchi alti e fermi) e anche nei vv. 80-81: parla al bimbo la nonna / che l’accompagna (la nonna parla al bimbo che accompagna).

La figura retorica dell’antitesi è presente nei vv. 40-41 (dolcezza ha negli occhi / e ferocia nel cuore).

Si possono notare anche delle assonanze (vv. 50-51, scopre/soffre; vv. 57-59, orecchi/radicchi; vv. 63-66, cibo/nido).

Al v. 76 si nota una metafora (annunciavi un’altra primavera; dove primavera sta per desiderio di vivere, di nuova gioventù).

 

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