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Shakespeare – Sonetto 130

Il sonetto 130 della raccolta di sonetti di William Shakespeare fu scritto dal poeta inglese tra il 1593 e il 1595 e pubblicato in maniera non autorizzata nel 1609.

Questo sonetto è noto come My mistress’ eyes are nothing like the sun, cioè il primo verso, ed è la più originale poesia d’amore scritta da Shakespeare.

Testo inglese

My mistress’ eyes are nothing like the sun;

Coral is far more red than her lips’ red:

If snow be white, why then her breasts are dun;

If hairs be wires, black wires grow on her head. 4

 

I have seen roses damask’d, red and white,

But no such roses see I in her cheeks;

And in some perfumes is there more delight

Than in the breath that from my mistress reeks. 8

 

I love to hear her speak, yet well I know

That music hath a far more pleasing sound.

I grant I never saw a goddess go:

My mistress, when she walks, treads on the ground. 12

 

And yet, by heaven, I think my love as rare

As any she belied with false compare.

 

Traduzione

Gli occhi della mia donna non sono per niente come il sole;

Il corallo è molto più rosso del rosso delle sue labbra;

Se la neve è bianca, allora i suoi seni sono grigi;

Se i capelli sono fili, neri fili crescono sul suo capo.

Ho visto rose damascate, rosse e bianche,

Ma non vedo nessuna di queste rose sulle sue guance;

E in certi profumi c’è più delizia

Che nel fiato che dalla mia donna esala.

Amo sentirla parlare, eppure so bene

Che la musica ha un suono molto più piacevole.

Ammetto di non aver mai visto camminare una dea:

la mia donna, quando cammina, calpesta il terreno.

Eppure, per il cielo, ritengo che la mia amata sia straordinaria

Come ogni altra “lei” falsamente descritta con falsi confronti.

sonetto 130 shakespeare

Shakespeare è noto soprattutto per le sue opere teatrali, ma anche i suoi sonetti hanno degli aspetti originali

Analisi (Analysis)

Il sonetto 130 di Shakespeare è una delle più originali poesie d’amore mai scritte, perché è fra le poche che descrive la donna amata come una persona reale, umana, con i suoi difetti, anziché come una creatura divina e perfetta.

Questa poesia fa parte della seconda sezione della raccolta, quella dedicata a una misteriosa dark lady, ed è un’implicita parodia dello stereotipo della “donna angelicata” e delle correnti poetiche che la celebrano. Shakespeare vuole esprimere il fatto che l’immagine della donna-angelo, irraggiungibile e perfetta, fosse ormai abusata, risultasse ipocrita e lontana dalla realtà: rappresentava un’idea invece che una persona vera, quindi non aveva niente a che fare con l’amore.

Dopo aver descritto la propria donna con parole tutt’altro che lusinghiere, Shakespeare giunge come sempre a una conclusione-lampo nel distico finale: nonostante i suoi difetti e anzi proprio per la sua originalità lui ama la sua donna.

Il paradosso ulteriore di questa poesia consiste nel fatto che il sonetto è per tradizione la struttura della poesia d’amore, dai tempi dello stilnovo fino a Petrarca, che lo ha codificato, e in questa tradizione la donna è sempre donna-angelo: Shakespeare usa la forma della tradizione rovesciando la tradizione.

 

Indice materie – Letteratura inglese

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