James Joyce è il più estremo innovatore del romanzo europeo del Novecento. Nasce a Dublino nel 1882 e nella città natale riceve la prima educazione dai gesuiti e frequenta l’università, dopo la quale si trasferisce a Parigi per fuggire dall’opprimente ambiente cattolico dublinese. Dopo diversi viaggi in Europa (anche in Italia, a Trieste, dove stringe amicizia con Italo Svevo) e il matrimonio, Joyce però torna con la famiglia a Dublino e lì inizia a esprimere la propria vena letteraria scrivendo la raccolta di racconti Gente di Dublino, una rappresentazione eterogenea e realistica della vita e delle persone della città. I diversi racconti sono accomunati dalla totale assenza di un giudizio dall’alto sui fatti narrati: il punto di vista è quello di un personaggio che viene osservato senza commenti nella sua quotidianità o in un momento preciso. La raccolta vuole tracciare un quadro della decadenza morale e della paralisi umana che Joyce avverte nella propria città, ma che è caratteristica specifica dell’uomo e della società moderni.

La statua di James Joyce in Earl Street a Dublino (Iralnda)
A Dublino è legato anche il romanzo capolavoro di Joyce, Ulisse, nonostante sia scritto a Zurigo, città in cui lo scrittore si trasferisce allo scoppio della Prima guerra mondiale. Il romanzo viene pubblicato solo qualche anno dopo la fine del conflitto, a Parigi, e desta grande scandalo e al contempo ammirazione per la sua assoluta novità: in una sorta di parodia dell’Ulisse di Omero, il protagonista Leopold Bloom viene colto nell’Odissea personale di una giornata qualsiasi a Dublino, ricostruita attraverso episodi apparentemente insignificanti e soprattutto attraverso i monologhi interiori del personaggio. Centrale nella narrazione è proprio il fluire caotico e spesso insensato dei pensieri, che si posano indifferentemente su cose o fatti più o meno significativi, facendo collegamenti arbitrari e salti improvvisi, e vengono riversati sulla pagina proprio così come si manifestano, secondo la tecnica definita poi stream of consciousness (flusso di coscienza). Infatti, da qualsiasi evento, situazione, dialogo oppure oggetto insolito o no, può scaturire per motivazioni del tutto soggettive una sorta di rivelazione (“epifania”) che rivela all’improvviso significati nascosti.
Dopo la pubblicazione del romanzo, Joyce resta a Parigi per molti anni e prosegue la propria sperimentazione, portandola all’estremo con l’uso di un linguaggio eterogeneo e oscuro ai limiti della comunicabilità. All’inizio del secondo conflitto mondiale, infine, Joyce si trasferisce nuovamente a Zurigo, dove muore nel 1941 durante un intervento chirurgico.
James Joyce – Biografia e opere
- 1882 – Nasce a Dublino
- 1888 – Inizia a frequentare il Clongowes Wood College; in seguito frequenterà altre scuole
- 1898 – Si iscrive allo University College di Dublino dove studia lingue moderne
- 1902 – Consegue la laurea e si trasferisce a Parigi
- 1903 – Fa rientro in Irlanda; muore sua madre
- 1904 – Inizia la sua relazione affettiva con Nora Barnacle che durerà per tutta la vita (si sposeranno nel 1931)
- 1904 – Lui e Nora lasciano l’Irlanda, andranno a Zurigo e poi a Trieste
- 1906 – Soggiornerà con la famiglia alcuni mesi a Roma per poi tornare a Trieste
- 1907 – Fa conoscenza con Italo Svevo
- 1913 – A Trieste conosce Ezra Pound
- 1914 – Gente di Dublino (Dubliners, raccolta di racconti)
- 1916 – Ritratto dell’artista da giovane (A Portrait of the Artist as a Young Man, romanzo)
- 1918 – Esuli (Exiles, opera teatrale)
- 1922 – Ulisse (Ulysses, romanzo)
- 1939 – Finnegans Wake (romanzo)
- 1940 – Si trasferisce a Zurigo
- 1941 – Muore a Zurigo
- Opere postume
- 1944 – Stefano eroe (Stephen Hero, romanzo)
Frasi celebri di James Joyce
Dio fece il cibo, il diavolo il condimento.
Si può passar sopra a un morso di lupo, ma non a un morso di pecora.
Un uomo di genio non commette errori: i suoi sbagli sono l’anticamera della scoperta.
Non far domande e non sentirai menzogne.
Scrivere in inglese è la tortura più ingegnosa mai studiata per i peccati commessi nelle vite precedenti.
Quando morirò Dublino sarà scritta nel mio cuore.
Non vi è eresia, né filosofia, tanto aborrita dalla Chiesa, quanto l’essere umano.
Cristoforo Colombo, come ognuno sa, è venerato dai posteri perché fu l’ultimo a scoprire l’America.
Uomo affamato, uomo arrabbiato.
Sono egoisti quegli astemi.
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