Le Bucoliche sono la prima opera del poeta latino Virgilio, che comprende dieci egloghe, poesie di argomento pastorale. L’egloga è infatti un genere poetico di forma dialogica che di solito celebra la vita pastorale e agreste, spesso facendo uso di allegorie. Tutte le egloghe di Virgilio usano il verso esametro, tipico di questo poeta e dalla metrica precisa nel suo ritmo: è lo stesso verso con cui è composta l’Eneide.
L’ispirazione per quest’opera viene a Virgilio da una dolorosa esperienza personale: la confisca delle terre della sua famiglia da parte di Ottaviano in seguito alla guerra civile. Ottaviano espropria le terre di moltissimi contadini per redistribuirle ai veterani di guerra e ricompensarli così di averlo aiutato a ottenere la vittoria che gli permetterà di diventare imperatore. Per primo, Virgilio decide dunque di dedicare un intero libro al tema pastorale, celebrando un ambiente a cui deve molto e che incarna valori per lui fondamentali, proprio nel momento in cui gli vengono strappati. La poesia diventa così strumento in cui riversare e con cui superare le passioni forti e dolorose.
Il modello dichiarato delle Bucoliche è il poeta Teocrito, originario di Siracusa e vissuto in età ellenistica (III secolo a.C.), autore degli Idilli, brevi poesie pastorali. Rispetto a Teocrito, però, Virgilio è più coinvolto nell’argomento, quindi in lui prevale l’allegoria profonda rispetto all’ironia che caratterizza il poeta greco. Gli idilli di Teocrito, inoltre, sono ambientati nella campagna siciliana, le egloghe di Virgilio in quella padana, quindi lo scenario è molto diverso.
Un’altra grande differenza tra i due è che Teocrito rappresenta i pastori e la vita di campagna con realismo, Virgilio invece li idealizza dando priorità ai valori che rappresentano per lui piuttosto che alla realtà. La vita pastorale per il poeta mantovano è libertà, civiltà, armonia, pace. Alcuni studiosi identificano addirittura il personaggio del pastore Titiro con Virgilio stesso.

L’Egloga 10 delle Bucoliche contiene la celebre citazione “Omnia vincit amor” (l’amore vince tutto)
Bucoliche – Riassunto breve
Egloga 1: dialogo fra due pastori, Titiro e Melibeo, che discutono dell’espropriazione delle terre. Mentre un misterioso giovane “divino” incontrato a Roma ha permesso a Titiro di mantenere i propri possedimenti, Melibeo ha perso i suoi campi ed è costretto ad abbandonare la patria per un duro esilio.
Egloga 2: monologo del pastore Coridone, che si angoscia per la sua ossessione romantica per il giovane schiavo Alessi, che non lo ricambia.
Egloga 3: competizione poetica tra due pastori, Menalca e Dameta. Un altro pastore, Palemone, fa da giudice, e i due recitano alternandosi degli epigrammi sulla vita pastorale, l’amore e la poesia. Alla fine, il giudice dichiara un pareggio.
L’egloga 4 è la più famosa, soprattutto per l’eco che ha avuto nei secoli successivi attraverso gli autori che hanno interpretato in vari modi la profezia di Virgilio, e in particolare Dante. In questa poesia, infatti, Virgilio profetizza che presto nascerà un “bambino divino” che introdurrà una nuova e prospera età dell’oro, dopo il periodo oscuro delle guerre civili, che quando il poeta scrive hanno trovato una tregua nel matrimonio tra Ottavia, sorella di Ottaviano, e Marco Antonio. Virgilio e i suoi contemporanei non sanno che si tratta di una tregua temporanea e accolgono la notizia con gioia. Le prime interpretazioni identificavano il “bambino divino” con il figlio che sarebbe nato da quel matrimonio, ma successivamente gli intellettuali cristiani lo identificheranno con Gesù Cristo, considerando Virgilio come un profeta pagano. Questa è l’intepretazione che Dante farà propria e renderà celebre.
Egloga 5: i pastori Menalca e Mopso sono grandi amici, seppure lontani come età, ed entrambi molto abili nella poesia. Cantano la morte di Dafni, pastore innamorato di una ninfa che ne causò la morte, e lo trasformano in un eroe divinizzato reso immortale dalla poesia.
Egloga 6: Virgilio spiega brevemente all’amico Varo perché preferisce scrivere poesie pastorali rispetto all’epica, poi descrive come due giovani convincano il dio dei boschi, Sileno, a cantare loro una canzone sulla creazione dell’universo e sui pericoli dell’Amore.
Egloga 7: altra gara di poesia che coinvolge personaggi già visti, Coridone e Melibeo, il primo come concorrente, il secondo narratore della vicenda. Il giudice della gara è Dafni, l’altro concorrente è Tirsi, che perde perché giudicato più rozzo di Coridone e irrispettoso degli dei.
Egloga 8: due poeti cantano il tema dell’amore non corrisposto con approcci diversi. Damone canta di un amante infelice che desidera ardentemente la morte dopo che la sua amata, Nisa, ha preferito un altro uomo; Alfesibeo canta di una donna che usa la magia per far tornare da lei il suo amato lontano in città.
Egloga 9: dialogo tra due pastori, che commentano le sventure del padrone di uno dei due, Menalca, privato dei suoi possedimenti. I due rcordano le belle poesie di Menalca, che non lo hanno però salvato.
Egloga 10: poesia di consolazione per il collega poeta Gallo, che soffre per un amore non corrisposto, e al suo dolore prende parte tutta la natura.
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