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Storia della letteratura latina – Riassunto

La storia della letteratura latina solitamente viene suddivisa in vari periodi, non sempre coincidenti a seconda delle classificazioni. Una suddivisione coerente può essere la seguente:

  • Età arcaica
  • Età repubblicana
  • Età di Cesare
  • Età di Augusto (con la precedente, età aurea)
  • Età giulio-claudia
  • Età flavia
  • Età di Nerva e Traiano
  • Età dell’ultimo impero e inizio del Medioevo
  • I padri della Chiesa.

L’età arcaica

L’età arcaica è il primo periodo della storia della letteratura latina. Nei suoi primi cinque secoli di storia, la civiltà latina non produce alcuna opera letteraria, ma solo forme artistiche occasionali, anonime e orali oppure creazioni con finalità pratiche, di cui resta scarsa documentazione. Lo sviluppo dell’attività letteraria a Roma è dovuto alla progressiva assimilazione della cultura ellenistica attraverso l’Italia meridionale (Magna Grecia), infatti, la letteratura latina sarà fondata a lungo sull’emulazione di modelli della letteratura greca.

Le uniche testimonianze di scrittura della fase preletteraria sono iscrizioni ed epigrafi su muri, tavole o vasi (moltI, per esempio, a Pompei), con finalità magico-rituali, burlesche o giuridiche. Rimane traccia anche di una forma rudimentale di poesia, i carmina, religiosi oppure legati ai momenti conviviali, dalla cui rozza struttura si evolverà quella della poesia letteraria vera e propria. Il teatro, invece, ha i suoi antenati nelle rappresentazioni basate sull’improvvisazione, che si tenevano in occasione di cerimonie, festività religiose o banchetti, e che assimilano progressivamente, attraverso la Magna Grecia, la consuetudine tipicamente greca delle maschere.

Età repubblicana

Convenzionalmente si fissa l’inizio della letteratura latina alla metà del III sec. a.C. (240 a.C.), quando, per la prima volta, viene rappresentato un testo teatrale, probabilmente una tragedia di Livio Andronico. Altri indicano il 241 a.C. (anno della fine della prima guerra punica). La fine dell’età arcaica è identificata nel 78 a.C., anno della morte del dittatore Lucio Cornelio Silla.

  • Dopo la prima guerra punica (241-202 a.C.). Principali autori furono: Livio Andronico, Gneo Nevio, Quinto Fabio Pittore, Plauto, Lucio Cincio Alimento
  • Dopo la seconda guerra punica o annibalica (201-168 a.C.). Principali autori furono: Ennio, Catone il Censore, Cecilio Stazio, Marco Pacuvio
  • Dopo la conquista della Macedonia e la distruzione di Cartagine (167-78 a.C.). Principali autori furono: Publio Terenzio Afro, Gaio Lucilio, Lucio Accio, Quinto Claudio Quadrigario.

La letteratura latina inizia proprio con una produzione teatrale, quella di Livio Andronico, letterato di origini greche che per primo, nel 240 a.C., scrive e allestisce una rappresentazione teatrale. Questa rappresentazione e le successive si tengono in occasione dei ludi, giochi che accompagnano cerimonie legate alle diverse festività lungo il corso dell’anno. Il merito di Livio Andronico è quindi quello di aver manifestato e realizzato la possibilità di fare letteratura in latino, partendo dagli illustri modelli greci: le sue tragedie e commedie sono tutte di argomento greco e spesso frutto di rimaneggiamenti di opere greche, adattate per il gusto del pubblico romano. Livio Andronico realizza anche un’iniziativa di grande importanza culturale, la prima traduzione in latino dell’Odissea di Omero. Si tratta di un’operazione fondamentale innanzitutto per la diffusione della cultura, ma anche perché richiede uno studio sulla lingua latina che porta a un primo raffinamento di essa in senso artistico.

L’opera di Livio Andronico è importante perché la sua traduzione dell’Odissea apre la strada all’opera di Gneo Nevio, scrittore di poco successivo, che compone il primo poema epico della letteratura latina, di argomento storico romano, il Bellum Poenicum, sulla prima guerra punica. Con quest’opera, Nevio introduce la consuetudine di mescolare storia e mito che sarà caratteristica di tutti gli scrittori epici latini. Questo autore è però precursore anche in un altro ambito: è il primo a scrivere e rappresentare tragedie di argomento non più greco, ma romano.

Il commediografo Plauto è il primo autore dell’età repubblicana di cui ci siano giunti testi completi. Le sue commedie sono molto originali perché mescolano ai soggetti dei modelli greci molti riferimenti al mondo romano.

storia della letteratura latina plauto

Plauto fu esponente del genere teatrale della palliata, una commedia di argomento greco (personaggi e ambientazioni)

Dopo la metà del III sec. a.C. si colloca la produzione di quello che è considerato il più grande poeta dell’età arcaica, Quinto Ennio. Giunto a Roma dalle colonie greche, Ennio ottiene la protezione di una delle famiglie più potenti della città, gli Scipioni, avviando lo stretto legame tra arte e potere che diventerà poi una consuetudine. La notorietà di questo poeta è legata agli Annales, poema epico celebrativo della storia di Roma dalle origini leggendarie alla contemporaneità dell’autore, che intende proporsi come l’Omero latino.

Catone il Censore scrisse la prima opera storiografica della letteratura latina, le Origines, una storia di Roma dalla sua fondazione non basata sui nomi e sulle gesta di singoli personaggi, ma sulla descrizione dei popoli della penisola, contribuendo alla costruzione di una coscienza nazionale.

Importante esponente della letteratura latina dell’età repubblicana, Gaio Lucilio è considerato l’inventore della satira. Lucilio che, grazie alla sua appartenenza a un ceto benestante e alla protezione dei potenti Scipioni, può permettersi di criticare liberamente tutti gli aspetti e gli strati della società romana. L’ironia mordace, il linguaggio vario e medio e l’andamento discorsivo della narrazione fanno di Lucilio il modello per tutti i poeti satirici successivi.

Alla fine del II sec. a.C. giunge all’apice del suo sviluppo il genere della commedia, grazie soprattutto alla produzione di Publio Terenzio Afro.

Il I sec. a.C. è un’epoca di grandi rivolgimenti per lo Stato romano, che attraverso lunghe lotte civili si trasforma da repubblica a principato, ma è anche la fase aurea o classica della letteratura latina, in cui la produzione letteraria diventa sempre più autonoma e raffinata, tanto da generare capolavori che saranno considerati modelli, “classici” appunto, per tutti i secoli a venire.

L’età di Cesare

Nel I sec. a.C. una serie di fattori esterni e interni conducono al progressivo collasso del sistema della res publica romana: il territorio conquistato è ormai immenso e difficile da controllare per le istituzioni tradizionali; lo sfruttamento indiscriminato delle province porta a un’estrema concentrazione delle ricchezze nelle mani di pochi e al conseguente malcontento delle nuove masse di poveri e negli scontri tra fazioni politiche dominano gli interessi personali, fino all’emergere di singole personalità forti che iniziano ad assumere un’autorità superiore alle leggi e alle istituzioni. Dopo un parziale ritorno all’ordine seguito alla guerra civile tra i democratici di Mario e i conservatori di Silla, autoproclamatosi dittatore, questa degenerazione prosegue inesorabile e culmina nel triumvirato di Pompeo, Cesare e Crasso, influenti generali che sfruttano le insicurezze derivanti dagli attacchi esterni e dalle ribellioni delle province per assumere poteri straordinari. Di questi poteri approfitta soprattutto Cesare, che guadagna sempre più prestigio e autorità con le sue campagne in Gallia e che infine, con il passaggio del Rubicone (il confine tra Italia e Gallia, interdetto alle truppe in armi) nel 49 a.C., dà avvio alla guerra civile, da cui esce vittorioso assumendo la carica di dittatore a vita.

Proprio in questo periodo turbolento la cultura e la letteratura a Roma raggiungono il loro massimo splendore e l’età di Cesare può essere considerata il secondo importante periodo della storia della letteratura latina. Il consolidamento delle conquiste nei territori greci determina la definitiva apertura della cultura latina agli influssi ellenistici, che spingono i letterati latini a perfezionare la propria lingua, in parte ancora rozza e limitata, per raggiungere il livello di precisione, ricchezza e raffinatezza della lingua letteraria greca ed eguagliare, se non superare, i modelli. Nasce così il latino letterario, che si impone come lingua comune grazie all’insegnamento nelle scuole di tutto l’immenso, cosmopolita e multilingue territorio romano.

In ambito poetico, la definitiva diffusione della cultura ellenistica porta all’affermazione delle teorie estetiche dei poeti alessandrini, i letterati della corte di Alessandria d’Egitto, centro principale della cultura greca in questo periodo. Un gruppo di giovani colti, definiti poetae novi o neoteroi, sia per la loro età sia per la loro volontà di rinnovamento, costituisce un circolo elitario che rifiuta la tumultuosa carriera politica e gli impegni civili, così come i generi letterari di ampio respiro e i temi morali, per dedicarsi invece a una poesia breve e raffinata, individualistica, erudita e giocata su virtuosismi e sperimentazioni linguistiche. Rappresentativa di questa scelta è soprattutto la produzione di Catullo, il più grande di questi poeti (il Catulli Veronensis Liber – Libro di Catullo di Verona, nome postumo – raccoglie tutta la produzione del poeta).

storia della letteratura latina catullo

Grotte di Catullo è il nome dato ai ruderi di una villa romana che fu edificata alla fine del I secolo a Sirmione, sul lago di Garda

Gli studi filosofici e l’attività intellettuale si conciliano invece con la partecipazione alla vita pubblica e politica di uno dei più versatili e rappresentativi autori della letteratura latina, Cicerone, noto soprattutto come il più grande oratore romano (Verrine, Catilinarie, Filippiche), ma altresì autore di un corpus di opere vasto e vario da cui si ricavano anche preziose informazioni storiche (da ricordare, De amicitia, De re publica).

Le vicende storico-politiche degli ultimi anni della repubblica sono descritte anche dal loro stesso protagonista, Giulio Cesare, che affianca alle attività militare e politica quelle di storico delle proprie imprese e di oratore (Commentarii de bello gallico, Commentarii de bello civili). Ma il primo grande storico romano è però uno dei sostenitori di Cesare, Sallustio (De Catilinae coniuratione, sulla congiura di Catilina).

Completano il quadro intellettuale dell’età cesariana gli eruditi come Marco Terenzio Varrone, figura di vasta cultura enciclopedica e autore di moltissime opere sulle più svariate discipline, grazie alle quali ci sono giunte informazioni su testi altrimenti scomparsi e sull’evoluzione della lingua latina.

A metà fra poesia e filosofia si colloca Tito Lucrezio Caro, seguace dell’epicureismo e autore del De rerum natura.

Età di Augusto

La morte di Cesare apre un nuovo periodo di guerra civile, che vede come principali contendenti del potere assoluto Marco Antonio, primo collaboratore del defunto dittatore, e Ottaviano, pronipote di quest’ultimo. La guerra vedrà trionfare Ottaviano nella battaglia di Azio del 31 a.C. A partire da questa data ha inizio la dissoluzione della repubblica, di cui vengono mantenute le apparenze formali mentre lo Stato romano si trasforma in impero.

Ottaviano riceve il titolo di Augusto, che lo pone al di sopra di tutte le altre figure politiche e lo investe di un’aura di sacralità, e concentra tutto il potere nelle proprie mani, ma cerca allo stesso tempo di presentarsi come restauratore della pace e dell’ordine e garante delle libertà, delle tradizioni e dei valori romani. In questo programma di ricerca del consenso rientra anche la politica culturale dell’imperatore, il quale incentiva le attività intellettuali garantendo protezione ai letterati con l’introduzione della pratica del mecenatismo (da Mecenate, collaboratore di Augusto, promotore e protettore degli artisti del suo circolo). La cultura deve essere sostenuta in quanto mezzo di consolidamento del senso patriottico e del culto di Roma.

L’esaltazione della grandezza di Roma e l’alimentazione dello spirito patriottico nelle opere di quest’epoca non esprimono un’adulazione imposta dall’alto, ma una sincera adesione dei letterati alla politica di Augusto, stimolata dal clima di pace e dalla benevolenza dimostrata verso gli artisti, tutto sommato liberi di esprimersi.

L’accentramento del potere nelle mani di una sola persona determina l’esaurirsi del dibattito politico e di conseguenza la decadenza dell’oratoria, praticata ormai solo in ambito giudiziario o come sfoggio di eloquenza nelle declamazioni pubbliche.

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Particolare della statua di Virgilio a Mantova

L’età augustea è dominata piuttosto dalla poesia.

Il primo e più rappresentativo autore di quest’epoca è Publio Virgilio Marone, riconosciuto come il più grande poeta classico per aver sancito la rinascita dell’epica (Eneide) e aver fondato il genere della lirica pastorale (Georgiche, Bucoliche) nella cultura occidentale, stabilendosi per entrambe come modello per secoli.

Brillante maestro di stile è invece Orazio, contemporaneo di Virgilio e assiduo ricercatore della perfezione formale in una varietà di generi, dalla lirica (le Odi e le Epistole) alla satira (con le opere giovanili gli Epodi e soprattutto le Satire) , con cui esprime in modi diversi la propria filosofia di vita.

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La statua di Orazio Flacco a Venosa (Basilicata)

In questo periodo avviene anche la fioritura di un genere di origine ellenistica, l’elegia d’amore, che viene rinnovato dai poeti latini (soprattutto Tibullo e Properzio) e successivamente trasformato radicalmente dall’originalità del genio artistico di Ovidio, poeta mondano che nelle sue opere rispecchia con grande virtuosismo la società dell’epoca, sicuramente il più grande rinnovatore della poesia elegiaca dell’età augustea (Amores, la raccolta “epica” Heroides, Ars amatoria), sino al suo capolavoro, le Metamorfosi.

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Statua di Ovidio, simbolo della città di Sulmona

Tito Livio, il più grande storico di Roma (Ab urbe condita libri, Storia di Roma dalla sua fondazione) è l’unico prosatore che emerge nell’età augustea.

Fedro è una voce isolata della letteratura latina, in quanto autore di celebri favole (fra cui La rana e il bue e Il lupo e il cane), genere allora non molto apprezzato.

Età giulio-claudia

Alla morte di Augusto, dopo alcune difficoltà dinastiche, diventa imperatore Tiberio, figlio della terza moglie di Ottaviano e da questi adottato. La successione dà avvio alla dinastia giulio-claudia (derivante dall’unione della gens Iulia, quella di Ottaviano, e della gens Claudia, da cui proviene Tiberio) durante il regno della quale si sviluppa la fase definita “argentea” della letteratura latina.

La perfezione e la purezza stilistica raggiunte dai grandi poeti dell’età precedente appaiono ineguagliabili, perciò la poesia produce risultati di insoddisfacente imitazione oppure opere geniali che seguono una direzione totalmente opposta a quella degli autori classici.

Il cambiamento di gusto si manifesta soprattutto nel recupero della retorica intesa come abilità tecnica e formale fine a sé stessa, funzionale non alla persuasione, ma allo stupore del pubblico o dei lettori, tramite artifici sempre più arditi e talvolta forzati. Ne sono un esempio le macabre ed enfatiche tragedie di Seneca, che tuttavia diventa uno dei più grandi autori latini soprattutto per la sua abilità nel porre gli artifici retorici al servizio della riflessione filosofica nei suoi testi in prosa.

Anche la satira, infine, si allontana dal modello oraziano: Persio, il più significativo autore di questo genere dell’età giulio-claudia, rifiuta l’ironia bonaria in favore di un severo e intollerante rigorismo morale, ispirato alla filosofia stoica e sostenuto da un radicale pessimismo.

Matteo Anneo Lucano rinnovò sia ideologicamente sia stilisticamente l’epica (Bellum civile o Pharsalia). Da ricordare anche la stravagante opera Satyricon, attribuita a Petronio.

Età flavia

Con la morte di Nerone si estingue la dinastia giulio-claudia e si apre un anno di guerra civile in cui gli eserciti dislocati nelle varie province dell’impero si attribuiscono un’autorità arbitraria arrogandosi il diritto di acclamare come imperatori i loro generali. Alla fine, tra i vari generali, prevale Tito Flavio Vespasiano, della famiglia dei Flavi, che inaugura una nuova dinastia, proseguita dai figli Tito e Domiziano. Vespasiano e Tito si impegnano soprattutto a risollevare lo Stato dopo il periodo di guerra e a instaurare una politica di equilibrio che rispetti il ruolo del senato, mentre Domiziano rompe i rapporti con quest’ultimo per costruire una monarchia assoluta, instaurando un vero e proprio regime del terrore. La cultura in questa fase è sottoposta a una pressione ideologica che ne compromette la piena fioritura, anche se non mancano spunti originali.

L’età flavia vede poi numerosi tentativi di recuperare il modello epico di Virgilio, con alcune ispirazioni innovative e risultati apprezzabili, che tuttavia non raggiungono mai il livello del poeta augusteo. Stazio, con il poema Tebaide, recupera la tradizione mitologica greca per quanto riguarda l’argomento, la lotta per il trono di Tebe tra Eteocle e Polinice, figli di Edipo, rifacendosi però largamente a Virgilio per le situazioni e i luoghi comuni tipici dell’epica. Valerio Flacco, invece, con Gli Argonauti (Argonautica) sceglie l’avventura di Giasone e Medea alla ricerca del Vello d’oro come argomento e crea un poema in cui al modello alessandrino si uniscono gli influssi virgiliani e un’originale analisi psicologica dei personaggi, non cristallizzati nello stereotipo del mito.

Tre sono invece le personalità di spicco della prosa di età flavia. Tacito è il più grande storico della Roma imperiale; con le sue opere (le Storie, Historiae, e gli Annali, Annales) strutturate secondo il sistema annalistico ricopre la storia di Roma dalla morte di Augusto a quella di Domiziano. Quintiliano, avvocato e insegnante della prima scuola pubblica di eloquenza, autore del trattato Institutio oratoria, che illustra la formazione del perfetto oratore con approfondimenti pedagogici e letterari. Plinio il Vecchio, grande erudito, autore della Storia naturale (Naturalis historia), monumentale enciclopedia che spazia in tutti i campi del sapere e testimonia la sconfinata curiosità che conduce lo studioso ad avvicinarsi ai luoghi dell’eruzione del Vesuvio nel 79 d.C., trovandovi la morte.

Nella poesia, Marco Valerio Marziale è ritenuto il più importante epigrammista in lingua latina.

Età di Nerva e Traiano

Alla fine del I sec. d.C., con la morte di Domiziano, termina la dinastia Flavia e ottiene il potere un nobile senatore, Nerva, che ripristina una politica di equilibrio tra imperatore, senato e poteri militari, ormai inevitabilmente coinvolti nel governo. Con Nerva, inoltre, la successione dinastica viene sostituita da quella per adozione, che conduce al potere Traiano, ufficiale di origine spagnola. Traiano regna per vent’anni riportando un clima disteso nell’impero e occupandosi dei problemi sociali, ma anche ampliando notevolmente i confini dello Stato con nuove conquiste.

La situazione di pace stimola lo sviluppo della cultura. Giovenale è l’ultimo autore di spicco della satira, genere destinato successivamente al declino. Come sottolinea lo stesso poeta, le sue satire sono ispirate da un forte sentimento di indignazione per i vizi e le prepotenze a cui assiste quotidianamente a Roma, indignazione che riversa con aggressività e deformazione grottesca nelle sue opere. Una pungente amarezza prevale, in queste poesie, sull’ironia tipica della satira.

Un intimo amico di Tacito, Plinio il Giovane (nipote di Plinio il Vecchio), è invece il testimone delle vicende della società colta e mondana dell’epoca di Traiano (di lui ci è pervenuto il Panegirico di Traiano, Traianii laudatio); il suo Epistolario (Epistularum libri) è di grande interesse perché descrive manifestazioni culturali, spettacoli poetici, personaggi di spicco, vita familiare, affari e occasioni mondane, ma anche eventi eccezionali come l’eruzione del Vesuvio (di cui è la principale fonte di informazioni per noi), e questioni politico-sociali di rilievo come i primi processi contro i cristiani.

Età dell’ultimo impero e l’inizio del Medioevo

Nei secoli tra il regno di Adriano, successore di Traiano, e la caduta dell’impero romano d’Occidente (476 d.C.), la cultura si sviluppa in direzione degli studi eruditi, della curiosità aneddotica e della compilazione piuttosto che in quella dell’originalità creativa. Di conseguenza, la poesia entra in decadenza, la prosa vede soprattutto la proliferazione di biografie (Svetonio con le Vite dei Cesari, De vita Caesarum), studi scientifici, testi teorici delle varie discipline, raccolte di aneddoti e di antichità. Da ricordare anche la letteratura apologetica (in difesa della nuova fede e di affermazione della superiorità di essa rispetto al paganesimo), il cui massimo esponente è Tertulliano (Apologeticum). Figura importante è Apuleio, autore dell’unico romanzo integro della letteratura latina (Le metamorfosi, conosciuto anche col titolo L’asino d’oro).

I padri della Chiesa

L’editto di Costantino del 313 d.C. concede libertà di culto alla nuova religione, ponendo fine alle persecuzioni e trasformando le necessità della cultura cristiana. Nasce quindi una letteratura latino-cristiana con lo scopo di definire una dottrina teologica unica di riferimento, attraverso l’interpretazione critica dei testi sacri. Gli scrittori che si impegnano in questa produzione ponendo le basi della teologia cristiana sono definiti Padri della Chiesa, in particolare Ambrogio, Girolamo e Agostino, tutti vissuti nel IV sec.

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La conversione di Agostino avvenne grazie alla lettura di un passaggio della Bibbia di san Paolo

Ambrogio nasce a Treviri e si trasferisce successivamente a Roma e diviene poi vescovo di Milano. Ambrogio è autore di un gran numero di testi esegetici (cioè interpretativi) e dogmatici volti a definire l’ortodossia cristiana e le sue pratiche liturgiche in maniera precisa, come, per esempio, l’Exameron (I sei giorni), sulla creazione del mondo, o il De officiis ministrorum (I doveri dei sacerdoti).

Girolamo nasce in Dalmazia e si reca molto presto a Roma, dove segue gli studi classici e sviluppa una grande passione per la letteratura latina aurea. Questi studi gli consentono di scrivere la sua opera più importante, realizzando una nuova versione dei Vangeli e dell’Antico Testamento, ottenuta traducendo in latino i testi sacri direttamente dagli originali in ebraico e aramaico, per garantire maggiore autenticità rispetto alle versioni latine e greche più antiche, di cui non si conoscevano il processo di traduzione e i vari rimaneggiamenti. Da questo lavoro imponente nasce la Vulgata, la versione dei testi sacri riconosciuta come unica valida dal Concilio di Trento del 1546.

La vera grande stella di questo periodo fu però Agostino d’Ippona. Dei numerosissimi scritti di Agostino, il più noto, per la sua novità e profondità, è Confessioni (Confessiones), la prima vera autobiografia della letteratura antica, in cui l’autore ripercorre la propria vita e il difficile percorso spirituale che lo ha condotto alla conversione, rivolgendosi a Dio per aprirgli il proprio animo con un’introspezione acuta e sincera. L’ultima parte dell’opera affronta invece grandi temi filosofico-religiosi con riflessioni estremamente moderne, come la concezione della relatività del tempo.

 

Indice materie – Letteratura latina – Storia della letteratura latina

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