La tettonica è un ambito della geologia che studia i fenomeni di cambiamento morfologico che hanno trasformato la Terra e la trasformano tuttora. In tettonica la prima teoria formulata in questo ambito è la teoria della deriva dei continenti, elaborata dal meteorologo Wegener all’inizio del Novecento, secondo la quale milioni di anni fa tutte le terre emerse sarebbero state unite in un unico blocco, chiamato Pangea, circondato da un unico oceano, detto Panthalassa. Successivamente la Pangea si sarebbe divisa in due blocchi: a nord la Laurasia (Nord America, Groenlandia, Europa, Asia) e a sud il Gondwana (Sud America, Africa, India, Australia, Antartide). La deriva, cioè l’allontanamento fra loro, di tali blocchi avrebbe progressivamente dato origine alle attuali terre emerse. Le prove a sostegno della tesi di Wegener sono la corrispondenza individuabile fra il profilo del Sud America e quello dell’Africa, la somiglianza fra le rocce e i fossili presenti sulle coste di questi due continenti, e la presenza, in alcune zone della Terra, di rocce le cui caratteristiche non sono compatibili con il clima della latitudine in cui si trovano attualmente.
Le ricerche oceanografiche degli anni Sessanta, invece, sono alla base della teoria dell’espansione dei fondali oceanici, secondo cui il magma che risale dalle fratture individuate sui fondali (in corrispondenza delle dorsali oceaniche) si solidifica formando nuova crosta terrestre, che si sposterebbe lateralmente espandendo il fondale e spingendo una quantità pari di vecchia crosta terrestre a sprofondare nelle fosse oceaniche per compensazione. Infatti, lo spessore delle rocce sedimentarie superficiali della crosta terrestre è sempre maggiore man mano che ci si allontana dalle dorsali.
Queste ricerche e questa teoria hanno permesso di completare la teoria di Wegener, che non indicava la possibile causa della deriva dei contenti da lui ipotizzata. Tale lacuna viene colmata dalla teoria della tettonica a placche, secondo cui la litosfera è divisa in blocchi rigidi detti placche o zolle, che galleggiano sullo strato sottostante plastico, l’astenosfera, e vengono spostate dai movimenti che avvengono all’interno di quest’ultima. Muovendosi, le placche fanno spostare i continenti e gli oceani e generano lungo i propri bordi fenomeni quali l’orogenesi, il vulcanismo e i sismi. Nella teoria della tettonica a placche sono state classificate sette placche principali (pacifica, nordamericana, sudamericana, eurasiatica, africana, indo-australiana, antartica) e una decina di altre minori.

Modello della crosta terrestre per spiegare la teoria della tettonica a placche
A seconda del tipo di interazione che si realizza fra i margini delle placche, se ne distinguono tre tipi: margini costruttivi o divergenti, distruttivi o convergenti e conservativi o trascorrenti.
I margini divergenti di due placche adiacenti si allontanano facendo risalire, dalla frattura fra essi, magma che, solidificandosi, crea nuova crosta terrestre. Questi margini corrispondono alle dorsali presenti sui fondali oceanici, che presentano appunto sulla sommità una frattura detta rift, oppure a fosse presenti sulla crosta continentale, dette rift valley continentali, meno profonde di quelle oceaniche e spesso occupate da laghi.
I margini convergenti di due placche adiacenti, invece, si avvicinano, provocandone lo scontro. Quando lo scontro coinvolge due placche oceaniche determina la distruzione di litosfera in corrispondenza dei margini, con l’immersione della litosfera nell’astenosfera sottostante, che genera attività sismica e vulcanica. Questo processo causa la formazione delle fosse oceaniche (per esempio la fossa delle Marianne) e degli archi magmatici insulari (isole formate dalla risalita del magma risultante dalla fusione della litosfera distrutta).
Quando invece lo scontro coinvolge due placche continentali, nessuna delle due è abbastanza densa da calare nell’astenosfera, perciò i margini scorrono l’uno contro l’altro determinando il corrugamento delle placche e dunque l’orogenesi (formazione di catene montuose), accompagnata da fenomeni sismici. Quando, infine, a scontrarsi sono una placca continentale e una oceanica, quest’ultima, più densa, si immerge al di sotto della prima all’interno dell’astenosfera, generando sia fosse oceaniche e archi magmatici, sia catene montuose (come le Ande lungo le coste di Cile e Perù).
I margini conservativi sono caratterizzati dallo scorrimento delle due placche adiacenti l’una rispetto all’altra, che non determina la distruzione di litosfera, bensì la formazione di fratture dette faglie trasformi, in corrispondenza delle quali l’attività sismica è intensa (per esempio la faglia di San Andreas in California).
La causa dei movimenti delle placche viene individuata nei moti convettivi (moti circolari dei fluidi caldi) che avvengono nel mantello: in esso il magma fluido, riscaldandosi per il contatto con il nucleo sottostante, diventa più leggero e si sposta verso l’alto, dove si raffredda e scende nuovamente verso il basso, riavviando il ciclo. La risalita del magma avrebbe quindi provocato le spaccature che hanno generato le placche, le quali si spostano galleggiando sul fluido in movimento.
I movimenti delle placche hanno effetti anche sulle rocce della superficie terrestre, che possono reagire a essi con un comportamento plastico oppure rigido, a seconda della tipologia di roccia e delle condizioni ambientali. Per esempio, la maggiore profondità, a causa di pressione e temperatura più elevate, favorisce un comportamento plastico. Quando le rocce a comportamento rigido subiscono sollecitazioni tettoniche si fratturano formando le faglie, quelle a comportamento plastico invece rispondono alle sollecitazioni deformandosi e creando pieghe. Le faglie e le pieghe sono strutture tettoniche che possono essere a scala locale o regionale, a seconda dell’estensione dell’area in cui si sviluppano.
La faglia è costituita da un piano di faglia, cioè la linea inclinata lungo la quale avviene la frattura, e dai due blocchi creati dalla rottura da un lato e dall’altro del piano, detti labbri e distinti in tetto (il labbro sopra il piano di faglia) e letto (il labbro sotto il piano di faglia). Le faglie inoltre si definiscono orizzontali (faglie trascorrenti) o verticali a seconda della direzione del movimento che provoca la frattura. Le faglie verticali si suddividono ulteriormente in faglie dirette, generate da movimenti di distensione che spingono i labbri ad allontanarsi, e faglie inverse, generate da movimenti di compressione che spingono i labbri uno sopra l’altro.
La piega invece è la deformazione incurvata di una massa rocciosa ed è costituita da una cerniera, il punto di massima curvatura che raccorda i due lati inclinati, detti fianchi, che a loro volta racchiudono il nucleo. Si definisce piano assiale il piano della curvatura massima della piega, che passa perciò per la cerniera. L’intensità delle forze che portano alla formazione della piega determina una diversa inclinazione del piano assiale, in base alla quale si classificano diversi tipi di pieghe: pieghe diritte, generate da forze uguali sui due lati e con piano assiale verticale, pieghe inclinate, con piano assiale inclinato verso il lato dove la forza è stata meno intensa, pieghe coricate, con piano assiale quasi orizzontale per l’azione di forze di intensità molto diversa da un lato e dall’altro. Le pieghe infine si dicono anticlinali quando hanno la parte concava rivolta verso il basso, e sinclinali quando la parte concava è rivolta verso l’alto.
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