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Proemio dell’Iliade

Il proemio dell’Iliade è la parte iniziale del celebre poema epico, in esametri, attribuito a Omero, una figura a metà tra storia e leggenda; l’opera, suddivisa in 24 canti (circa 16.000 versi) è senza ombra di dubbio uno dei testi più importanti della letteratura greca in particolare e della letteratura in generale.

L’Iliade è un poema epico sulla guerra; il titolo dell’opera deriva da Ilio, antico nome della città di Troia; i versi del poema coprono un periodo di 50 giorni dell’ultimo anno della guerra di Troia. Il casus belli è stato il rapimento di Elena, moglie di Menelao, da parte di Paride, il figlio del re di Troia, Priamo. Il poema, comunque, si concentra quasi esclusivamente su un tema del conflitto, l’ira di Achille. Per gli approfondimenti sull’opera si consulti la scheda Iliade – Riassunto.

Il proemio dell’Iliade è suddiviso in due parti:

  • Invocazione alla Musa (v. 1)
  • Protasi (vv. 1-7).

Invocazione alla Musa – Come nel caso dell’Odissea, altro celeberrimo poema omerico, anche l’Iliade si apre (v. 1) con l’invocazione alla Musa ispiratrice, più specificamente a Calliope, la musa della poesia epica (il nome significa “dalla bella voce”); le Muse erano nove, figlie di Zeus e di Mnemosine, la dea della memoria; erano le protettrici delle scienze e delle arti; oltre a Calliope c’erano Euterpe, musa della poesia lirica, Erato, della poesia amorosa, Polimnia, della poesia religiosa e dell’eloquenza, Clio, della storia, Talia, della commedia e della satira, Melpomene, della tragedia, Tersicore della danza, Urania dell’astronomia e della matematica. A Calliope il poeta chiede l’ispirazione per il suo canto e l’aiuto per riuscire a narrare tutti i fatti.

Protasi – Nella protasi, anche propositio o proposizione, viene esposto, in modo molto sintetico, l’argomento che sarà sviluppato nel poema. Il tema principale da quale dipende la narrazione dei cinquanta giorni del decimo anno di guerra è l’ira di Achille, provocata da un durissimo litigio (“aspra contesa” nella traduzione di Monti) con Agamennone, capo supremo degli Achei nella guerra di Troia; nei pochi versi del proemio si spiega che la “ira funesta” di Achille sarà causa di molti lutti e di grandi sofferenze fra gli Achei; i corpi dei caduti saranno privati persino di una degna sepoltura e finiranno per essere divorati dai cani e dagli avvoltoi secondo il volere di Zeus.

Nota – Molte sono le traduzioni in italiano dell’Iliade; quelle che proponiamo di seguito sono tre: la prima di Vincenzo Monti (1754-1828), poeta, scrittore e traduttore italiano, ricordato soprattutto per questa traduzione; la seconda è di Salvatore Quasimodo (1901-1968), uno dei grandi esponenti dell’ermetismo; la terza, invece, una delle più conosciute, è quella di Rosa Calzecchi Onesti, traduttrice, insegnante, latinista e grecista milanese. Di lei disse lo scrittore Cesare Pavese: “Solo chi ha un animo grande come quello di Omero poteva tradurre così bene i suoi poemi in italiano”.

Proemio Iliade - Parafrasi - Riassunto

Achille sul carro

Testo greco

Μῆνιν ἄειδε θεὰ Πηληιάδεω Ἀχιλῆως

οὐλομένην, ἥ μυρί’ Ἀχαιοῖς ἄλγε’ ἔθηκε,

πολλὰς δ’ ἰφθίμους ψυχὰς Ἄιδι προίαψεν

ἡρωων, αὐτοὺς δὲ ἐλώρια τεῦχε κύνεσσιν

οἰωνοῖσί τε πᾶσι, Διὸς δ’ἐτελείετο βουλή,

ἐξ οὗ δὴ τὰ πρῶτα διαστήτην ἐρίσαντε

Ἀτρείδης τε ἄναξ ἀνδρῶν καὶ δῖος Ἀχιλλεύς.

Proemio dell’Iliade – Traduzione di Vincenzo Monti

Cantami, o Diva, del Pelide Achille

l’ira funesta che infiniti addusse

lutti agli Achei, molte anzi tempo all’Orco

generose travolse alme d’eroi,

e di cani e d’augelli orrido pasto

lor salme abbandonò (così di Giove

l’alto consiglio s’adempía), da quando

primamente disgiunse aspra contesa

il re de’ prodi Atride e il divo Achille.

Proemio dell’Iliade – Traduzione di Salvatore Quasimodo

Canta l’ira fatale di Achille, o Dea,

del figlio di Peleo, che dolori senza fine

portò agli Achei e molti grandi eroi,

pasto ai cani e agli uccelli di rapina,

trascinò nell’Ade. Così volle Zeus da quando

un odio ostinato divise il figlio di Atreo

re di forti guerrieri, e il valoroso Achille.

Proemio dell’Iliade – Traduzione di Rosa Calzecchi Onesti

Canta, o dea, l’ira d’Achille Pelide,

rovinosa, che infiniti dolori inflisse agli Achei,

gettò in preda all’Ade molte vite gagliarde

d’eroi, ne fece il bottino dei cani,

di tutti gli uccelli – consiglio di Zeus si compiva –

da quando prima si divisero contendendo

l’Atride signore d’eroi e Achille glorioso.

Proemio dell’Iliade – Parafrasi

Di seguito la parafrasi.

Raccontami, o Musa, l’ira di Achille, figlio di Peleo,

portatrice di morte, che provocò moltissime sofferenze agli Achei,

e gettò prematuramente nell’aldilà le anime di molti eroi coraggiosi,

abbandonò i loro corpi facendone cibo per cani

e uccelli (si compiva così la volontà di Giove)

da quando, per la prima volta, un violento litigio contrappose

il figlio di Atreo, Agamennone, re dei coraggiosi, e il glorioso Achille.

Proemio Iliade - Parafrasi

Lo scontro tra Achille ed Ettore

Analisi e riassunto

Analizziamo il testo del proemio facendo riferimento in particolare alla traduzione di Calzecchi Onesti ricordando però che, nella versione originale, il poema si apre con l’accusativo della parola ménis, termine greco che significa ira; nel v. 1 c’è anche l’invocazione alla Musa (in questo caso a Calliope). Tornando alla tematica principale, notiamo fin da subito che l’ira di Achille Pelide1 è il tema di fondo di tutto il poema; è un’ira rovinosa, fatale, funesta perché causerà moltissime sofferenze e tante morti fra gli Achei2 (vv. 2-4, infiniti dolori inflisse agli Achei, / gettò in preda all’Ade molte vite gagliarde / d’eroi…; Ade è un termine con il quale si faceva riferimento sia al Dio, sia al regno che presiedeva, quello delle ombre e dei morti); molti giovani eroi combattenti non avranno nemmeno il conforto di una degna sepoltura, i loro corpi saranno infatti divorati dai cani e dagli uccelli (vv. 4-5); si compiva così la suprema volontà di Zeus (v. 5, consiglio di Zeus si compiva) che aveva promesso a Teti la vittoria dei Troiani sugli Achei fino a quando questi ultimi non avessero tributato i giusti onori al figlio (Teti era la madre di Achille, nato da l’unione di lei con Peleo); nei vv. 6-7 c’è il riferimento al violento scontro tra Agamennone3 (re dell’Argolide e capo supremo della spedizione greca nella guerra contro i troiani) e il glorioso4 Achille.

Note

  1. Pelide è un patronimico, sta per figlio di Peleo.
  2. Gli Achei sono i greci, nel poema sono detti anche Argivi (dalla città di Argo) oppure Danai (figli di Danao).
  3. Atride è un patronimico, sta per figlio di Atreo; quest’ultimo era figlio di Pelope e di Ippodamia, fratello di Tieste e padre di Agamennone e Menelao.
  4. Calzecchi Onesti, modernamente, traduce con “glorioso”; Quasimodo invece traduce con “valoroso”; nella traduzione di Vincenzo Monti, Achille è invece definito “divo” (divino); in questo caso, divo ha più propriamente il significato di “di stirpe divina” in riferimento alla discendenza divina della madre Teti, una delle Nereidi, da non confondersi con Teti la titanide. I nomi delle due Teti non sono omofoni in lingua greca (Τηθύς e Θέτις), ma sono confusi a causa della translitterazione italiana.

 

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