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Scolastica

Il termine scolastica indica la filosofia cristiana medioevale successiva alla patristica e deriva dal fatto che i centri di maggiore sviluppo sono le scuole religiose e le università; infatti in latino classico e medioevale scholasticus (derivato dal greco scholastikos) significa “educato in una scuola”. Pur nella pluralità di indirizzi, si riconoscono come caratteri comuni della scolastica la centralità della fede e il rapporto tra ragione e dogma religioso. Si possono distinguere quattro periodi:

  • epoca pre-scolastica (dall’VIII secolo al IX secolo) il cui massimo esponente deve considerarsi Giovanni Scoto Eriugena.
  • Alta scolastica (dal X secolo al XII secolo) la cui figura di spicco fu Anselmo d’Aosta, a cui seguono altri come Pietro Abelardo.
  • Bassa scolastica, l’apogeo coincidente con il XIII secolo, grazie alla diffusione del pensiero di Alberto Magno e Tommaso d’Aquino, a cui si contrappone specularmente quello di Bonaventura.
  • Tarda scolastica, collocabile dopo Duns Scoto, il cui principale esponente fu Guglielmo di Ockham.

Una ripresa del pensiero scolastico, nella forma del tomismo, si è avuta a partire dal XIX sec. (neoscolastica).

Prescolastica e alta scolastica

Scoto Eriugena (XI sec.) rivendica per sé il diritto di un’interpretazione originale della rivelazione; facendo ampio uso della tradizione patristica, sintetizza una metafisica d’ispirazione neoplatonica, distinguendo nell’unità e totalità dell’essere quattro gradi o momenti, attraverso i quali la vita divina procede a formarsi, costituendo le cose, che sono manifestazioni di Dio, e da queste ritornando a sé stessa. Per evitare antropomorfismi, Scoto Eriugena ritiene che di Dio possiamo conoscere ciò che non è più che ciò che è.

Anselmo d’Aosta (XI sec.) elabora dapprima prove a posteriori per dimostrare l’esistenza di Dio; insoddisfatto del suo lavoro, propone successivamente prove a priori, proponendo un unico argomento (l’argomento ontologico): chi nega l’esistenza di Dio deve avere il concetto di Dio; avere il concetto di Dio significa pensare un essere di cui non si può pensare nulla di maggiore; ma ciò di cui non possiamo pensare nulla di maggiore, essendo il maggiore di tutti gli enti, non può non avere la caratteristica dell’esistenza.

Pietro Abelardo (XII sec.) può essere considerato come esponente del nominalismo (la concezione che nega ogni esistenza reale alle entità astratte come concetti e idee, riducendole a meri segni linguistici) moderato, in quanto affronta il problema degli universali (ciò che è comune a più realtà individuali, per esempio, le proprietà che definiscono una classe particolare di individui, un genere o una specie), all’epoca uno dei più dibattuti perché implica il rapporto fra pensiero, linguaggio e realtà. Egli ritiene che gli universali non posseggano una loro propria esistenza prima o scollegata dalle cose, né esistono al di fuori o nelle cose, ma vengono concepiti solo come nomi, come parole dotate di significato.

In contrasto con il pensiero del tempo, Abelardo distingue nettamente fra fede e ragione e la filosofia è conoscenza rigorosa che si attua nella logica, nella fisica e nell’etica.

Nell’etica sostiene per primo che la moralità degli atti non è la norma esteriore, ma l’intenzione con cui si compie un’azione.

Abelardo è noto soprattutto per la sua vicenda d’amore con Eloisa, nipote del canonico di Notre-Dame, della quale era insegnante. Sposata in segreto e avuto da lei un figlio, Abelardo viene scoperto dallo zio che lo fa evirare e rinchiude i due amanti in due monasteri.

Bassa scolastica

Figura dominante  della bassa scolastica è Tommaso d’Aquino. In opposizione all’aristotelismo di Tommaso si pone Bonaventura da Bagnoregio (XIII sec.), sostenitore della dimensione unitaria di filosofia, teologia e mistica, rivolto alla ricerca costante di Dio, ritenendo la conoscenza un percorso dell’uomo verso Dio, da attuare mediante la contemplazione mistica e la fede.

Alberto Magno (XIII sec.), santo e teologo tedesco, per la vastità delle sue conoscenze viene riconosciuto come Doctor Universalis. Gli interessi di Alberto Magno spaziano su tutto il sapere filosofico e scientifico. Tra l’altro, fu il primo a introdurre lo studio di Aristotele. Nel dibattito sugli universali, propone un realismo moderato, considerando l’anima personale e immortale come l’intelletto attivo, che ne fa parte.

Scolastica

L’opposizione tra Tommaso d’Aquino e Bonaventura da Bagnoregio è ripresa anche da Dante nella Divina Commedia

Tarda scolastica

Nel XIV secolo la tarda scolastica è soprattutto caratterizzata dalla scuola francescana, particolarmente influente nell’università di Oxford da cui escono personaggi come Bacone, Duns Scoto e Guglielmo di Ockham.

Ruggero Bacone (XIII sec.), detto Doctor Mirabilis per la sua grande cultura, dà grande importanza all’osservazione della natura; tale interesse si fonde con motivi religiosi e teologici, in una prospettiva di riforma della Chiesa che comprende la conversione di tutto il genere umano. Per Bacone, oltre che la ragione, incapace da sola di sciogliere il dubbio, fondamentale per la conoscenza è anche l’esperienza.

Duns Scoto (XIII-XIV sec.), detto Doctor Subtilis per l’acutezza dei suoi scritti, distingue la teologia in sé (conoscenza dell’essenza divina, propria solo dell’intelletto di Dio) dalla teologia nostra (fondata sulla rivelazione, non dispone della conoscenza diretta dell’essenza divina). Per lui la filosofia deve limitarsi a quanto può essere conosciuto con un procedimento deduttivo, quindi a priori, senza aver bisogno dell’esperienza. La teologia non rientra nella filosofia perché appartiene al mondo del credibile, è questione di fede e oggetto della volontà di accettare la fede, volontà guidata dalla grazia.

Guglielmo di Ockham (XIV sec.) sostiene che anche la metafisica necessita di una rigorosa verifica critica e che alcuni dogmi cristiani (come l’unicità e l’onnipotenza di Dio e l’immortalità dell’anima) non sono dimostrabili grazie alla ragione, ma sono dovuti alla rivelazione divina. Dio avrebbe creato il mondo con un puro atto di volontà (volontarismo).

Guglielmo vaglia rigorosamente il significato dei termini del linguaggio ed elabora la teoria della supposizione: quando un termine entra in un enunciato, esso acquisisce la proprietà di supporre; per esempio, il termine “uomo” può supporre diverse cose (per esempio, “l’uomo è un animale” indica l’uomo come essere reale mentre “uomo è un nome” indica l’uomo come un semplice termine del linguaggio). Una proposizione è vera quando il soggetto e il predicato “suppongono per” la stessa cosa: nei casi in cui questo non avviene si hanno gli errori logici denominati fallacie.

In logica formale, il suo nome è legato alla definizione del principio di economia (il cosiddetto rasoio di Occam, dal nome italianizzato del filosofo), che afferma che non si devono formulare ipotesi troppo complesse (semplicità) che ricorrano a modelli non suffragati dall’esperienza e postulare entità (concetti o cose) non necessarie. Ritiene impossibile un’etica filosofica autonoma, poiché solo dalla rivelazione conosciamo che esiste un bene infinito, fine ultimo della volontà. Propone infine una concezione originale del diritto, dichiarando eretica la tesi della pienezza dei poteri, civile e religioso, del papa, anticipando la riforma di Lutero.

Il pensiero di Ockham costituisce la premessa per il rinnovamento del pensiero scientifico operato più tardi da Copernico e Galilei.

Buridano (XIV sec.), nome italianizzato del filosofo francese Jean Buridan, segue la filosofia di Guglielmo di Ockham e distingue la ricerca scientifica dalla teologia e dalla metafisica. I suoi avversari gli attribuiscono ironicamente il sofisma noto come Asino di Buridano: un asino che si trova di fronte due quantità uguali di fieno e non è capace di operare una scelta, morendo così di fame. Non è altro che una satira condotta contro l’equilibrio della volontà propugnato da Buridano sulla base della concezione occamista.

Marsilio da Padova (XIV sec.) scrive il Defensor pacis, un testo polemico contro il papato, nel quale teorizza lo Stato laico e l’illegittimità del potere temporale. L’autorità imperiale viene fatta derivare dal popolo e il potere civile ha il sopravvento sul potere ecclesiastico. La sua opera viene condannata dalla Chiesa, ma influenza la riforma e il conciliarismo.

 

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