Spleen è il titolo di un componimento poetico di Charles Baudelaire e fa parte della sezione Spleen e ideale, la prima delle sei che compongono I fiori del male (Les Fleurs du mal) (1857); si tratta dell’ultimo di un gruppo di quattro testi poetici che porta il titolo di Spleen (nella raccolta si tratta dei testi LXXV, LXXVI, LXXVII, LXXVIII). Il termine inglese “spleen”, che indica uno stato d’animo malinconico e insofferente, deriva dal greco “splén”, che significa “milza”, “bile”: nell’antichità si riteneva infatti che la malinconia fosse causata da un eccesso di bile. In questo componimento, Baudelaire presenta una serie di immagini che possano trasmettere al lettore il senso di angoscia, di noia, di disagio che caratterizza lo “spleen”: in una giornata piovosa, il poeta è come se si trovasse imprigionato nella sua stessa esistenza.
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Charles Baudelaire (1821-1867) è considerato il padre dei simbolisti e della poesia moderna in generale
Spleen (Baudelaire) – Testo francese
Nella versione originale, il testo è costituito da cinque quartine di versi alessandrini in rima alternata.
- Quand le ciel bas et lourd pèse comme un couvercle
- Sur l’esprit gémissant en proie aux longs ennuis,
- Et que de l’horizon embrassant tout le cercle
- Il nous verse un jour noir plus triste que les nuits;
- Quand la terre est changée en un cachot humide, 5
- Où l’Espérance, comme une chauve-souris,
- S’en va battant les murs de son aile timide
- Et se cognant la tête à des plafonds pourris;
- Quand la pluie, étalant ses immenses traînées,
- D’une vaste prison imite les barreaux, 10
- Et qu’un peuple muet d’infâmes araignées
- Vient tendre ses filets au fond de nos cerveaux,
- Des cloches tout à coup sautent avec furie
- Et lancent vers le ciel un affreux hurlement,
- Ainsi que des esprits errants et sans patrie 15
- Qui se mettent à geindre opiniâtrement.
- – Et de longs corbillards, sans tambour ni musique,
- Défilent lentement dans mon âme; l’Espoir,
- Vaincu, pleure et l’Angoisse atroce, despotique,
- Sur mon crâne incliné plante son drapeau noir. 20
Spleen (Baudelaire) – Traduzione
Come alternativa alla presente traduzione, si consulti Charles Baudelaire, Poesie e prose, a cura di Giovanni Raboni, Mondadori, Milano, 1973.
- Quando il cielo basso e oppressivo pesa come un coperchio
- sull’anima che geme in preda a lunghi affanni,
- e versa, abbracciando l’intero giro dell’orizzonte,
- una luce nera più triste di quella delle notti;
- quando la terra si è trasformata in un’umida prigione,
- dove la Speranza, come un pipistrello,
- va sbattendo contro i muri la sua ala timida
- e picchiando la testa sui soffitti marciti;
- quando la pioggia distendendo le sue immense strisce,
- imita le sbarre di una grande prigione,
- e un popolo muto d’infami ragni
- tende le sue reti in fondo ai nostri cervelli,
- a un tratto delle campane sbattono con furia
- e lanciano verso il cielo un urlo orrendo,
- simili a spiriti erranti e senza patria,
- che si mettono a gemere ostinatamente.
- – E lunghi funerali, senza tamburi né musica,
- sfilano lentamente nella mia anima;
- vinta, la Speranza piange; e l’atroce Angoscia, dispotica,
- pianta sul mio cranio chinato il suo vessillo nero.
Spleen (Baudelaire) – Analisi
Nella poesia sono posti in parallelo lo spazio esterno e quello interiore del poeta, entrambi rappresentati come prigioni dalle quali ogni tentativo di fuga risulta vano. Nella prima quartina il cielo è paragonato a un “coperchio” che schiaccia l’animo del poeta, già oppresso da dolore e preoccupazioni, e che porta sulla terra oscurità e tristezza. Nella seconda quartina la terra diventa una “prigione”, nella quale non c’è spazio per la Speranza, che è paragonata a un pipistrello che sbatte da ogni parte poiché non trova il modo per uscire. L’immagine della prigione torna anche nella terza quartina: le sbarre sono quelle formate idealmente dalle “strisce d’acqua” della pioggia che cade. Forte anche l’immagine dei ragni che tessono la loro tela nel cervello degli uomini, a rappresentare una mente oppressa dagli incubi e dall’angoscia.
Nella quarta strofa, le campane non emettono un suono che trasmette l’idea del lento scorrere del tempo, ma un “urlo orrendo”, un gemere di “spiriti erranti e senza patria”, immagine di smarrimento e disorientamento. L’ultima quartina presenta l’immagine dell’animo come il luogo nel quale ogni speranza è vinta dall’angoscia che, despota violento, abita e caratterizza l’esistenza del poeta. Centrali sono in questa poesia le similitudini e le metafore (il cielo che pesa come un coperchio; la terra che è un’umida prigione; la Speranza paragonata a un timido pipistrello; la pioggia cadente che forma le sbarre di una prigione; il cervello che diventa la tela tessuta da ragni, i funerali muti che sfilano nell’animo del poeta; l’Angoscia che pianta nel cervello del poeta il suo vessillo nero) attraverso le quali Baudelaire cerca di far capire ai suoi lettori – che egli vuole coinvolgere, come dimostra l’uso del plurale «nos cerveaux» (“nostri cervelli”) al v. 12 – il significato di “spleen”.
Nel finale, il poeta esplicita cos’è che domina la sua esistenza: l’Angoscia, che personificata diventa «atroce, despotique» (“atroce, dispostica”) al v. 19, che prende dimora nel corpo e nella vita del poeta piantando sul suo “cranio” un “vessillo nero” (v. 20) e che vince ogni forma di Speranza. Le prime tre strofe sono aperte dall’anafora della congiunzione temporale “quando”, che prepara il poeta al finale tragico, dove protagonista è la lotta tra la Speranza e l’Angoscia, come se l’animo dell’individuo diventasse un teatro nel quale va in scena lo spettacolo atroce dell’esistenza.