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Proemio dell’Eneide

Il proemio dell’Eneide è la parte iniziale del celebre poema epico scritto da Virgilio, il suo più grande capolavoro al quale lavorò praticamente in modo incessante nell’ultima decade della sua vita; l’opera consta di dodici libri; nei primi sei si raccontano le varie peregrinazioni di Enea, mentre i restanti trattano della guerra con la popolazione latina.

Tradizionalmente, il proemio dell’Eneide è suddiviso in tre parti:

  • Protasi (vv. 1-7)
  • Invocazione alla Musa (vv. 8-11)
  • Antefatto (vv. 12-33).

Nota – Alcuni considerano come proemio dell’Eneide soltanto le prime due parti (la protasi e l’invocazione alla Musa).

Il termine protasi indica la parte introduttiva dei poemi classici; essa illustra brevemente l’argomento che sarà trattato nell’opera (proposizione); Virgilio qui sottolinea che la sua opera ha un legame con i poemi di Omero; il termine armi del primo verso allude alle battaglie che Enea combatterà nel Lazio e che riprendono le tematiche dell’Iliade; il termine uomo, invece, fa riferimento a Enea e alle sue avventure che avranno come modello l’Odissea. Virgilio spiega che parlerà delle guerre puniche e di Enea, fuggito da Troia e che arriva in Italia, delle varie peregrinazioni a cui è stato costretto a causa dell’accanimento di Giunone contro di lui e delle tante battaglie che ha dovuto combattere prima di fondare Lavinio.

Nota – Lavinio è il luogo dove, secondo il mito, Enea fondò il primo insediamento in Italia dei profughi troiani. Secondo la tradizione, il nome trae origine da quello di Lavinia, la figlia del re dei latini (Latino) concessa in sposa a Enea.

La protasi è seguita dall’invocazione alla Musa che in questo caso è Calliope (la musa dell’epica; il suo nome significa “bella voce”); è qui interessante notare come a essa Virgilio, diversamente da quanto fa Omero, non chiede di ispirare la sua poesia; con l’utilizzo del verbo “canto” nel primo verso dell’opera, Virgilio ha voluto sottolineare la propria originalità.

I vv. da 12 a 33 costituiscono l’antefatto. Fra le varie città, la preferita di Giunone era Cartagine e qui ella avrebbe voluto farne la sede del dominio del mondo. A lei era però noto che da sangue troiano sarebbe derivata una stirpe che avrebbe ridotto in rovina la città da lei amata; ciò la spaventava molto. Pensava inoltre alla guerra che lei aveva combattuto a fianco dei greci contro il popolo di Troia; i motivi del suo schierarsi erano vari: il troiano Paride aveva considerato Venere la più bella tra tutte le dee; la troiana Antigone aveva avuto l’ardire di sfidarla considerandosi più bella di lei; Dardano, il fondatore di Troia, era nato dalla relazione adulterina di Giove con Elettra (Giunone era la moglie di Giove), il troiano Ganimede, infine, era stato scelto da Giove come coppiere al posto della figlia Ebe. Comprensibili quindi il risentimento e la paura che Giunone provava verso i troiani che erano riusciti a salvarsi dal rovinoso incendio della città di Troia.

Nota – Giunone era la dea del matrimonio e del parto; in seguito assumerà le funzioni di protettrice dello Stato. Gli antichi romani la assimilarono gradualmente alla dea Era della mitologia greca, divenendo la sposa di Giove, era quindi la divinità femminile di maggiore importanza.

Parafrasi proemio eneide

Enea fugge da Troia con il figlio Ascanio, portandosi sulle spalle il padre Anchise

Testo latino

Arma uirumque cano, Troiae qui primus ab oris

Italiam fato profugus Lauiniaque uenit

litora, multum ille et terris iactatus et alto

ui superum, saeuae memorem Iunonis ob iram,

multa quoque et bello passus, dum conderet urbem  5

inferretque deos Latio; genus unde Latinum

Albanique patres atque altae moenia Romae.

Musa, mihi causas memora, quo numine laeso

quidue dolens regina deum tot uoluere casus

insignem pietate uirum, tot adire labores 10

impulerit. tantaene animis caelestibus irae?

Urbs antiqua fuit Tyrii tenuere coloni

Karthago, Italiam contra Tiberinaque longe

ostia, diues opum studiisque asperrima belli,

quam Iuno fertur terris magis omnibus unam  15

posthabita coluisse Samo. hic illius arma,

hic currus fuit; hoc regnum dea gentibus esse,

si qua fata sinant, iam tum tenditque fouetque.

progeniem sed enim Troiano a sanguine duci

audierat Tyrias olim quae uerteret arces;  20

hinc populum late regem belloque superbum

uenturum excidio Libyae; sic uoluere Parcas.

id metuens ueterisque memor Saturnia belli,

prima quod ad Troiam pro caris gesserat Argis;

necdum etiam causae irarum saeuique dolores  25

exciderant animo; manet alta mente repostum

iudicium Paridis spretaeque iniuria formae

et genus inuisum et rapti Ganymedis honores:

his accensa super iactatos aequore toto

Troas, reliquias Danaum atque immitis Achilli,  30

arcebat longe Latio, multosque per annos

errabant acti fatis maria omnia circum.

tantae molis erat Romanam condere gentem.

proemio eneide enea

Proemio dell’Eneide: – “Armi canto e l’uomo che primo dai lidi di Troia…”

Proemio dell’Eneide – Traduzione in italiano

Armi canto e l’uomo che primo dai lidi di Troia

venne in Italia fuggiasco per fato e alle spiagge

lavinie, e molto in terra e sul mare fu preda

di forze divine, per l’ira ostinata della crudele Giunone,

molto sofferse anche in guerra, finch’ebbe fondato 5

la sua città, portato nel Lazio i suoi dei, donde il sangue

Latino, e i padri Albani e le mura dell’alta Roma.

Musa, tu dimmi le cause, per quale offesa divina,

per quale dolore la regina dei numi a soffrir tante pene,

a incontrar tante angosce condannò l’uomo pio. 10

Così grandi nell’animo dei celesti le ire!

Città antica fu, l’ebbero i coloni Tiri,

Cartagine, contro l’Italia, lontano, e le bocche

del Tevere, opulenta, tremenda d’ardore guerriero.

Questa Giunone, dicono, amò più di tutte le terre 15

trascurando anche Samo: qui le sue armi,

qui tenne il suo carro: farne il regno dei popoli,

lo consenta mai il fato, già sogna e agogna la dea.

Udiva però che dal sangue troiano doveva scendere stirpe,

che un giorno dei Tirii abbatterebbe le torri: 20

sovrana di qui, superba di guerra, una gente

verrebbe a rovina dell’Africa: così filavan le Parche.

Questo tremendo, e memore della vecchia sua guerra,

che lei, la Saturnia, a Troia pei cari Argivi condusse

– le cause dell’odio, duri dolori, non eran cadute 25

dall’animo, sta chiuso nel cuore profondo

il giudizio di Paride, l’onta della bellezza umiliata,

e l’origine odiosa, e il rapito Ganimede e il suo onore –

più e più d’ogni cosa accendendosi, per tutto il mare cacciava

i Teucri, avanzo di Danai e d’Achille crudele, 30

lontano dal Lazio: e quelli già da molt’anni

erravano, preda dei fati, intorno a tutte le sponde.

Tanto grave a fondare fu la gente di Roma.

Nota – La soprariportata traduzione è di Rosa Calzecchi Onesti (1916-2011), traduttrice, insegnante, latinista e grecista milanese. Di lei ha detto lo scrittore Cesare Pavese: “Solo chi ha un animo grande come quello di Omero poteva tradurre così bene i suoi poemi in italiano”. Celebri le sue traduzioni dell’Iliade, dell’Odissea e dell’Eneide.

Proemio dell’Eneide – Parafrasi

Canto le armi e l’uomo che per primo, dalla terra di Troia,

spinto dal destino raggiunse profugo l’Italia e le sponde

lavinie; il suo molto vagare, per mare e per terra, fu causato

da forze divine, per la rabbia ostinata della crudele dea Giunone;

soffrì molto, anche in guerra, per fondare poi

la sua città [Lavinia, N.d.R.] nel Lazio, vi portò i suoi dei; di qui il sangue

latino, e i nostri padri, gli Albani, e le alte mura di Roma.

Musa, ricordamene le cause, cosa offese quella dea,

per quale ferita la regina dei numi condannò un uomo pio,

a soffrire tanti dolori, a subire così tante disgrazie?

È così grande l’ira nei cuori degli dei?

Vi fu una antica città, abitata dai Tiri,

Cartagine, che combatteva da lontano l’Italia e le foci

del Tevere; ricca di mezzi e terribile con le armi.

Si narra che Giunone l’amasse più di ogni altra terra,

persino della stessa Samo, e che vi tenesse le armi

e il suo carro: farne l’impero del mondo,

se il fato lo avesse mai concesso, era il sogno e il desiderio della dea.

A lei però era noto che da sangue troiano doveva nascere una stirpe,

destinata un giorno ad abbattere le torri di Cartagine:

[sapeva] che un popolo dai vasti domini e forte nell’arte della guerra,

sarebbe venuto a distruggere l’Africa: questo destino tessevano le Parche.

Temendo ciò, e memore della sua vecchia guerra,

che lei, la Saturnia1, aveva combattuto contro Troia a fianco degli Argivi2,

– le ragioni del suo odio, il fiero dolore, non erano superati:

le restano impressi nel cuore il giudizio di Paride, la vergogna per la sua bellezza disprezzata,

l’odio per la razza troiana, gli onori tributati a Ganimede –

inferocita per tali oltraggi, ella teneva in balia delle onde, lontano dal Lazio,

i Teucri (i troiani, N.d.R.] scampati ai Danai3 e al terribile Achille,

e così loro, per molti anni, vagarono per i mari, in balia del destino.

Fu molto arduo fondare la stirpe romana.

  1. Giunone era figlia di Saturno
  2. Argivi, gli abitanti di Argo; anche in questo caso il termine sta per greci.
  3. Danai, ovvero la stirpe di Danao, i greci.

 

Manuale di cultura generale – Letteratura latina – Precedente – Eneide – Riassunto – Proemio dell’Eneide – Successivo: Bucoliche – Riassunto

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