Jorge Manrique è tra i più grandi poeti castigliani dell’ultima parte dell’Edad Media spagnola: la sua data di nascita precisa è ignota, ma si ritiene che nasca intorno alla metà del XV secolo in una famiglia dell’alta nobiltà che vantava molti poeti fra i suoi membri. Riceve un’elevata educazione umanistica ed entra a far parte di un ordine monastico-militare. Sostiene Isabella di Castiglia e Ferdinando d’Aragona nella guerra di successione, nella quale combatte in prima linea e perde la vita a soli 39 anni. Per questo motivo, la sua produzione letteraria non è vastissima, ma è comunque passata alla storia: è costituita da componimenti poetici di tipo amoroso, satirico e morale.
Le poesie amorose esaltano una donna ideale e il relativo amore irraggiungibile, se non nella morte, come da tradizione dell’amore cortese e della poesia provenzale. Il filone satirico, invece, comprende tre poemetti costruiti su tre figure femminili: una cugina del poeta, una donna ubriaca e la matrigna di Manrique. Le poesie incentrate su temi morali, infine, sono circa 40 brevi componimenti raccolti con il nome Coplas por la muerte de su padre, ovvero Stanze (cioè strofe) per la morte di suo padre, e sono le opere di questo autore considerate di maggior valore letterario.
Coplas por la muerte de su padre
Le Coplas por la muerte de su padre sono componimenti che rientrano nel genere dell’elegia, risalente alla poesia greca e dedicato in origine proprio ai compianti funebri, poi diventato in generale una poesia malinconica o di lamento.
Manrique dedica queste poesie al padre Rodrigo, che ammirava molto, ma va oltre il mero elogio funebre per affrontare temi più generali in ambito morale ed esistenziale. La trattazione, infatti, va dal generale al particolare: solo l’ultima parte delle strofe è incentrata esplicitamente sulla figura del padre, sulle sue cirtù cavalleresche e cristiane e sulla capacità degli uomini grandi di vivere oltre la morte nella memoria dei viventi, oltre che nella vita immortale nell’aldilà.
Nelle altre stanze, i temi sono molteplici:
- scorrere del tempo
- vanità della vita terrena
- importanza della vita spirituale
- nostalgia per i cari morti
- morte livellatrice (mette tutti sullo stesso piano).
Copla III – Testo e analisi
- Nuestras vidas son los ríos
- que van a dar en la mar,
- que es el morir:
- allí van los señoríos,
- derechos a se acabar
- y consumir;
- allí los ríos caudales,
- allí los otros medianos
- y más chicos;
- y llegados, son iguales
- los que viven por sus manos
- y los ricos.
Traduzione
- Son le nostre vite i fiumi
- che vanno a dare nel mare
- che è il morire;
- là sboccano i poderosi
- difilato a terminare
- e a sparire;
- là vanno i fiumi copiosi,
- là gli altri fiumi, mezzani
- e più piccoli;
- e sfociati, sono uguali
- quanti delle mani vivono
- Ed i ricchi.
In questa copla Jorge Manrique usa una delle sue numerose metafore per descrivere la vita: ogni vita è un fiume che scorre verso la morte, rappresentata dal mare, e anche se ci sono fiumi più grandi e fiumi più piccoli, cioè persone ricche o povere, piene di gloria o semplici, tutti finiscono nello stesso mare; in quel mare, non si distinguono più i grandi dai piccoli, la morte crea uguaglianza. Da notare l’anafora di “là” (allí nell’originale spagnolo) per sottolineare il luogo simbolico della morte, e la perifrasi “quanti delle mani vivono” (los que viven por sus manos nell’originale) per definire la gente umile.

Statua di Jorge Manrique a Segura de la Sierra, paese natale del poeta
Copla V – Testo e analisi
- Este mundo es el camino
- para el otro, que es morada
- sin pesar;
- mas cumple tener buen tino
- para andar esta jornada
- sin errar;
- partimos cuando nascemos,
- andamos mientras vivimos,
- y llegamos
- al tiempo que fenescemos;
- así que cuando morimos
- descansamos.
Traduzione
- Questo mondo è il cammino
- per l’altro, che è dimora
- senza rimpianti;
- soddisfa di più avere buon senso
- per compiere questo viaggio
- senza errori;
- partiamo quando nasciamo,
- procediamo mentre viviamo,
- e arriviamo
- nel momento in cui terminiamo;
- così che quando moriamo
- ci riposiamo.
Anche in questa copla Manrique realizza una metafora per definire la vita e la morte: la vita è un lungo cammino che parte alla nascita e termina con la morte, la quale non è altro che il momento del riposo dopo una lunga fatica. L’autore vuole dare una percezione positiva della morte, come sollievo e ricompensa per un cammino a volte duro e difficoltoso. Da notare il ritmo della seconda parte, che con i verbi in sequenza sembra scandire i passi. Quello dell’hombre caminante (uomo che cammina) è un topos molto presente non solo nella letteratura spagnola, ma in quella di tutto il mondo.
Copla VIII – Testo e analisi
- Ved de cuán poco valor
- son las cosas tras que andamos
- y corremos,
- que, en este mundo traidor,
- aun primero que muramos
- las perdemos.
- De ellas deshaze la edad,
- de ellas casos desastrados
- que acahecen,
- de ellas, por su calidad,
- en los más altos estados
- desfallecen.
Traduzione
- Guarda di quanto poco valore
- sono le cose verso cui andiamo
- e corriamo,
- cose che, in questo mondo infido,
- perdiamo
- anche prima di morire.
- Le disfa il tempo,
- le disfano le cadute disastrose
- che accadono,
- per queste cose, per la loro qualità,
- negli strati sociali più elevati
- svengono.
In questa copla il poeta sottolinea la vanità dei beni materiali a cui gli uomini sono spesso troppo legati: sono tutte cose destinate a svanire, e non solo perché la morte ce ne priva, ma anche perché durante la vita il tempo che passa le deteriora oppure le alterne fortune ce ne privano. In chiusura, l’autore sottolinea l’eccessivo attaccamento ai beni materiali dei nobili.
Copla IX – Testo e analisi
- Dezidme: la hermosura,
- la gentil frescura y tez
- de la cara,
- la color y la blancura,
- cuando viene la vejez,
- ¿cuál se para?
- Las mañas y ligereza
- y la fuerça corporal
- de juventud,
- todo se torna graveza
- cuando llega al arrabal
- de senectud.
Traduzione
- Dimmi: la bellezza,
- la dolce freschezza e la carnagione
- del viso,
- il colore e il candore,
- quando arriva la vecchiaia,
- cosa rimane?
- L’astuzia e la prontezza
- e la forza del corpo
- della gioventù,
- tutto diventa pesantezza
- quando si arriva alla periferia
- della vecchiaia.
In questa copla Jorge Manrique si rivolge direttamente al lettore con una domanda retorica: cosa rimane di tutti i punti di forza della gioventù, una volta invecchiati? La risposta è dolorosa e amara: niente, tutto si trasforma in un peso gravoso e inerme. La vecchiaia è definita “periferia” in relazione alla metafora già vista della vita come cammino.
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